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Il borgo dell'Isola Bella, la pioggia e le luci tra le fronde dei tigli - Louis Vuitton all'Isola Bella
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Louis Vuitton all’Isola Bella e una leggenda: le Sirene del Lago Maggiore

La sfilata di Louis Vuitton nel palazzo dei Borromeo e una festa nel borgo dell’Isola Bella: c’erano anche le sirene del Lago Maggiore che si sono prese la scena

La pioggia sul lago: la sfilata di Louis Vuitton nei saloni del palazzo Borromeo

Non si era mai visto quel borgo così tirato a lustro. I chioschi erano stati riverniciati e puliti, i ristoranti, i bar restaurati e rimessi a nuovo. Le peonie e le rose erano disposte sui tavolini in ferro, non c’era più plastica da alcuna parte. I fiorai di notte erano rimasti aperti, le edicole invece che rotocalchi disponevano guide colorate per viaggi. Dalle fronde dei tigli, le lampadine di una festa scendevano in mezzo alle foglie. Più di mille persone erano arrivate all’Isola Bella per la sfilata di Nicolas Ghesquière per Louis Vuitton. 

Era tutto lucido, bagnato dalla pioggia che cadeva. Sembrava che la festa fosse per l’acqua del lago, e per le creature che quell’acqua abitano – piuttosto che per gli esseri umani. Camminando sotto la pioggia, arrivando sull’isola in barca, l’acqua si mescolava all’aria calma, senza tempesta. Stavamo entrando nel dominio del lago – terra di leggende, fate e sirene che appaiono tra le nebbie di un giorno di maggio all’Isola Bella.

Il livello dell’acqua, dopo mesi di siccità, torna ai livelli consueti e consolanti: l’acqua del Lago Maggiore è l’acqua che bagna Milano, che scorre nel Ticino e gira nei navigli della città. Maggio – così come novembre – è il mese più piovoso dell’anno per la statistica in Italia – e può esser anche il più bello. A maggio la pioggia dà energia a fiori e al verde che si specchia nel prato allagato in una pozzanghera. A maggio c’è quella luce iniziale che riconosciamo appena prima che cominci l’estate e che già a luglio ci manca, la luce che raccontava il Manzoni.

Per la prima volta in Italia, Louis Vuitton ha presentato la collezione Cruise all’Isola Bella

La collezione che prende questo nome, crociera, era un tempo dedicata ai magnati europei che a dicembre volevano rifarsi il guardaroba prima di salire in barca a Natale ai Caraibi o in Egitto. Grazie a questo rimando a quando si usava svernare sui panfili, le collezioni crociera – cruise – sono quelle collezioni che possono mescolare capi per ogni clima e restare nei negozi per quasi sei mesi in un anno. Collezioni di valore commerciale, dove la creatività di chi le disegna può spaziare su ogni materiale, su ogni accostamento, senza limite di logica da guardaroba. 

L’attacco è segnato da una musica lirica: i copri capi sono tiare papali, i mantelli con le maniche a rimbocco, le maschere coprono gli occhi e gli zigomi come squame di alieno – o forse sono solo ragazze in un fine settimana in villa, con pantaloncini corti di lana cotta. Il beat accelera, la lirica si trasforma in house. È in questo momento che le Sirene del lago si prendono la scena. Dopo aver circondato l’isola con l’acqua dolce e d’argento del lago e della pioggia, ora si uniscono alle modelle che sfilano nei saloni del barocco italiano. 

Il barocco dell’Isola Bella: le sirene sono un’ispirazione per la Cruise di Ghesquière da Louis Vuitton

Le sponde del lago sono come poesie – e così le squame di queste sirene sono foglie bagnate d’oro e ocra. La leggenda del Lago Maggiore vuole le sirene dello stesso Barocco di cui l’Isola Bella è apogeo – negli stucchi e nei giardini. Ogni tratto di queste entità anomale è drappeggiato con velluti verdi e azzurri. Una sirena coperta di stoffe liquide, dove le peonie e le azalee diventano broccati sui seni, i capelli sono fili di platino, le ciglia sono cosparse di polvere di zaffiro. Le vene e le arterie si intravedono nell’incavo dell’avambraccio, come striatura di avorio nel vetro. Le unghie d’argento, le scapole protette da scudi metallici.

Ghesquière gioca con i volumi come se lavorasse ancora con le ossa di balena: mantiene un’identità di moda anche nel contesto del brand mondiale. È successo in altri casi che la creatività di un designer fosse diluita da un potere commerciale – non qui. La moda di Ghesquière rimane complicata, difficile e azzardata per la vastità del pubblico a cui Vuitton vuole rivolgersi. Sembra un paradosso e funziona all’inverso: il potere di diffusione di Vuitton riesce a decodificare la complessità del disegno intellettuale di Ghesquière. In parole più povere: pochi lo capiscono, ma tutti lo vogliono. Se Ghesquière non disegnasse per Vuitton la sua linea sarebbe un argomento di nicchia intellettuale, invece invade il pianeta di immagini. 

La sfilata avrebbe dovuto aver luogo nei giardini all’italiana, nei terrazzi che salgono, come una piramide azteca nel mezzo del lago, tra pavoni bianchi che volano e le sirene rimaste tranquille con i loro ventagli di alghe – invece tutto lo spettacolo è stato spostato all’interno del castello dove Napoleone dormì una sola notte nel 1797. 

Louis Vuitton, l’Isola Bella e Palazzo Borromeo

La famiglia Borromeo non si ricorda come una famiglia reale – ma fu titolata alla signoria delle terre intorno al lago, da Verbania ad Arona, fino ad Angera. La ragione del loro potere non è sintetizzabile: la ricchezza portò loro proprietà, terreni e palazzi. Un regno che non aveva confini legali, ma economie di proprietà. In una terra, questa nostra, che per più di tre secoli fu oggetto di conquista – spagnoli, austriaci e francesi a più riprese – avere proprietà in terre diverse dava più garanzie di un feudo ottenuto per ordine sovrano. La sicurezza arrivava anche dai presidi nella chiesa.

Una leggenda nel lago Maggiore, l’Isola Bella, le sirene – e la storia di Carlo Borromeo

Carlo Borromeo fu tra gli artefici della Controriforma, e pose le basi per quella laboriosità che ancora oggi contraddistingue l’animo borghese di Milano. La dedizione al lavoro, la diffidenza alle conversazioni, alle pubbliche relazioni di cui oggi la moda vive e sopravvive. Il Borromeo è la matrice di quel pragmatismo industriale che appartiene al sangue di chiunque qui a Milano sia nato – e nel mio piccolo tale lo sento: una voglia di fare che arriva prima della voglia di guadagnare, un’intenzione a lavorare per la comunità che annienta la rivalità; un impegno a lasciare una traccia, piuttosto che a godersi la propria bella faccia. 

L’arcivescovo santo e micidiale progettò la distribuzione delle acque del Ticino per tutta la bassa Lombardia, tra Arona e Pavia. Le rogge nei canali diedero energia per le farine e per la tessitura delle lane e della canapa – il Borromeo fu l’uomo che trasformò la Lombardia nella terra più ricca d’Europa, bottino per gli altri. Previde come, nei secoli a venire, i tre regni confinanti si sarebbero massacrati sul possesso della Lombardia, lasciandone di fatto il controllo alla Chiesa. 

La leggenda vuole che la ragione per cui il Borromeo fosse così attento alla gestione idrica dell’acqua del suo Lago Maggiore, non fu solo pragmatica ed economica. Si dice che la sua dedizione alle acque del lago fosse dovuta proprio alle sirene che lì vi abitano – allora e oggi ancora. Il Borromeo non voleva che le sirene fuggissero via, scappassero via, facili prede di gente qualunque. Temeva che le sirene, perdendosi tra canali, rogge, navigli e fiumi si sarebbe ritrovate affrante tra le bisce della pianura, e infine, peggio, tra le meduse del mare, e tra tante altre creature acquatiche che vivono e sopravvivono senza alcun delirio.

Carlo Mazzoni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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