Sofia Mitsola, Babette, 2023, Galerie Eva Presenhuber
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Appunti sconnessi sul sistema dell’arte: Art Basel e la misura di un bambino

Relazione, soldi, strategie – le variabili generano il volume di traffico, il giro d’affari, le risorse ad Art Basel a Miami Beach – ma alla fine, servono gli occhi di un bambino

Il sistema dell’arte – preambolo difensivo 

Chi voglia seguirmi nella lettura di queste prossime linee – e che a tali linee possa essere interessato – si suppone sappia già argomentare il sistema dell’arte. Leggendo, più che trovarsi informato da quanto possa io scrivere, si sentirà titolato a ribattere, precisare e relativizzare. Un preambolo che ammetto voglia essere un poco difensivo – ma solo per la consapevolezza di quanto sia complesso l’argomento, non sintetizzabile in articolo, forse neanche in un libro. 

Art Basel a Basilea e a Miami Beach – l’unico altra rassegna è la Biennale di Venezia

Art Basel, come il nome, indica nasceva a Basilea più di cinquanta anni fa. Oggi il potere mediatico si concentra su una edizione satellite – a dicembre a Miami Beach. La differenza può essere scritta in una riga: a Basilea ci sono i collezionisti, a Miami ci sono tutti (già facendo alzare i cigli di chi non apprezza frasi veloci).

A Basilea, la partita tra i galleristi è per la fiducia di un cliente, rubandosela uno all’altro: la trama è più malevola, la sfida spettacolare, i dialoghi sospirati, i sorrisi sono congiure (chiedo scusa per il pathos). A Miami Beach arrivano i nuovi ricchi, quelli che vivono al 36esimo piano sulla baia, che entrano in ascensore con la Maserati – perché anche il garage è al 36esimo piano – e che comprano senza ritegno (come tutti i venditori vorrebbero che i clienti comprassero).

Mi permetto un inciso – una digressione, che produce contorno a un sistema ineffabile. L’unico evento d’arte che può reggere il confronto con Art Basel è la Biennale di Venezia – ovvero, un’attività non commerciale. Ad Art Basel c’è il mercato e il sistema, a Venezia ci sono i mecenati e i committenti. A Venezia procede un lavoro curatoriale e relazionale, senza limite alla stratificazione di collegamenti intellettuali e sociologici, che può apparire ostico. Sempre nella semplicità, si può rispondere che l’attività commerciale di Art Basel rende la sintesi più comprensibile al pubblico: per vendere bisogna farsi capire.

I galleristi ad Art Basel e il Sistema dell’Arte, da Francis Bacon e Chagall: tutto dipende da chi c’è

Torniamo a Miami, dieci giorni fa: una settimana di brutto tempo in Florida, aria fresca che poteva essere marzo in Europa invece che tepore da latitudini presso il Golfo. Ad Art Basel i protagonisti non sono gli artisti, neanche le loro opere. Ad Art Basel i protagonisti sono i galleristi – o meglio e precisamente, le protagoniste sono le gallerie: come a Hollywood, star da tappeto rosso. 

La regola è la stessa che vale in ogni campo – dal convegno con i banchieri alla lista di un evento mondano, fino al Sanremo nazionale: tutto dipende da chi c’è. Sempre indugiando in questa cronaca semplificata, si potrebbe dire che la galleria fuori da Art Basel si può recuperare tra le emergenti o tra quelle di provincia. 

Le gallerie che espongono ad Art Basel, possiamo divederle in due gruppi: il primo prevede le gallerie che rappresentano artisti affermati – nomi di maestri deceduti, titoli di personali alla Tate Modern di Londra, ribattuti da Christie’s durante lo smembramento di collezioni e leggende. A volte queste gallerie rischiano di cadere sul moderno – lì a Miami, c’era uno Chagall rosso; Elli Nahmad esponeva Francis Bacon. La ragione è semplice: l’impegno, la fatica e il lavoro per un quadro danno lo stesso carico, che in vendita ci sia un pezzo da sei mila euro o uno da milioni. 

Art Basel e il Sistema dell’Arte: oltre l’azzardo, oltre la fiducia e la passione culturale, c’è la speculazione

Una galleria che espone ad Art Basel ha ottenuto il rispetto per essere ammessa e dispone delle risorse finanziarie per sostenere l’investimento: il costo della partecipazione alla fiera, la trasferta del team, la logistica e la movimentazione assicurata delle opere. La galleria gode della fiducia di clienti che comprano quello che la galleria propone. Questa fiducia non può essere e non deve essere messa a repentaglio. 

Il secondo gruppo di gallerie è quello che azzarda una ricerca, un nome ancora poco conosciuto. Potrebbe anche trattarsi di passione culturale, ma l’emotività ad Art Basel dura come ghiaccio in forno. La galleria che porta un nome emergente, è una galleria ben più solida, più potente, ricca e forte, rispetto alla galleria che espone maestri e grandi nomi. Procede un’operazione più aggressiva che sa diventare speculazione.

La galleria lavora come un brand di moda – quei brand che possono vendere felpe di cotone a duemila euro perché sopra stampano il loro logo. Una galleria presente ad Art Basel ha il potere di applicare un moltiplicatore al prezzo di vendita dell’opera di un emergente. Un artista conosciuto a pochi, se è esposto a Basel da una galleria di rispetto, diventa un nome su cui investire. 

Quasi una metafora, è la solita storia per dilettanti: prendi una tela, dipingila di rosso e tagliala nel centro: se sei nessuno la butti via; se sei Lucio Fontana, generi un milione di euro neanche fossi la Banca Centrale. Ad Art Basel, sono le gallerie a detenere il potere di creare denaro – e in questa ottica si può comprendere in pieno il potere del sistema dell’arte.

Il sistema dell’Arte e la parabola degli NFT – la metafora di Lucio Fontana

Un altro esempio dello stesso meccanismo si può comprendere con la parabola degli NFT – dico parabola, perché oggi è lecito pensare come questo fenomeno tra arte e finanza non sia più decollato, scoppiando come altre bolle di sapone. L’argomento è complesso, ma provo anche qui a sintetizzare per la gloria del fastidio di chi ne sa più di me. 

NFT è un file digitale può essere firmato da un artista – poniamo a esempio, da Julian Schnabel. Il meccanismo che garantisce la proprietà intellettuale di un NFT è la blockchain – lo stesso meccanismo di garanzia che permette l’esistenza delle criptovalute. Non si tratta che di acqua riscaldata al sole: gli euro, così come tutte le altre monete, esistono in un contesto di blockchain – che sussistono con la garanzia di sistemi sovranazionali come la BCE. 

L’arte è un sistema che si forma anche sul mezzo che tale arte supporta – come quando si passava da un quadro a una performance. Julian Schnabel firma un NFT: il sistema dell’arte rende lecito il contesto digitale, perché l’idea dell’artista è appunto un file.

Allo stesso modo in cui Lucio Fontana trasformava una tela da 5 lire in un pezzo da 5 milioni, oggi potrebbe firmare un file tramite Blockchain e generarne altrettanti in criptovalute. L’artista diventerebbe garante del valore monetario: sarebbe Picasso a generare i soldi che determinano il valore di vendita del suo quadro.

La strategia che voleva dare credito alla criptovaluta portandola al pari di una moneta riconosciuta da sistemi centrali e nazionali, prevedeva che un NFT collaborasse alla credibilità della blockchain – mentre invece è appare chiaro l’opposto. È un NFT a confermare il valore della criptovaluta che lo acquista – non sono le criptovalute che determinano il valore di un NFT. O almeno: così sarebbe potuto succedere, ma ahimè non è successo.

La misura nel sistema dell’arte: Ai Wei Wei da Galleria Continua e molti quadri di Alex Katz

Il sistema dell’arte è più complesso del sistema moda. La moda possiede alcuni organi di autorevolezza, le riviste: in passato quelle commerciali come Vogue, nel presente e nel futuro quelli più verticali nell’industria, come Self Service e Purple, ma anche come Document e Lampoon. Nel sistema dell’arte, le riviste non possono avere lo stesso ruolo perché – mentre nella moda le riviste commissionano le fotografie che catalizzano e ne sintetizzano il sistema – nell’arte, le riviste possono solo raccontarlo e amplificarlo.

Siamo li, camminando e rigirando per Art Basel nel centro congressi di Miami Beach. Galleria Continua lavora con Loris Cecchini da anni: un pezzo color ocra apre lo stand. Galleria Continua espone anche un quadro in lego di Ai Wei Wei, quasi identico a un altro qualche stand poco distante. Alex Katz è presente in almeno quattro gallerie. L’effetto è sminuente, come una canzone con la melodia troppo orecchiabile. C’è un’influenza regionale e un legame al luogo di provenienza: si possono comprendere le identità delle gallerie francesi e quelle di New York. Quelle italiane sono le gallerie che con più facilità ripiegano ai grandi maestri. Los Angeles, Città del Messico e il Sud America portano la tradizione artistica che si evolve da tempi primitivi in terre conquistate. 

Qualcuno potrebbe intendere sia una questione di gusto – ma la parola, gusto, non funziona. Riporta alla tavola, a qualche cosa di goloso – mentre quanto si vuole intendere è un’abilità alla forma, un equilibrio tra pieno e vuoto, una sensibilità alle varietà del verde. Più che gusto si può scegliere la parola misura – meno diffusa nel colloquio comune – ma più corretta a indicare la capacità che alcuni hanno di individuare tagli di estetica.

Che cos’è la misura?

Che tu sia un collezionista con risorse da magnate o semplicemente un curioso di professione come me che scrivo, sospettoso del gioco di denaro che l’arte catalizza, visitando Art Basel devi solo respirare – e cercare la misura. Cosa è la misura?

La misura esiste in ogni espressione creativa. Esiste nel visivo, così come nel canto, nella scrittura. La misura, l’equilibrio è all’opposto del valore monetario di un quadro: l’indefinibile che assomiglia a una poesia. La misura è la vertigine che non coglie un bambino di quattro anni quando rimane davanti a un sole di Lichtenstein o a un albero di Schifano. Il bambino non possiede le parole per fartene una domanda – eppure: provate a lasciare un bambino di fronte a un’opera di questo calibro. Di tanto in tanto la guarderà, tra il sospetto e la complicità, in tranquillità – una tranquillità che resiste anche se l’opera è cupa, disperata. Rispetto a quanto sopra, questa digressione è una caduta – o un’alzata – personale di chi scrive, ma tanto è: la misura è anche la dose di esperienza che uno vuole liquidare in una composizione intellettiva.

Carlo Mazzoni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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