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Beauty Thinkers: cosmesi all’ombra degli ulivi plurisecolari di Castello Monte Vibiano

Antiossidanti da ulivi autoctoni in una farm di 700 ettari, prima azienda agricola al mondo riconosciuta a impatto zero. In conversazione con Claudio Castiglioni –president a co-founder  di Beauty Thinkers – e il professor Stefano Manfredini

Fasola Bologna Estate – Castello Monte Vibiano

Sui colli perugini è situata una tenuta di 700 ettari, Fasola Bologna Estate, che ospita Castello Monte Vibiano. Di questa terra, caratterizzata dalla presenza di ulivi centenari e varietà autoctone, si serve la start-up di beauty care Beauty Thinkers per realizzare una linea sostenibile di beauty routine. Dalle olive raccolte, ricava prodotti antiossidanti per la pelle, che hanno esordito a novembre sul mercato. Claudio Castiglioni è presidente del progetto, mentre Stefano Manfredini – professore ordinario di Chimica Farmaceutica e Tossicologica presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Ferrara – ed è cofondatore di Ambriosialab, spin off dell’Università di Ferrara che fa ricerca per la start up.

La biodiversità di Castello Monte Vibiano permette di ragionare in termini di filiera corta e di cogliere il potenziale degli scarti. «Se vado a prendere lo stesso prodotto che tiro fuori dall’ulivo coltivato intensivamente nell’Andalusia, non ha le stesse caratteristiche di questo territorio» – esordisce Claudio Castiglioni. «Questa è una nicchia, una cosiddetta area marginale. Nei nostri progetti stiamo rivalutando queste aree in un’ottica di filiera ecosostenibile e corta per renderci indipendenti dalle filiere internazionali, che abbiamo visto essere il tallone d’Achille in epoca Covid. Basta un container che si intraversa sullo stretto di Suez e rimani senza materie prime. L’Italia deve imparare a trasformare le materie prime che genera nel proprio territorio. A partire dagli scarti. Qui c’è scarto e scarto».

Il Castello di Monte Vibiano è isolato in una collina

«Ha una elevata biodiversità, perché sono presenti un numero fuori dal comune di cultivar autoctone. Piante che sono nate vissute e propagate lì, ma non da uno o due anni. Lì abbiamo score di 500, 600 e arriviamo fino a 2000 anni prima di Cristo e anche più, nella storia documentata di coltivazione di questo territorio. È integrata, in quanto non massiva».

La posizione remota apre non soltanto prospettive di ricerca, ma anche una via d’uscita dai ritmi della produzione odierna

«Mi ha colpito l’idea del padre dell’attuale gestore, che portava avanti un’idea di coltivazione non intensiva, a macchia, per lasciare che il terreno riposasse», spiega il professor Manfredini. «È il concetto dei contadini di una volta: il terreno veniva fatto riposare, non sfruttato intensivamente. Un insieme di tradizione plurimillenaria. Un record e una registrazione ininterrotta di coltivazione di quelle piante nel medesimo territorio. Una geolocalizzazione che consente di lavorare su una materia prima esclusiva. Se lavori su di essa e ottieni dei risultati, non sono facilmente duplicabili. Alcune piante fanno fino a una bottiglia di olio. Non è una dimensione commerciale. Questo è un patrimonio, una ricchezza che andremo a sfruttare con progetti specifici, se ci finanziano con il PNRR». E aggiunge <quello che chiamiamo “scarto” a me piace definirlo “sottoprodotto” nel senso che come materiale residuo possiede ancora molto potenziale in termini di contenuti di materie prime riusabili, e se la materia prima è di qualità a maggior ragione lo sarà il sottoprodotto>

Castello Monte Vibiano si propone come realtà in controtendenza, fondata sulla convinzione che mantenere determinati ritmi produttivi e agire sul territorio in maniera non invasiva rappresenti la chiave per ottenere un prodotto impareggiabile per mezzo della ricerca scientificamente condotta. «Abbiamo lavorato su altri territori, come la Sicilia, e garantisco che i risultati non sono duplicabili. Le tendenze allo sfruttamento e al passaggio industriale, che qui non c’è stato, hanno portato all’omologazione. Gli alberi ormai sono tutti di una certa varietà perché è quella che produce di più, e, guarda caso, si ammalano di più e nello stesso modo, essendo tutti uguali».

Beauty Thinkers: la collaborazione con Ambrosialab

Tramite il sodalizio con Ambrosialab, spin-off company dell’Università di Ferrara, è nata una comunità interdisciplinare di pensatori per preservare un eco-sistema unico, ottenendone valore, e allontanarsi da logiche industriali ormai insostenibili. I primi due, Antioxidant Boost e Antioxidant Cream, contano meno di 20 ingredienti addirittura solo 4 per Antioxidant Boost. Sono confezionati in flaconi airless e ricaricabili. Grazie all’azione dell’idrossitirosolo, molecola naturale antiossidante nonché ingrediente attivo protagonista della linea Beauty Thinkers, l’aumento del collagene e dell’elasticità della pelle viene favorito, e il danno arrecato da raggi UV e inquinamento viene ridotto.

«Come diceva il mio maestro, esistono due tipi di ricercatori: i ricercatori volpe e i ricercatori cinghiale. Quest’ultimo scava sempre nello stesso buco. Otterrà risultati approfonditi ed esaustivi, ma molto specifici in quel determinato campo. Io sono più un ricercatore volpe, annuso l’aria e vado dove mi porta la passione, amo l’interdisciplinarietà che fornisce idee cross-over “contaminate” da diversi generi e quindi originali», dice Manfredini.

Beauty Thinkers, l’idrossitirosolo: le proprietà della molecola antiossidante

Per la linea Beauty Thinkers, l’alleato in più fornito dalle olive è l’idrossitirosolo, antiossidante che reagisce ai radicali liberi, contrastando così uno dei principali responsabili dell’invecchiamento, in particolare di quello della pelle. Un elemento protagonista di una lunga ricerca, partita da lontano. Un incontro, per il professor Manfredini, avvenuto nell’82. «La prima pubblicazione risale al 2013, proprio su questi concentrati di idrossitirosolo. Abbiamo lavorato sullasua capacità di contrastare l’ interleuchina 8, che è una delle famose responsabili della “tempesta delle citochine” ed il biomarker che maggiormente correla con la severità della patologia indotta dal SARS-COV-2 (Covid-19). Sono studi partiti parecchio tempo fa», spiega il professore.

A far da cornice, un ambiente ricco di peculiarità: «Ho avuto grandi amori scientifici nella vita, dalla vitamina C alla vitamina E fino all’idrossitirosolo. Bisogna ricordare che quando si tratta di prodotti naturali, non siamo di fronte a un’industria che produce un prodotto sintetico sempre uguale a se stesso. Il territorio, mantenuto in un determinate condizioni, per un lungo periodo di tempo, ha un impatto sulla qualità del prodotto. L’idrossitirosolo, è un componentedi molte altre molecole che compongono il cosiddetto “fitocomplesso” che tra gli altri componenti della pianta costituisce il mix delle sostanze biologicamente attive e varia molto in funzione della geolocalizzazione, del terreno, dei nutrienti, ecc…».

«Questa molecola è un polifenolo, che in passato faceva parte della normale alimentazione, perché l’olio non era così raffinato come oggi. L’industrializzazione ci ha portato a preferire l’olio perfetto, sempre uguale a se stesso come aspetto e caratteristiche generali. Quelli erano oli torbidi, perché oltre alla frazione insolubile, che è ricca di steroli, quindiutile nel controllo della ipercolesterolemia, presentavano anche una certa quantità di acqua dispersa all’interno. In questa acqua è contenuta l’oleuropeina, il verbascoside, che sono portatori di idrossitirosolo. Normalmente nell’olio d’oliva moderno non c’è, o se ne trova molto poco. Perché è quella parte di idrossitirosolo che si “sgancia” dal suo trasportatore. Fa parte di una serie di molecole, che sono dei glicosidi, solubili in acqua, quindi nell’olio non ci stanno. Dove sono presenti? Nella polpa del frutto e nelle foglie. Quindi questa parte viene persa con le acque reflue e i sottoprodotti», illustra il professor Manfredini.

«Queste molecole svolgono una funzione importante nelle piante: prevenire dallo stress ossidativo. Perché le piante sono stressate? Dalle infezioni e dai raggi ultravioletti. Senza queste molecole le forme viventi che si sono evolute all’interno dell’acqua, non sarebbero mai uscite da essa, perché sarebbero state distrutte dalle radiazioni ionizzanti. Quindi la selezione naturale ha fatto sì che solo quegli organismi che possedevano questo tipo di sostanze protettive, di cui i polifenoli sono i capostipiti, riuscissero a colonizzare l’ambiente terrestre».

«Si tratta di un catecolo. Si pensi alla dopamina. L’idrossitirosolo è un inibitore delle monoaminossidasi. La dopamina è la molecola della felicità, diciamo così, perché cala con la depressione. Ecco che l’idrossitirosolo aumenta ad esempio i livelli della dopamina. È un potente antiossidante, dieci volte di più della Vitamina C, con una particolare attività sull’apparato cardio-circolatorio».

«È uno “spazzino” dei radicali liberi. Quindi la sua particolarità è di agire sullo stress ossidativo, che è il progenitore di tutti i problemi, compresi quelli della pelle, come l’invecchiamento della cute, le rughe, le macchie. Questi radicali liberi sono anche responsabili della tossicità del microparticolato che troviamo nello smog. L’idrossitirosolo va a spegnere questi radicali liberi, sacrificando se stesso, e riduce quindi i livelli di stress ossidativo. È una molecola attiva sia a livello locale, topico, che a livello sistemico. Lo “spegnimento” è un fenomeno che si vede nei danni da radiazioni solari, che produce radicali liberi. Come l’anione superossido, che è particolarmente contrastato dall’idrossitirosolo. Oppure il fumo da sigaretta, l’inquinamento», aggiunge il professor Manfredini.

«Noi siamo andati a cercarlo nelle acque di scarto. Abbiamo cominciato a lavorare ad un metodo che ci consentisse di togliere questa frazione importante che veniva buttata. L’idrossitirosolo, a concentrazioni elevate, ha un valore commerciale che supera i 1000 euro al chilo. Stiamo ragionando su concentrazioni superiori al 30 %. Questa è una molecola che è prodotta ma normalmente scartata durante il processo di oleificazione. Il recupero degli scarti lo facevamo già nel 2010, in collaborazione con una società esterna, perché ci credevamo, non per moda. Poi ci siamo imbattuti in un brevetto è stato poi ulteriormente implementato da noi, perché un conto è avere la materia prima, un conto è che funzioni all’interno della formulazione».

È cruciale, in questo processo, che le qualità di una sostanza, evidenziate dai risultati di ricerca, vengano esaltate dalle idee di chi le confeziona per portarle dal consumatore, facendogli cogliere la portata dell’azione insita del prodotto senza che il marketing ceda a facili protagonismi. «Se lo vede, l’idrossitirosolo non lo metterebbe mai in un cosmetico o in un integratore, puzza, è marrone. Ci siamo dovuti inventare un metodo per poterlo veicolare all’interno di una formulazione cosmetica», prosegue il professor Manfredini. «Castello Monte Vibiano, con cui abbiamo collaborato da sette anni a questa parte, ha finanziato la parte applicativa della ricerca che abbiamo condotto in assoluta libertà. Ci tengo a dirlo, è una realtà leale, molto rispettosa delle reciproche competenze che sono sinergiche. Il marketing e la proprietà non sono “invasivi” perché si sono specializzati nel valorizzare la creatività. Perché senza l’idea anche il marketing fa fatica a posizionarsi e senza il marketing i risultati della ricerca fanno fatica a portare beneficio alla società, perché non vengono resi disponibili. Nel gruppo di lavoro siamo tutti alla pari, con lo stesso valore, nella nostra individualità, con quello che sappiamo fare».

Beauty Thinkers: il packaging e il pluriuso

Tra le priorità di Beauty Thinkers, rientra anche il riuso/riciclo dei componenti. Si trova, dunque, l’uso di bottiglie di vetro, ma non solo. «Per quel che riguarda il packaging secondario, quello che viene spedito a casa, si dà per scontato che sia composto da materiali riciclabili. Ma è anche riutilizzabile. È studiato in maniera furba: una volta aperto, si toglie una prima fascia, e si trova una seconda banda che viene richiusa per poterlo riutilizzare e spedirlo un’altra volta», illustra Claudio Castiglioni. «Abbiamo tutti ricevuto più pacchi a casa per il SARS-COV-2 (Covid-19), e ci trovavamo delle cose imbarazzanti all’interno. Noi invece abbiamo creato una bustina riciclabile e riutilizzabile che protegge il prodotto e non viene buttata via, con dei messaggi intelligenti per il consumatore finale anche per farlo sorridere. La si può riutilizzare per proteggere il prodotto, se si va in barca, dato che è resistente all’acqua, ma anche se si va in aeroporto, essendo trasparente».

«Abbiamo cercato di fare qualcosa che desse la possibilità di riusare infinitamente certe parti e almeno un’altra volta le restanti». Per questo, come sottolinea Castiglioni, il contenitore è facile da pulire e ricaricabile: «C’è una cartuccia che funziona da elevator. Si consuma il prodotto fino alla fine, e il consumatore compra solo il refill dentro alla cartuccia. Perciò il packaging rimane lo stesso, lo puoi tenere per tutta la vita. Economicamente è intelligente come processo, perché costa di meno. E soprattutto c’è pochissimo spreco. Tutto il sistema è pensato in questa maniera. Sono piccoli atteggiamenti, ma per dirti che dietro questa community ci sono cervelli scientifici incredibili, ma anche tante piccole persone che parlano la nostra stessa lingua e guardano i dettagli dalla A alla Z».

Anche il capitale umano ha una sua centralità: «Noi abbiamo tre persone chiave, i nostri agronomi, che logicamente sono quelli che poi istruiscono tutta la parte lavorativa», spiega Castiglioni. «La nostra fortuna è dovuta al fatto che da tempo esiste il discorso delle viti e degli ulivi. Di conseguenza il progetto è un derivato da un qualcosa che è stato fatto per generazioni. Anche i più giovani sono molto sensibili al discorso della biodiversità».

Beauty Thinkers e la protezione di Castello Monte Vibiano

Secondo un report Coldiretti, la produzione 2021 dell’olio in Umbria rischia un calo del 50%, dovuto all’instabilità climatica. «Per il fatto di aver avuto una gelata importante in tutta l’Umbria e un periodo di siccità, il raccolto di quest’anno non è andato completamente compromesso, ma abbiamo un 50% di riduzione rispetto all’anno precedente», ammette Castiglioni. «Fortunatamente noi siamo una start up, di conseguenza abbiamo appena iniziato e non ci tocca ancora il problema dal punto di vista dell’idrossitirosolo perché siamo all’inizio».

C’è poi da fare i conti con batteri e ditteri, come la mosca olearia: «Siccome siamo molto attenti, la bellezza è di avere questi agronomi che ci aiutano a proteggere da insetti, funghi o dalla mosca olearia. Hanno fatto in modo di instaurare dei meccanismi molto sensibili all’ecosostenibilità. Ad esempio, il fatto di adoperare delle argille che coprono le foglie in maniera che la mosca non riesca più a distinguere che è la foglia dell’ulivo. Di conseguenza non si posa per lasciare le uova.  Un modo per proteggere le piante in maniera organica da un problema comune».

Diventa fondamentale, in questo senso, «trovare delle forme di contrasto, ma sostenibili. Secondo il piano europeo di green economy, la maggioranza dei pesticidi che utilizziamo dovranno essere eliminati. E con cosa li sostituiamo?», domanda il professor Manfredini. «Noi abbiamo già attivato una progettualità che prevede di salvaguardare attraverso approcci biotecnologici proprio l’unicità del sito di Castello Monte Vibiano e trasmetterlo a quelli che verranno dopo. Così da preservare questa biodiversità genetica nei confronti di tutto quello che potrà succedere in eventi simil pandemici, relativamente alle piante».

L’intervento di Beauty Thinkers sulla tenuta tramite un microclima di difesa è funzionale alle strategie adottate dalla natura stessa per preservarsi

«Il fatto di aver intrapreso un percorso di biodiversità ha fatto sì che anche il nostro agronomo abbia dovuto inserire erbe e piante per creare questo microsistema sostenibile. Ne ha dovute aggiungere trentacinque diverse, tra cui anche erbacce», commenta Castiglioni. «È affascinante come si eliminino tra di loro. In natura ci sono regole di vita che dovremmo avere anche noi esseri umani. La pianta che tira troppo da una parte viene uccisa dalle altre, che si proteggono tra di loro». Riprendendo il tema della bellezza a tutti i costi, «se guardi i nostri appezzamenti non sono pulitissimi, perché per noi ogni cosa che togli crea un disservizio. Da un punto di vista erbaceo, riesci con intelligenza a inserire e a controllare con il passare delle stagioni».

«È tornare alla tradizione alla luce della scienza» interviene il professor Manfredini. «Le erbacce funzionano da protettore nei confronti degli agenti atmosferici prima di tutto il dilavamento del terreno, dovuto alle bombe d’acqua. Anche nel settore dei giardini».

L’attenzione all’acqua non è soltanto relativa al recupero dell’idrossitirosolo: «Per quanto riguarda l’irrigazione, noi non abbiamo i campi irrigati», illustra Castiglioni. «Una stagione con grande siccità può essere un problema. Ma abbiamo la fortuna di avere questo percorso collinoso che permette all’acqua di coprire in maniera intelligente il nostro territorio quando piove».

Beauty Thinkers – Harvest by Night

Tra i prodotti di punta della tenuta, spicca Harvest by Night, l’olio d’oliva che nasce in una notte, con la raccolta a freddo. «Per quanto riguarda la raccolta notturna, è nata da una storia che mi raccontava Lorenzo Fasola  Bologna, proprietario dell’azienda», spiega Castiglioni. «Mi diceva che lui da piccolo si divertiva ad andare nei campi. Era un momento di gioco con le persone della sua età. Di solito arrivavano verso le 5/6 del pomeriggio, si accendevano dei fuochi per tenere i bambini vicini al caldo per il freddo. Il clima è cambiato, perché nello stesso periodo, 40 anni dopo, si sta in maniche corte».

Da qui, l’esigenza di cambiare strategia per ottenere qualcosa in più rispetto agli altri. Un assist fornito dal «cold pressing, la spremitura delle olive quando porti tutto al frantoio con una temperatura che non superi i 22 gradi perché così ottieni meno quantità ma maggiore qualità. Dovresti avere lo stesso discorso applicato quando raccogli il frutto in se stesso. Di conseguenza abbiamo deciso di fare una raccolta, creando queste mille bottiglie di Harvest By Night. Si parte la sera. Ci assicuriamo che la temperatura sia bassa, perché altrimenti farebbe scattare il processo di fermentazione. Le abbiamo protette facendo una raccolta dalla sera all’alba, per creare queste mille bottiglie simboliche e, conseguentemente, un’eccellenza italiana».

Una storia fonte di orgoglio, e di riconoscimento istituzionale, come suggerisce Castiglioni. «Considera che questo prodotto è nato quattro anni fa. Ha avuto talmente successo che è diventato il regalo di Stato di scambio tra i leader. L’ultima volta che Draghi ha incontrato Macron in Quirinale, gli hanno regalato una cassetta dove, insieme ai vini Masseto, Sassicaia e Ca’ del Bosco, c’era anche la bottiglia di Harvest By Night. È un prestigio, perché ha dato valore a tutta questa struttura di persone dove possiamo giustamente dire di lavorare in una certa maniera. Ci costringe a fare dei sacrifici in più, però ci sono tanti altri risultati che ottieni perché non hai prodotti meno importanti, ma anzi più significativi».

Beauty Thinkers – Le gocce Bibenda

Non è il solo riconoscimento ottenuto dall’olio. «C’è un award, fatto in Italia da Bibenda: le cinque gocce. Per ogni olio ti danno una goccia, a seconda di come vengono sono i criteri del prodotto, come gusto, olfatto, colore», spiega Castiglioni. «Se nello stesso anno presenti due oli evo (noi abbiamo 13 varietà di piante autoctone) e vinci due volte le cinque gocce sei una delle 24 aziende italiane ad esserci riuscita. Se invece hai avuto la fortuna di aver presentato tre oli prestigiosi e di ottenere tre awards con le cinque gocce, sei solo Monte Vibiano. Siamo l’unica azienda italiana ad aver ricevuto per tre oli evo nello stesso anno le cinque gocce di Bibenda. Possiamo così celebrare una ricchezza che ci accomuna, di far bene per tanti, non solo per noi».

Le ragioni di carattere scientifico dietro alla raccolta notturna sono diverse: «Esiste un ritmo, nell’uomo come nelle piante, che si chiama circadiano» precisa il professor Manfredini. «Le sostanze messe in circolo durante la notte sono diverse da quelle immesse durante il giorno. Di giorno si svolgono i processi protettivi, di notte gli effetti riparativi. Quindi un prodotto raccolto durante la notte non contiene esattamente gli stessi metaboliti secondari che sono presenti in uno di giornata. Oltre a essere un effetto di minor degradazione dovuto alla temperatura, è anche una questione di luce. L’albero come l’uomo reagisce alla luce con comportamenti diversi. Tant’è che esistono una farmacologia, cosmesi e supplementazione circadiane. Un concetto non oscuro alla tradizione contadina, tant’è che la raccolta dell’uva notturna fa parte delle tradizioni della viticoltura, era un processo che si faceva anche per stare lontani dal caldo, ma anche per le caratteristiche diverse del prodotto».

Il riuso è il fil rouge che attraversa la filiera di Beauty Thinkers e di Castello Monte Vibiano. «Abbiamo raggiunto il punto di non ritorno», chiosa il professor Manfredini. «La Terra non può più sostenere la popolazione che ospita a questi livelli di consumi. Quindi abbiamo due alternative: o un terzo della popolazione non sarà più in grado di sfamarsi, o cerchiamo di sopperire con la tecnologia. In particolare con la biotecnologia. Crediamo che gli ingredienti del futuro vengano dai sottoprodotti. Quindi per ottenere un prodotto ad elevato valore aggiunto nutrizionale cosmetico farmaceutico da uno scarto bisogna passare sviluppare un processo che si chiama upcycling. Esco dal riciclo ed entro nel riuso ma elevando il valore di quello che si sarebbe scartato. E vale anche per una materia prima, che di un processo ciclico diventa alimento. Ne abbiamo due di metabolismi: tecnologico e biologico. Nel tecnologico abbiamo un esempio chiaro nel riuso dell’alluminio. Nel biologico il riuso della materia prima ci è ben noto, escrementi diventano cibo di altri organismi, l’upcycling avviene attraverso dei processi biotecnologici. Quindi utilizzo di quello che troviamo in natura (microrganismi), per ottenere tramite processi fermentativi, da un sottoprodotto agroalimentare una materia prima utilizzabile nel settore cosmetico o alimentare».

La biotecnologia per la sopravvivenza del Pianeta

«Mi spingo oltre» rilancia il professore. «Il mercato del prodotto cosmetico, così come quello del food, è soggetto ai trend. La tendenza che va per la maggiore è di andare sempre più verso il naturale ma, se tutti noi vogliamo andare sul naturale, dobbiamo eliminare la biodiversità, sradicare la foresta amazzonica per piantare palme per l’olio di cocco, perché ci servirebbero dei laurati. Perché coltivare ettari di rose in Romania piuttosto che grano? Abbiamo bisogno di grano, non di rose. La biotecnologia è l’unica scienza sostenibile. Andrà così: non potremo più permetterci di mangiare carne. La biotecnologia ce la può fornire. Possiamo coltivare le cellule della mucca, e mangiare una bistecca identica, senza aver sacrificato un animale e consumato risorse ambientali molto rilevanti. Idem con le piante, mediante le cellule meristematiche. Lo stesso possiamo fare con altre tecniche biotecnologiche che sono la coltivazione in bioreattori di organismi monocellulari,  alghe e altre tipi di cellule che producono le stesse sostanze alimentari che contengono gli animali perché si sono mangiati le piante».

«Un “claim” molto in voga è quello del “CO2 negative” o “impatto zero”», prosegue. «Presto ne vedremo un altro, land negative, o zero land. Cioè per produrre questo prodotto cosmetico, non ho prodotto CO2 e consumato terreno che serve per l’agricoltura. Si arriverà ad un limite di rottura, dobbiamo quindi impedirci di utilizzare i prodotti cosmetici? No, dobbiamo solo trovare altre strade». La sicurezza relativa ad una specifica branca scientifica è consolidata anche dall’accelerazione imposta dalla pandemia. «La biotecnologia ci sta portando verso una zona più sopportabile del SARS-COV-2 (Covid-19). Non avremmo avuto i vaccini in tre mesi. Il vaccino tradizionale richiede due/tre anni di sviluppo. Il vaccino biotecnologico ne richiede molti di meno. Questa tecnica era già in corso di sviluppo per il vaccino contro il tumore, per sviluppare vaccini contro certi tipi di neoplasie. Metti la proteina che è caratteristica di quella cellula tumorale e gli anticorpi la riconoscono e uccidono solo quella». Non manca il messaggio ai più scettici: «Non dobbiamo avere pudori. Il prodotto alimentare che viene dalla biotecnologia è identico, perché lo ottengo dalla stessa cellula».

Un orizzonte di possibilità che include anche Castello Monte Vibiano: «È un microsistema, ma al suo interno ci sono molecole che non sono presenti in nessuna altra parte del mondo. E non sappiamo se là in mezzo ci sia una cura o un qualche cosa da preservare assolutamente, facendo questo tipo di distinzioni».

Beauty Thinkers – linea di cosmesi ungendered

«Esiste una differenza tra la pelle di una persona di sesso maschile e una di sesso femminile in funzione dell’età e di una serie di cambiamenti che avvengono», precisa il professor Manfredini. «Il problema tecnologico non è facile da superare, perché la pelle dell’uomo invecchia meno velocemente. Quindi creare un prodotto ungendered significa anche scegliere in maniera particolarmente accurata degli ingredienti non soggetti a limitazioni legati a chi lo usa».

«Una pelle più idratata è una pelle più sana e favorisce la penetrazione di molecole biologicamente attive. L’idratazione è un concetto ed un processo molto studiato e quindi più facilmente standardizzabile. Certo se devo ottenere una performance equivalente devo pensarlo già in fase di progettazione. Già all’inizio le scelte sono state fatte in direzione di un prodotto che fosse utilizzabile con pari beneficio.. Cambia la fisiologia e la compattezza della pelle ma rimane lo stesso l’aspetto fisiologico con cui agisce il cosmetico. Per ottenere ciò gli adiuvanti degli attivi nella formula devono essere scelti in modo che agiscano in maniera non soggettiva ma indipendente dagli assetti ormonali e relativi all’età».

Filippo Motti

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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