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videogames – un mercato in espansione che vale 2,2 miliardi di euro
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Il sistema delle ricompense alla base della dipendenza da videogiochi

Oltre 14 milioni di italiani giocano ai videogame, un mercato in espansione che vale 2,2 miliardi di euro e che punta sul sistema sforzo-ricompensa – un processo di “gamification” che interessa tutta la società

Gaming: un settore dal valore di 2,2 mld di euro con più di 14 mln di appassionati in Italia

In Italia sono 14,2 milioni i gamer (utilizzatori abituali di videogiochi, ndr) – il 32,2 % della popolazione italiana – 160 le aziende videoludiche presenti sul territorio nazionale, per un fatturato pari a 2,2 miliardi di euro. Sono i numeri che emergono dall’ultimo report sul mercato italiano dei videogiochi pubblicato dall’associazione IIDEA (Italian Interactive Digital Entertainment Association). 

Sempre dal rapporto si evince che la quota femminile che partecipa al settore videoludico è in aumento negli ultimi anni: nel 2022 rappresentava il 42% del pubblico totale. Di queste, il 29,5% comprende bambine e ragazze dai 6 ai 15 anni, le quali hanno una probabilità tre volte superiore di intraprendere una carriera STEM rispetto a quelle che non lo fanno. Anche i numeri in ambito professionale sono promettenti: il 24% del totale degli addetti del settore sono infatti donne (+1% rispetto al 2021). 

I benefici del gaming sulla salute mentale e sulla capacità di inclusione sociale e creare nuovi legami

Virginia Gambatesa, in arte Kafkanya, è una di queste: streamer, presentatrice e content creator, è molto seguita sui social, soprattutto su Twitch, dove vanta oltre 74 mila seguaci. Nelle sue live session spazia dal gaming alla letteratura, dall’arte agli anime, dal cinema alla cucina fino alla pop culture. Con il suo esempio Kafkanya vuole combattere i pregiudizi che ancora esistono riguardo al mondo digitale e, allo stesso tempo, sensibilizzare gli utenti più giovani sui rischi legati alla Rete, come la dipendenza o il cyberbullismo.

Kafkanya nasce a Bari trentadue anni fa. Si era iscritta al corso di Veterinaria a Bari, ma ha interrotto gli studi quando ha capito che voleva lavorare online. Da tre anni vive e lavora a Milano. Il suo pseudonimo tradisce la passioneper il Giappone e per la letteratura: «Il mio nickname – rivela – deriva dall’unione del nome ‘Kafka’, uno dei miei autori preferiti, nonché protagonista del libro “Kafka sulla spiaggia” dello scrittore giapponese Murakami Haruki, con ‘Nya’, espressione onomatopeica che riproduce il verso del fatto in giapponese». Kafkanya è stata una delle ospiti di punta del Giffoni Good Games, evento progettato da Giffoni Innovation Hub e dedicato al mondo del gaming e dell’e-sport, che si è tenuto l’1 e 2 luglio a Giffoni Valle Piana (SA). 

In quell’occasione Gambatesa ha sottolineato i benefici del giocare in modo consapevole e del gaming, che rappresenta non solo un’occasione di divertimento, ma anche uno strumento educativo dal potenziale impatto sociale. «I giochi online stimolano la socializzazione e la cooperazione tra le persone», dice Kafkanya. «Questo perché la maggior parte dei videogiochi sono pensati per un gruppo di persone, che si conoscono già o tra sconosciuti».

Il gioco può essere un alleato di bambini e adulti nello sviluppo delle abilità cognitive e sociali e nel supporto al team building

Il gioco può essere un alleato di bambini e adulti nello sviluppo delle abilità cognitive e sociali e nel supporto al team building. A testimoniarlo due studi rispettivamente della Columbia University e della Brigham Young University. Il primo riporta, in particolare, l’esistenza di un’associazione tra il tempo speso con i videogame e la salute mentale dei bambini, riscontrando di fatto impatti positivi su quest’ultima. Secondo la ricerca della BYU, concentrata invece sugli effetti dei giochi a squadra sui colleghi di un medesimo team, chi si cimenta in videogame collaborativi sviluppa delle particolari capacità di engagement e condivisione degli obiettivi che vengono poi trasferite sul lavoro e contribuiscono al funzionamento e alla coesione del team, nonché al miglioramento della produttività.

La dipendenza dal gioco: il ruolo della dopamina 

Il mondo dei videogiochi non è però esente da trappole o rischi. La dipendenza è una di questi. Secondo uno studio del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, realizzato assieme al Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono quasi 500 mila (480.000) gli studenti che soffrono di Internet Gaming Disorder. Si tratta del 12% degli studenti totali, la maggior parte dei quali maschi, soprattutto durante la frequenza delle scuole secondarie di primo grado. 

Federico Tonioni, psichiatra, psicoterapeuta e ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia nella Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Per Federico Tonioni, psichiatra, psicoterapeuta e ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia nella Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, «i videogiochi rappresentano una comodissima zona di comfort per i ragazzi in età pre-adolescenziale (11-13 anni). Questo perché – spiega –  

l’adolescenza fa paura. In questa fase i ragazzi si sentono soli, c’è il problema del rapporto con la propria immagine e con gli altri, quello del sesso e del bullismo. Così finiscono spesso per rifugiarsi in una realtà alternativa, come quella dei videogame»

Per Tonioni, però, i videogiochi hanno anche molte qualità positive. «L’esistenza dei videogame è un bene – sottolinea – perché permette ai ragazzi di andare in un altro mondo per un periodo di tempo limitato. Io addirittura auspico – aggiunge – che la scuola del futuro sia fatta con i videogiochi, perché ad oggi il sistema scolastico è fortemente arretrato e ha delle grosse responsabilità nelle situazioni di disagio che vivono i giovani. I genitori pensano che i figli sono aggressivi per colpa dei videogiochi – spiega lo studioso – , ma la verità è che i ragazzi conoscono perfettamente la differenza tra realtà e fantasia. Non sono ingenui né stupidi. 

L’Ordine Mondiale della Sanità ha inserito il Gaming Disorder tra le psicopatologie ufficialmente riconosciute

Di recente, l’Ordine Mondiale della Sanità ha inserito il Gaming Disorder tra le psicopatologie ufficialmente riconosciute. Parallelamente, ha indicato i tre criteri necessari per parlare di dipendenza da videogame: impatto negativo sulla propria sfera personale, sociale e familiare; bisogno continuo di giocare impossibile da controllare; disinteresse verso ogni altro aspetto della vita.

La sostanza che viene rilasciata durante l’attività di gioco e che alimenta questo meccanismo è la dopamina: un neurotrasmettitore che trasmette al cervello una sensazione di appagamento in seguito al raggiungimento o al completamento di un obiettivo. Dal punto di vista neurologico, spiega Chris Ferguson, psicologo esperto di videogame della Stetson University in Florida, si tratta di un meccanismo di ricompensa che incita la persona a ripetere quell’azione o attività, anche in modo compulsivo. Nel caso del gioco d’azzardo, a innescare il processo è la possibilità di vincere del denaro, in quello degli smartphone sono i like e le visualizzazioni, per quanto riguarda i videogiochi, è il sistema delle rewards (ricompense, in italiano)che è possibile ottenere giocando.

«Occorre ribadire che la dipendenza da videogiochi non è mai la causa di un disturbo, ma un sintomo, la punta dell’iceberg di un problema più profondo», Specifica Tonioni. «Quando si tratta di adolescenti a me non piace parlare di dipendenza patologica, ma di fasi di abuso, che non hanno lo scopo di far perdere l’equilibrio o ammalare il giovane – anche se a volte accade- ma mantenere l’unico equilibrio possibile in quel momento».

I pericoli del sistema delle ricompense dei videogiochi

Le ricompense sono una componente dell’esperienza dei videogame odierni. Attraverso queste l’utente può sbloccare alcune funzionalità, salire di livello o acquistare oggetti virtuali. Se nella vita reale il raggiungimento di obiettivi o successi – con conseguente rilascio di dopamina – è molto lento e complicato, nel mondo digitale questa correlazione causa-effetto è rapida e promette risultati fin da subito visibili e misurabili. Questo sistema viene definito un sistema di “sforzo-ricompensa”, che genera il cosiddetto “compulsion loop” o “engaement loop”, ovvero la motivazione che nasce nel gamer a seguito di una ricompensa e che lo spinge a giocare senza pause per ottenerle altre. «Il sistema delle rewards  – spiega Kafkanya -, incentiva i giovani a giocare sempre di più. Esiste però la possibilità di impostare delle limitazioni temporali nell’utilizzo dei videogame».

I videogame di ultima generazione per creare dipendenza impediscono all’utente di completare al 100% l’esperienza di gioco

Uno dei meccanismi che sfruttano i videogame di ultima generazione per creare dipendenza consiste nell’impedire all’utente di completare al 100% l’esperienza di gioco. Per arrivare a questo risultato, questi prodotti agiscono attraverso due sistemi diversi: il rilascio continuo di aggiornamenti ed espansioni, che arricchiscono la versione precedente del videogioco, e il sistema degli achievement, ossia obiettivi secondari particolarmente difficili da raggiungere, che permettono di sbloccare bonus speciali. 

Uno studio condotto dalla Ohio State University nel 2017 ha confermato che il sistema delle ricompense influenza i gamer e la loro motivazione. In alcuni casi la rincorsa agli obiettivi può trasformarsi un vero e proprio disturbo ossessivo che, in caso di mancato raggiungimento del successo, può causare negli utenti ansia, rabbia o frustrazione. In questi casi si parla di una “achievement addiction”, una patologia che accomuna anche le persone ludopatiche o ‘drogate’ di lavoro.

I giochi di ruolo online o MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Games) sono tra i più pericolosi

Secondo alcuni studi, ci sono videogiochi considerati più ‘pericolosi’ di altri. I giochi di ruolo online o MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Games) sono tra questi. Per Yee e colleghi (2006) le caratteristiche che rendono questo genere di videogame in grado di generare maggiore dipendenza riguardano l’elevata possibilità di creare legami con altri utenti, l’opportunità di ottenere ricompense immediate a seguito di determinate azioni, di avanzare e ottimizzare il gioco o di aumentare il proprio status e potere sulla comunità; ancora, la possibilità di personalizzare l’avatar e di immergersi completamente in un’altra realtà, estraniandosi dal mondo reale. Tra i più noti giochi di ruolo online rientrano World of Warcraft, Crowfall e Dungeons & Dragons-Neverwinter.

Per Tonioni i giochi più pericolosi da questo punto di vista «sono quelli ‘spara-tutto’, perché sono detonatori di una rabbia accumulata in precedenza. È un’esperienza emotiva molto forte che permette al gamer di scaricare la rabbia e allo stesso tempo di acquisire una certa competenza». Qui si inserisce il meccanismo della dipendenza: «i giochi possono renderti compulsivo, grazie al meccanismo dei premi e delle ricompense, ma – aggiunge – tutti hanno diritto a una fase ‘tossica’ con i videogiochi. Ogni tanto è normale cadere in fasi compulsive, capita anche agli adulti. Bisogna intervenire quando si supera il limite o si sviluppano disturbi mentali seri».

Federico Tonioni dal 2009 dirige il primo Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web

Tutte le evidenze scientifiche mostrano che la dipendenza da videogiochi riguarda principalmente i ragazzi più giovani. Anche in Italia, la situazione è preoccupante: secondo uno studio internazionale del 2022, al quale hanno contribuito l’Università di Padova e il Cnr di Pisa, nel nostro Paese il 24% dei ragazzi sarebbero a rischio.

Federico Tonioni, che dal 2009 dirige il primo Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web, presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, ci tiene però a sottolineare che una delle cause più ricorrenti dell’isolamento dei giovani e del loro attaccamento ai videogiochi sono le aspettative deluse dei genitori nei confronti dei figli. «Un bambino ce la mette tutta a diventare il figlio ideale che i genitori hanno immaginato. I miei pazienti sono stati campioni di tutto, in qualsiasi sport o campo, – spiega lo psichiatra – perché le famiglie da cui provengono li hanno riempiti di aspettative. I figli adolescenti hanno tutto il diritto di non riconoscersi nei genitori, di dire no, di ribellarsi. Dovremmo imparare ad amare i nostri figli anche quando deludono le nostre aspettative, perché più che i giochi digitali, sono le aspettative violente e  soffocanti, che i genitori proiettano sui figli, a causare danni enormi».

Per Tonioni vietare i videogiochi ai ragazzi in una fase compulsiva può essere pericoloso: «Le situazioni precipitano. Ho dei pazienti molto giovani – spiega – che hanno smesso di giocare, ma che adesso sono dipendenti dalle droghe. I genitori sono disperati e mi dicono che, paradossalmente, le cose erano meglio prima. Togliere i videogiochi a un adolescente in difficoltà rischia di fargli perdere l’equilibrio precario in cui si trova e farlo cadere in un buco nero. Quello della dipendenza da videogiochi e del ritiro sociale sono problemi che vanno affrontati a livello familiare con molta pazienza: servono terapie lunghe e faticose».

Il meccanismo della ricompensa e il rischio di dipendenza sono due caratteristiche che accomunano i videogiochi al gioco d’azzardo

L’Istituto Superiore di Sanità stima che nel nostro Paese l’azzardo è un’attività che coinvolge circa 5,2 milioni di persone ‘abitudinarie’, di cui circa 1,2 milioni dipendenti a tutti gli effetti. Il giro d’affari, online e non, si aggira sui 110 miliardi di euro all’anno. “Nel 2020 il numero dei nuovi conti di gioco è aumentato del 30,20% per gli uomini e del 35,49% per le donne”, si legge nel Libro Blu dell’Agenzia delle dogane e Monopoli. L’incremento più importante si registra nella fascia d’età dei giovani tra i 18 e i 24 anni.

L’Unione Europea non ha una legislazione comunitaria in materia di gioco d’azzardo, ma nel 2014 la Commissione è intervenuta sul tema con una raccomandazione generale sul gioco online in cui invitava gli Stati membri a tutelare consumatori e minori. Nel 2018 l’Italia con il decreto “Dignità” ha esteso il divieto di sponsorizzazioni, dirette e indirette, agli influencer.

Con l’esplosione del gioco d’azzardo online e l’avvento di piattaforme di streaming di successo come Twitch, di proprietà di Amazon, sono aumentate anche le live streaming e le sponsorizzazioni da parte di content creator, che rimandano a casinò e società d’azzardo online. Il social stesso ha deciso di intervenire sul tema, cercando di fare chiarezza e dichiarando che le sponsorizzazioni sono consentite solo nel caso in cui sono permesse dalla legislazione dello Stato da dove lo streamer si collega. Ad oggi esistono canali con decine di migliaia di abbonati e dirette seguite da migliaia di spettatori, come TheRealMarzaa, dove si rimanda a blackjack e siti d’azzardo online. 

Gamification-mania: quando anche il mondo reale diventa un gioco a premi

Col tempo, la passione per i videogiochi e i meccanismi che sono alla base di questi sistemi hanno valicato i confini del mondo ludico per espandersi e attecchire prima sui social network e poi anche nella vita reale. Questo processo è noto con il termine “gamification” (ludicizzazione, in italiano), che consiste nell’utilizzo di elementi tipici dei videogame (premi, ricompense, punti,livelli, classifiche) in ambiti esterni a quelli del gioco.

Il trend di TikTok in cui i creator si comportano come personaggi non giocanti (NPC) di un  videogioco – Pinkydoll di Fedha Sinon

In questo periodo, ad esempio, su TikTok sta spopolando un nuovo trend dove i creator si comportano come personaggi non giocanti (NPC) di un videogioco, ripetendo gesti e frasi pre-impostate in modo meccanico e ripetuto. Per “attivarli”, gli spettatori devono inviare ai creator oggetti virtuali – come rose o cappellini – acquistati con soldi reali, durante le live session. A ogni token inviato corrisponde un gesto o un’esclamazione diversa. 

Pinkydoll è uno di questi personaggi, impersonato dalla creator Fedha Sinon, diventato virale negli ultimi mesi grazie a questo trend. Quando le arriva un cono virtuale, Pinkydoll esclama con tono robotico «Il gelato è buono», tirando fuori la lingua e fingendo di leccarlo. Quando invece gli spettatori le inviano un token rosa lei risponde «Sì, sì, sì», annuendo con la testa. Sembra un personaggio di The Sims e invece è una persona reale, in carne e ossa. Grazie a questo sistema, Pinkydoll ha dichiarato di guadagnare fino a 3 mila dollari a diretta.

Il caso di Amazon dimostra come la gamification sia riuscita a introdursi anche nel mondo del lavoro, con conseguenze inaspettate

Un’inchiesta del Washington Post ha rivelato, infatti, che in cinque magazzini del colosso, negli USA e nel Regno Unito, sono stati installati degli schermi che mostrano un videogioco con una gara di automobili. In base alla rapidità con cui gli addetti svolgono i loro compiti, l’auto assegnata a ciascun lavoratore andrà più o meno veloce sul circuito di gara. Non solo: chi vince ottiene anche dei premi, i cosiddetti “swag bucks”, una moneta aziendale che può essere utilizzata per riscuotere del merchandising di Amazon, come borracce o t-shirt. Per la multinazionale si tratta di un modo per combattere la noia e motivare i lavoratori, ma non è difficile vedere la vera natura di questa operazione: trasformare il lavoro in un gioco a premi, dove chi produce di più e in meno tempo, ottiene una ricompensa.

Il governo cinese sta testando un sistema di credito sociale (SCS) che premia le persone per le buone azioni compiute attraverso l’assegnazione di crediti e punisce quelle cattive

In Cina la gamification della società si è spinta un passo oltre: da sette anni, il governo cinese sta testando in alcune aree del Paese un sistema di credito sociale (SCS) che premia le persone per le buone azioni compiute attraverso l’assegnazione di crediti e punisce quelle cattive, negando benefit e sostegni economici. L’obiettivo finale dell’SCS è la sua applicazione su scala nazionale, in modo tale che ogni cittadino cinese possa essere associato un numero identificativo, così da trasformarsi in uno strumento di ricompensa-punizione, ma anche e soprattutto di controllo e di censura.

C’è una puntata della serie tv britannica Black Mirror, intitolata Caduta libera, che aveva immaginato uno scenario distopico simile, in cui tutti sono valutati in base a un punteggio che dipende dalle “recensioni” lasciate dalle persone. Più alto è il punteggio, più si è considerati popolari; al contrario, più basso è l’indice di gradimento, meno fiducia avranno gli altri in quella persona e meno servizi avrà a disposizione.

Un’ipotesi spaventosa che fino a qualche anno fa sembrava fantascienza, ma che a breve potrebbe diventare realtà.

Alessandro Mancini

Oltre 14 milioni di italiani giocano ai videogame
Oltre 14 milioni di italiani giocano ai videogame

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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