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Maurizio Cattelan è davvero Pop Art? Bilbao, Guggenheim Collection

Bilbao è stata rivoluzionata da un museo. La storia del Guggenheim, l’architettura di Frank O. Gehry e la mostra che celebra la Pop Art: Signs and Objects: Pop Art della Guggenheim Collection

Maurizio Cattelan è davvero Pop Art? Segni e Oggetti: Pop Art della Guggenheim Collection

Tra i contemporanei esposti alla mostra Pop Art della Guggenheim Collection troviamo Maurizio Cattelan, con il suo Pinocchio disteso a faccia in giù in una vasca dopo il gesto estremo. Un rimando al patrimonio della cultura creato da Walt Disney, a cui attinge anche Douglas Gordon, anch’esso in mostra. La Pop Art combina elementi artistici con oggetti di consumo in un immaginario in cui il consumismo, influenza la produzione culturale. 

Di critica al consumismo di occupano anche altri due contemporanei in mostra, José Davila e Lucia Hierro, che provano ad ampliare il lascito della Pop Art criticando la cultura consumistica odierna e includendo riferimenti messicani e dominicani delle loro origini.Le opere in mostra, talvolta ingegnose o ironiche, sono interpretate come una celebrazione o una critica della cultura popolare che come negli anni Cinquanta anche oggi invade le nostre vite, bombardandoci di pubblicità, manifesti, reclam invitandoci al consumo spasmodico. 

L’arte pop di Maurizio Cattelan è provocatoria non critica

La Pop Art nasce con l’intento preciso di critica alla società dei consumi che stava nascendo dopo il boom economico. La Pop Art porta sotto i riflettori la cultura popolare e ne rappresenta una critica pungente. L’opera in mostra di Maurizio Cattelan, Daddy, Daddy, invece usa il linguaggio del Pop per aprire alla riflessione sulla morte, sull’infanzia e sulle relazioni. L’opera omnia di Cattelan è una continua provocazione alla società utilizzando i simboli della cultura di massa e popolare ma è non una critica alla società dei consumi assimilabile a quella degli anni Cinquanta del Novecento. Cattelan non critica l’iper consumismo ma ne sfrutta l’estetica per provocare riguardo a tematiche più intime come la religione, la politica e le relazioni.

La Pop Art la nascita in Inghilterra e l’espansione del movimento negli Stati Uniti

Erano gli anni Cinquanta, le persone stavano ricominciando a vivere con più leggerezza dopo la Seconda Guerra Mondiale. In America era il periodo del Baby Boom. Era un momento di dinamismo economico, le persone erano invogliate ad un crescente consumismo grazie anche ad un mercato pubblicitario che si faceva sempre più prominente. Il movimento della Pop Art nasce in Inghilterra sul finire degli anni Cinquanta, per poi radicarsi negli Stati Uniti a partire dagli anni Sessanta. Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing? (1956), di Richard Hamilton ne è il manifesto della. Oggi conservata presso il Kunsthalle Tübingen, in Germania, l’opera di Hamilton racconta la nuova società del benessere. Un collage di ritagli di diversi magazine che rappresenta l’interno di un appartamento. I protagonisti sono due body builder, che rappresentano la nuova estetica a cui ambiscono i corpi, i nuovi parametri di bellezza. Le due figure sono attorniate da elettrodomestici, la televisione è accesa, sulla lampada lo stemma della Ford. È il nuovo modello della vita consumistica raccontata attraverso l’arte. Un’arte popolare, che parte dal basso e utilizza concetti di uso quotidiano, in contrasto con l’Espressionismo Astratto della generazione precedente. 

La Guggenheim Collection e la Pop Art: Six Painters and the Object

L’impegno del Solomon R. Guggenheim Museum verso la Pop Art nasce presto, agli inizi degli anni Sessanta. La mostra Six Painters and the Object è del 1963. A curarla fu il britannico Lawrence Alloway che nel 1958, aveva per primo coniato il termine ‘Pop Art’. Six Painters and the Object segnò la consacrazione istituzionale del movimento. Il titolo della storica mostra sarebbe dovuto essere Sign and Objects, frase che è stata ripresa oggi per la mostra che celebra ancora una volta il legame tra il Guggenheim e la Pop Art, mettendo in mostra solo opere della collezione. 

Segni e Oggetti: Pop Art della Guggenheim Collection

Per l’esibizione Segni e Oggetti: Pop Art della Guggenheim Collection le curatrici del Solomon R. Guggenheim Museum, Lauren Hinkson e Joan Young hanno deciso di mettere in mostra solo opere già appartenenti alla collezione e del periodo più tardivo del movimento. Quaranta opere degli artisti più rappresentativi della Pop Art messe in relazione con una selezione di artisti contemporanei che tentano di ampliare l’eredità del movimento. In mostra troviamo opere degli esponenti Americani Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, James Rosenquist e Andy Warhol, ma anche europei con Mimmo Rotella e Niki De Saint Phalle. La mostra in include anche l’opera monumentale Volano molle di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, le cui dimensioni rimpiccioliscono in modo umoristico lo spazio espositivo, sottolineando come il museo debba essere non solo luogo di cultura ma anche di divertimento. La mostra è visitabile fino al 15 settembre 2024 ed è stata patrocinata da BBK.

L’effetto Bilbao: il Museo Guggenheim l’architettura che resta un riferimento, dal 1980

Nel 2010 a un panel di cinquantadue esperti, tra cui undici vincitori del Pritzker Prize, e chiese loro quale fosse l’architettura più influente costruita dal 1980. Venne eletto il Guggenheim di Bilbao.  

Il Museo Guggenheim di Bilbao fu inaugurato nel 1997, non senza reazioni contrastanti. Per la sua realizzazione ci vollero quattro anni e 100 milioni di dollari, fondi che provenivano dalle casse pubbliche. Motivo principale delle critiche all’opera. Nei primi tre anni di apertura, il museo fu visitato da quattro milioni di persone l’anno, che crearono un profitto di cinquecento milioni. Nel 2023 il numero di visitatori ammonta a oltre un milione, di cui la maggior parte provenienti da fuori i Paesi Bassi (60%). Dopo la costruzione del museo Bilbao ha avviato un processo di rinnovamento dell’intera città. Da cittadina portuale e industriale oggi Bilbao è una città moderna, tra le mete turistiche e culturali più visitate in Europa. Il Museo Guggenheim di Bilbao è l’esempio lampante di come quando si investe bene nella cultura ne viene ripagata l’intera città. 

L’architettura del Museo Guggenheim di Bilbao: il progetto di Frank O. Gehry

Per il progetto del museo Frank O. Gehry affermò di essersi ispirato a Brancusi e al suo utilizzo delle relazioni spaziali. L’area del museo occupa 24mila metri quadrati, il doppio del Centre Pompidou, con una superficie espositiva netta di 11mila metri. Per la copertura esterna del museo furono utilizzate 33 mila lastre in titanio. 

O. Gehry raccontò che in quel preciso periodo storico il costo del titanio era inferiore al quello dell’acciaio inossidabile, una casualità che non si ripropose più. E infatti l’architetto non fu più in grado di utilizzare questo materiale nei suoi progetti. Venne scelto il titanio anche perché adatto a riflettere la luce di Bilbao, creando delle rifrazioni luminose anche nei giorni in cui il cielo è grigio. A causa della complessità matematica del progetto del museo, O. Gehry dovette utilizzare CATIA, un software avanzato concepito per l’industria aerospaziale, che gli servì per tradurre il suo concetto nella struttura e agevolarne la costruzione.

Opere permanenti del Museo Guggenheim di Bilbao

Un cane ricoperto da giorni accogli i visitatori all’ingresso del Guggenheim di Bilbao. È l’opera Puppy di Jeff Koon. Una scultura di fiori a cui viene cambiato il manto ogni primavera e autunno. I fiori poggiano su una struttura complessa in acciaio e un sistema di irrigazione, coperti da una serie di strati che trattengono il substrato necessario per nutrire le piante. Di Koons è anche l’opera Tulips, un bouquet di fiori sotto forma di palloncino un tempo esposto in terrazza ed ora portato all’interno delle sale del museo. La fontana esterna, Fire Fountain,  del Guggenheim di Bilbao è stata firmata da Yves Klein. Opera che l’artista non ha avuto l’opportunità di portare a termine durante la sua vita. In una conferenza tenuta alla Sorbona nel 1959, Klein parlò di una vecchia idea, “il progetto per una piazza pubblica, di uno specchio d’acqua su cui danzassero getti di fuoco al posto dei getti d’acqua”. 

Mamá, è la scultura di Louise Bourgeois, parte della serie ispirata al ragno, un omaggio alla madre che era tessitrice. Tall Tree & The Eye, l’opera di Anish Kapoor è stata recentemente installata all’esterno del museo. Composta da settantatré sfere riflettenti disposte su tre assi, è espressione della continua ricerca dell’artista sui complessi principi matematici e strutturali, che conferiscono la forma scultorea. Tra le opere che lo stesso museo categorizza come ‘Los Imprescindibles’, ovvero fondamentali della propria collezione troviamo anche opere di Mark Rothko, Richard Serra, Jenny Holzer e Eduardo Chillida.

Domiziana Montello

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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