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Venezia 80 - Biennale del Cinema 2023
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Questi giorni a Venezia: la Biennale, il Cinema, Poor Things e La Mostra di Cartier

La Mostra è il titolo del programma culturale con cui Cartier amplifica la rassegna cinematografica, per il quale diventa legittimo il ruolo di Main Sponsor della Biennale di Venezia

La terrazza del Gritti a Venezia: un salotto durante le giornate del cinema – le onde di Isabelle Huppert e la testa rasata di Emma Corrin

Durante la prima settimana del Festival del Cinema, sulla terrazza del Gritti. Parole, bicchieri e uva. L’Aquariva è ormeggiato sul Canal Grande di fronte ai tavoli per la colazione – non un Aquarama ma una sua versione rivista e troppo moderna. Come in ogni salotto che si rispetti, ci sono le smorfiose – quelle che sbarcano sul pontile dell’albergo, emozionate come al ballo di debutto, si scusano per quanto il bagaglio sia pesante, quanti vestiti hanno dovuto, o voluto, portarsi – il barcarolo solleva la valigia con un braccio solo, povera cara. Sono le giornate del Festival del Cinema e ci sono le giornaliste che disquisiscono su come i registi maschi vogliano sintetizzare l’orgasmo femminile come un susseguirsi di spasmi e mugolii – no, niente mugolii, le giornaliste assicurano, che si masturbano da una vita.

Oltre a questo chiacchiericcio, due donne appaiono e scompaiono, tra i tavoli – e qui per chi scrive, queste due donne bastano a dare riferimento all’unica estetica che conta. Diversità e fragilità umana, capelli color del rame e riga borghese sul lato, un’onda anni Venti – la prima è Isabelle Huppert che si bagna di lacca sulle lamine di Balenciaga. 

Emma Corrin è la seconda: testa rasata senza più boccoli biondi. Parla in video con una voce ruvida che poco ha a che fare con Lady Diana. Le cronache sanno riportare quel sapore di bella vita che Venezia vuole promettere all’industria del cinema: per questi giorni di cinema e interludio a inizio settembre, la terrazza del Gritti è il centro nevralgico delle operazioni di Cartier a Venezia (mentre gli sforzi di pubbliche relazioni degli altri brand si accontentano del St Regis, livello inferiore, uno strano odore di aeroporto nelle hall: tanto che più di un albergo ricorda un wework).

Emma Corrin, i diamanti ai lobi, e il programma culturale de La Mostra di Cartier, main sponsor della Biennale: una cena da Quadri, Proust e il Conte di Parigi 

Emma Corrin reagisce su diamanti ai lobi. Al Gritti, i dirigenti di Cartier sono arrivati da tutto il mondo per dare ordine a La Mostra – il programma culturale che Cartier dispone per amplificare il messaggio artistico di una sponsorizzazione al Festival del Cinema. Una sponsorizzazione attiva già da tre anni e che rumori in laguna sembrano vogliano confermare per i prossimi tre. 

Il 31 agosto, alle otto di sera, una passeggiata sotto i portici di piazza San Marco, senza folla né piccioni sul selciato – mentre superi l’entrata dell’Olivetti di Carlo Scarpa, luogo protetto dal Fai. Le macchine da scrivere Olivetti sono oltre al vetro – per suoni e ritmiche, battere un testo poteva somigliare a una sonata di Bach. Poco dopo, l’entrata è da Quadri – lasci alle spalle le sedioline in plastica e alluminio leggero dove i nostri amici cinesi sono puntualmente umiliati con uno scontrino per il caffè. Sali al primo piano perché Cartier invita a cena: la conversazione cade su Proust e Odette e faire du cattleya – si sofferma Luigi Filippo e il Conte di Parigi – prima di spostarsi per la festa al palazzo della Biennale.

Cartier sponsor del Cinema a Venezia: Pierre Rainero, il Trinity al mignolo di Alain Delon, i gioielli sugli uomini tra sessualità e rispetto

Una fotografia di Alain Delon: a colori, camicia azzurra stessa tonalità dell’iride atomica e anatomica, una sigaretta, il Trinity al mignolo. Al primo piano dell’Aman, Pierre Rainero racconta gli aneddoti che si possono raccontare – lascia alla fantasia tutti gli altri: il serpente roteante di Maria Felix e i coccodrilli indossati da Monica Bellucci, gli anelli di Grace Kelly, il pendente di Timothée Chalamet agli Oscar – gli uomini oggi indossano i gioielli come le donne, la liberazione dagli stereotipi virili si avvicina, tra sessualità e rispetto. Ci vorranno ancora un poco di disinibizioni per una mascolinità coperta di zaffiri. 

I pantaloni del tuxedo stringono in pancia – non importano le sessioni di palestra che ti ostini a infliggerti – abbassi la testa, ed entri in una sartoria dopo il ponte, nella calle di Ivo. I pantaloni ti servono per domani sera al Lido, ma è tutto inutile, sono dispersi. Inutile anche cercare un elefante di vetro verde, con la proboscide verso l’alto perché porta fortuna – lo puoi trovare solo da Seguso ma non hai tempo. Le seppie posano su uno strato di polenta – pensi alla palestra, e chiedi se la polenta sia mai mantecata con il burro – il maître del Gritti alza il ciglio infastidito – forse ti puoi fidare, nonostante sei senza pantaloni. Stamattina ti ha giurato che il latte di mandorla è naturale, non zuccherato. La sveglia all’alba, eri il primo a far colazione, da solo sulla terrazza del Gritti, da solo sul Canal Grande, immobile come la definizione di ogni laguna desidera. 

Wes Anderson, il premio di Cartier alla Biennale del cinema, il red carpet di Poor Things, Yorgos Lanthimos

Il premio titolato dalla Biennale insieme a Cartier è assegnato a Wes Anderson, la cerimonia al Lido: Il premio è un busto di pantera – tra l’uomo tigre della nostra infanzia e l’ultimo rivale di Batman. L’idea iniziale era il felino in movimento, tra gli appostamenti delle spille – ma ci sarebbe stata una somiglianza forse troppo chiamata con il Leone di Venezia. Poche ore dopo, in sala arriva Yorgos Lanthimos per presentare Poor Things e comprendiamo cosa significa l’assenza degli attori americani. Emma Stone, Mark Ruffalo, William Defoe. Se fossero apparsi a Venezia, Poor Things sarebbe stato l’oggetto di maggiore attesa da pubblico e industria. Prima di entrare in sala, ci aspettiamo un film intellettuale nonostante sul red carpet si intravedano gli aloni ascellari delle camicie di seta. 

Poor Things – il furious jumping, una Bizzarro Barbie per Emma Stone, il riadattamento del romanzo di Alasdair Gray

Poor Things si prende due ore e mezza che volano in cinque minuti – o meglio, per esser più precisi: i primi venti minuti in bianco e nero lasciano gran parte del pubblico dubbiosa su come poter arrivare alla fine – poi appena Emma Stone inizia a fornicare con Mark Ruffalo – nel film si parla furious jumping – la sequenza vira a colori e gli occhi non si staccano più. Il New York Times definisce il personaggio della Stone come una Bizzarro Barbie. Il film è un adattamento del romanzo con lo stesso titolo, Poor Things, di Alasdair Gray (1992) – a Venezia, riempiva le conversazioni di chi era in platea finanche la mattina successiva.

Damien Chazelle e Justin Hurwitz: una conversazione al Casinò del Lido di Venezia nel programma de La Mostra di Cartier – l’introduzione di Alberto Barbera e l’imprenditoria etica per Lampoon

Alle nove di mattina, le persone sono in fila per il Casinò del Lido – in pochi riusciranno a entrare e te ne dispiace. La sala accoglie neanche duecento persone – mentre ce ne saranno almeno duemila che vorrebbero assistere a una conversazione tra Damien Chazelle e Justin Hurwitz – Chazelle, premio Oscar per la regia di La La Land – Hurwitz, due premi Oscar per le musica, sempre di La La Land. L’incontro fa parte del programma La Mostra che – lo ripetiamo – è l’insieme di progetti condotti da Cartier per raccontare il sostegno al cinema di Venezia. 

Alberto Barbera, introducendo i due protagonisti, spiega come, se gli fosse domandato di scegliere uno sponsor con cui continuare a lavorare dopo tutti questi anni di Biennale, sceglierebbe Cartier: per la capacità della casa francese di amplificare cultura con altra cultura. Cartier, in risposta, rende finanziariamente possibile lo spettacolo di Solrey alla Fenice – Ciao Casanova è un concerto da camera per musiche inedite, con arpa e mezzosoprano e un montaggio di frame cinematografico quale scenografia. Il volto di Marcello Mastroianni. 

Gran parte della ricerca giornalistica di Lampoon è dedicata a quanto si possa definire imprenditoria etica. L’argomento è ostico – perché la parola in sé, etica, imporrebbe una coerenza di intento su ogni fronte. Poco interessanti sono oggi ripetibili attività di marketing che le aziende portano avanti diminuendo la reputazione di un brand invece che elevarlo – ma qui, noi vogliamo raccontare risultati positivi. Vogliamo dare letteratura alle referenze per spiegare come il settore del lusso possa presidiare un ruolo di responsabilità – se non etica – civile, senz’altro culturale. L’intervento di Cartier a Venezia – come si è sbilanciato pubblicamente il presidente Barbera – è uno tra i casi migliori.

Carlo Mazzoni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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