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Intelligenza artificiale e architettura: come evolverà la professione dell’architetto?

L’intelligenza artificiale può essere strumento per superare i limiti della creatività: come evolverà la professione dell’architetto, una riflessione di Luigi Savio di (ab)Normal Studio

L’intelligenza artificiale non influenza solo le professioni editoriali ma tutti i comparti creativi, compresa l’architettura

Lo scorso ottobre, Giuliano Amato, ex Presidente del Consiglio, della Corte Costituzionale e Senatore della Repubblica, è stato nominato anche Presidente della neonata ‘Commissione algoritmi’. L’obiettivo della commissione è indagare le applicazioni dell’intelligenza artificiale nel mercato editoriale. Il tema dell’intelligenza artificiale è da mesi al centro del dibattito pubblico. Soprattutto dopo il lancio di ChatGpt (prima bloccata in Italia e poi liberalizzata) si è parlato dibattuto dei rischi delle nuove tecnologie, soprattutto per le professioni creative. L’intelligenza artificiale non influenza solo le professioni editoriali ma tutti i comparti creativi, compresa l’architettura. 

Luigi Savio è cofondatore di (ab)Normal, agenzia multidisciplinare che sperimenta nell’ambito del design, dell’architettura, dell’arte digitale e della direzione creativa, fondata nel 2018: «L’essere umano, anche nei suoi aspetti di creatore, è resiliente nel modificare se stesso e trovare un proprio posto, anche in un mondo che viene disegnato e pensato attraverso l’intelligenza artificiale. Il problema scaturisce in quegli ambiti tra il creativo e il compilativo, perché l’AI elimina una parte del lavoro. Alcuni ruoli tenderanno a scomparire o trasformarsi in altro. Anche l’architetto si dovrà adeguare e la sua figura si trasformerà, come si è trasformato il suo lavoro dal tempo di Michelangelo Buonarroti o di Brunelleschi». 

Intelligenza artificiale, mondi digitali e professionalità umane: come (ab)Normal Studio utilizza l’AI

«L’intelligenza artificiale è entrata in gioco di recente nel nostro lavoro in studio. Abbiamo sempre sviluppato i nostri progetti a partire da riferimenti formali e visuali legati al nostro passato personale. Ora, l’intelligenza artificiale consente di tradurre in colori e in forme un’idea. Il concetto di creatività umana che abbiamo deve essere riformulato. Tuttavia, non tutti gli aspetti di un progetto possono essere seguiti con l’intelligenza artificiale – anzi sono pochi ad oggi gli aspetti del progetto architettonico che possono essere seguiti totalmente con l’intelligenza artificiale. È difficile che attraverso un prompt si riesca ad arrivare a un grado di precisione tale da poter essere sviluppato».

«L’architettura non è fatta solo di immagini, ma di aspetti legati alla comunicazione del progetto e alla realizzazione stessa del progetto. Processi scientifico-analitico: l’idea va divisa in pezzi per renderla fattiva, quindi realizzabile nel mondo fisico. Usiamo l’intelligenza artificiale principalmente nelle prime fasi, nei documenti di moodboard e nella produzione di immagini che servono per lo storytelling del progetto. La utilizziamo come uno strumento comunicativo, per la intermediazione col cliente. Quando bisogna comunicare un progetto di architettura lo si fa attraverso un linguaggio visivo, si mostrano delle immagini. Spesso le immagini che riesci a recuperare da libri, da internet o dalla propria raccolta personale, non rappresentano esattamente l’idea che hai in testa. Quando subentra questa incongruenza l’intelligenza artificiale è utile perché riesce a comunicare in maniera più efficace quello che vuoi dire».

Intelligenza artificiale e architettura: comunicare un progetto come si è evoluto il mestiere dell’architetto con (ab)Normal Studio

«L’architettura è una professione che nei secoli è stata attraversata da movimenti dovuti a innovazioni tecnologiche. Fino a pochi decenni fa si disegnava tutto a mano, anche edifici multipiano con tutti i diversi aspetti impiantistici e tecnologici. L’avvento di CAD ha cambiato il modo di progettare e ha portato a visioni diverse. La modellazione 3D permette di fare alcune cose ma ne limita altre a livello mentale. Si è portati a creare determinate linee in quanto il software è in grado di renderizzare meglio quelle di altre. Spesso le possibilità di modellazione  indirizzano le scelte progettuali».

Che cos’è il BIM e come sta influenzando il mondo dell’architettura

Il BIM – ovvero Building Information Modeling – tramite l’utilizzo di un software crea un modello per l’ottimizzazione della pianificazione, le realizzazione e le gestione di costruzioni. Tutti i dati relativi all’edificio in costruzione possono essere raccolti e collegati digitalmente così che tutti gli attori in gioco dall’architetto, all’ingegnere al capo cantiere sono aggiornati sul progetto. Il BIM è su un modello intelligente ed è supportato da una piattaforma cloud che integra i dati strutturati multidisciplinari per creare una rappresentazione digitale e tridimensionale durante tutto il ciclo di vita dell’edificio, dalla pianificazione, alla progettazione, alla costruzione e alla messa in funzione.

«Il nostro è uno studio sartoriale, e abbiamo utilizzato ancora poco il BIM. Siamo nove persone e abbiamo una varietà di progetti che vanno dall’architettura alla curatela fino alla nuova costruzione. Tutti progetti che seguiamo sono gestiti attraverso i software tradizionali; in più Mattia, Davide, Marcello ed io, i fondatori di (ab)Normal, siamo nati e cresciuti utilizzando un workflow che non prevedeva l’utilizzo del BIM. Oggi uno studente di architettura lo utilizza più naturalmente. Se c’è la necessità di utilizzare il BIM, deleghiamo questa fase a collaboratori esterni. Le qualità del software e gli aspetti che riesce a portare in un progetto di controllo e di gestione sono innegabili». 

«All’inizio di (ab)Normal eravamo interessati nel cercare le falle della tecnologia, per utilizzarla in maniera non convenzionale. Anche il BIM è un software che ci interessa molto. Ancora non abbiamo sviluppato un progetto critico sul BIM, però nel prossimo futuro lo faremo. Questo sviluppo tecnologico cambierà tutto del nostro settore».

I limiti dell’intelligenza artificiale nelle rappresentazioni emotive e socio politiche: l’AI non ha ancora un’intelligenza critica

Ci sono sfide o limitazioni specifiche che avete incontrato utilizzando l’IA per rappresentare visivamente questioni sociali o politiche, considerando la profondità emotiva richiesta per questi temi? Come gestite le potenziali lacune emotive che l’IA potrebbe avere rispetto alle prospettive umane? 

«Ci sono degli aspetti che l’intelligenza artificiale non riesce ancora a comprendere. L’intelligenza artificiale è un riflesso di chi siamo noi – quindi l’emotività non ne è esclusa. Non direi che è una tecnologia che de-umanizza la creatività. L’intelligenza artificiale è affetta dagli stessi bias della nostra società. Il razzismo o la discriminazione di genere esistono anche nell’intelligenza artificiale. È complesso quando si trattano temi che hanno un impatto emotivo e politico. Affinare le proprie capacità di creatore di prompt e utilizzare l’AI nella maniera più precisa possibile, può aiutare a evitare errori».

(ab)Normal Studio, l’intelligenza artificiale e il mondo naturale: L’AI non riconosce le piante, ancora 

Come l’intelligenza artificiale si rapporta con l’elemento naturale? Ha delle limitazioni nella creazione di spazi verdi e nella progettazione dei loro sviluppi?

«Quando si producono immagini che hanno un alto tasso di presenza naturale, l’intelligenza artificiale è più precisa che in altri ambiti. Online ci sono miliardi di immagini legate alla natura, quindi l’AI è allenata nel riprodurre ambienti naturali ed è più efficace nel farlo rispetto alla modellazione 3D. Il problema che sorge è che essendo uno strumento basato sull’interpolazione di altre immagini, spesso non restituisce esattamente una specie di pianta o un paesaggio preciso, ma ne restituisce una versione visivamente simile. Si vedono di più tutti gli errori che compie nel cercare di remixare input diversi. Non riesce ancora a riprodurre esattamente la foglia di castagno, o esattamente l’albero della betulla; ti propone una cosa che è visivamente molto simile, ma che è una pianta che non esiste. Attraverso il suo errore l’AI produce un mondo parallelo, simile ma diverso dal nostro».

La questione della paternità dell’opera: Digital art e intelligenza artificiale con (ab)Normal Studio

Quando viene realizzato un progetto di digital art o un’installazione con l’AI come ci si rapporta con la paternità dell’opera e con il copyright? Quali sono le problematiche che possono insorgere? 

«L’aspetto autoriale dell’opera è stato messo in discussione, non solo dall’intelligenza artificiale, ma anche dalla capacità di diffusione attraverso i social network dell’immagine. Dobbiamo accettare il fatto che ciò che produciamo come artisti o architetti, designer, non è più completamente nostro. Una volta che l’hai diffuso sul web è di tutti. Quello che dobbiamo capire oggi è che non è tanto l’oggetto in sé che rende l’artista tale, ma è il processo e la capacità critica che l’artista mette nella produzione di quell’oggetto. Noi siamo nati su questa traiettoria, (ab)Normal ha iniziato mettendo in discussione un tipo di estetica che veniva fuori dall’utilizzo del rendering come strumento di comunicazione. Il nostro stesso progetto è un meta-progetto e penso che sia la meta-progettualità ciò che dà effettivamente valore a un’opera. Ci sono un sacco di epigoni di ciò che siamo stati negli anni passati; gente che cerca in qualche maniera di seguire il nostro approccio visivo e che l’ha adottato all’interno di ambiti come quello accademico per lo sviluppo di progetti universitari. Noi siamo contenti di questo, perché vuol dire che ciò che abbiamo formulato come (ab)Normal ha influenzato i progetti di altri».

Dark Matter, di (ab)Normal Studio: una ricerca visiva sulle architetture incolori attraverso l’intelligenza artificiale

Dark Matter è il titolo di una ricerca visiva a lungo termine sulle architetture incolori, spazi generati da volumi e texture. Le immagini selezionate rappresentano l’iterazione della ricerca specificamente dedicata ai corpi gonfiabili. Una serie di grandi spazi bianchi generati dall’intelligenza artificiale sono invasi da entità scure e gonfie, che dividono lo spazio attraverso geometrie pure. Trascurando i colori, queste entità oscure pervadono gli spazi con una misteriosa forza di gravità che attira l’attenzione e i desideri dei visitatori simulando buchi neri artificiali domestici. 

«Dark matter nasce da una reazione a ciò che abbiamo fatto in passato fino ad adesso. Abbiamo sempre prodotto immagini, installazioni, progetti di architettura che avevano un forte impatto cromatico. In questa commistione cromatica si perdeva il valore della geometria pura, che è una cosa che ci ha sempre interessato, perché siamo affascinati dal contrasto tra ciò che è geometria e ciò che è tessuto urbano. Abbiamo fatto un’altra installazione poco tempo fa, un padiglione per la Milano Design Week, che era una specie di piccola piramide. Un progetto iconografico, proprio per la scelta geometrica. La piramide in architettura non si usa quasi ma. Abbiamo sviluppato una assemblaggio tridimensionale per formare spazialità. Da là abbiamo cominciato progressivamente ad abbandonare il colore. Dark Matter non è un’installazione, ma è un ricerca visuale interna allo studio. Eliminare completamente l’aspetto cromatico per sfruttare al meglio le potenzialità tridimensionali di una forma è un po’ quello che si vede nelle immagini che abbiamo sviluppato, dove la sensualità, l’emotività non è tanto espressa dal colore, ma è espressa proprio dalla tridimensionalità di questi oggetti, e dalla complessità geometrica».

Intelligenza artificiale e progettazione: come l’AI influenza la scelta dei materiali 

Come l’AI influenza le vostre scelte nell’utilizzo dei materiali nella progettazione? 

«L’intelligenza artificiale ti dà una direzione vaga sui materiali da scegliere e ti permette di testare in velocità scelte di materiali, di colori, e di forme quindi è sicuramente utile. Puoi realizzare tante versioni diverse dello stesso design scegliendo materiali, colori o finiture diverse, quindi è sicuramente utile. Non ti dà un’immagine definita, restituisce un’immagine sfocata, corretta e dettagliata solo se osservata da lontano. Non riesci a replicare perfettamente il tipo di materialità ricercata. Una volta individuata una direzione, si procede scegliendo soluzioni materiche simili dalla nostra vasta materioteca e scegliamo la cosa che ci interessa di più o che più si avvicina al risultato che abbiamo raggiunto con le immagini dell’intelligenza artificiale. Poi si inizia a ingegnerizzare quella scelta quindi a capire come funziona quel materiale, come si può applicare e quali sono gli altri elementi da utilizzare a livello di strutture. Poi successivamente inizia il progetto vero e proprio, l’intelligenza artificiale viene prima, nelle fasi di moodboard».

Le Archistar non esistono più: l’architettura è collaborazione tra individui con (ab)Normal Studio

«Fino a poco tempo fa c’era l’idea che l’architettura fosse fatta dalla figura eroica dell’architetto-creatore che fondamentalmente decide nella sua testa di singolo individuo come un edificio o un progetto deve essere. In realtà non è mai stato così, l’architettura è un lavoro di team. Noi quattro fondatori di (ab)Normal Studio ci siamo conosciuti nello stesso studio (OMA, di Rem Koolhaas a Rotterdam) e quindi abbiamo avuto delle esperienze simili. In questo studio c’era un aspetto relazionale molto orizzontale, chiunque poteva dire qualcosa su un progetto dallo stagista fino all’architetto, al project leader fino al partner tutti più o meno allo stesso livello, soprattutto nella fase iniziale del progetto. Questo ci ha fatto capire che nel nostro lavoro bisogna essere collaborativi e sviluppare relazioni tra le persone. Ed è quello che stiamo cercando di fare nel nostro studio: instaurare rapporti il più possibile umani con le persone con cui lavoriamo, cercando di assecondarle il più possibile e rispettare la loro individualità. Spesso i team sono da 2-3 persone e seguono più progetti contemporaneamente. In questi team non c’è il ruolo del project leader, siamo un gruppo di architetti che lavorano a un progetto. Stiamo portando avanti questo approccio pur avendo delle difficoltà; perché il cliente deve avere una persona di riferimento. L’Archistar non esiste più. Da un progetto deve uscire fuori il nome dello studio non il nome del singolo. Uno studio è fatto da una moltitudine di voci».

Il mondo dell’architettura in Italia sfruttamento, precariato, tirocini non pagati e finte partite iva

Il mondo dell’architettura in Italia è ostico per chi inizia a lavorare. Dai dati emerge che circa 1/5 dei giovani architetti dopo cinque anni dalla laurea si trova ancora in una condizione lavorativa precaria. Com’è stata la vostra esperienza? E cosa è necessario cambiare affinché sia un settore più equo?

«Nel nostro passato abbiamo affrontato delle difficoltà benché avessimo avuto esperienze con studi illuminati. Anch’io ho fatto tirocini non pagati, ho fatto diversi lavori sottopagati e ho accettato situazioni lavorative che non sono accettabili. Il problema è che questa è una irregolarità strutturale nel sistema lavorativo italiano. Bisogna fare un cambiamento alla base. Per un imprenditore assumere una persona a contratto nel nostro settore, e per quasi tutti i liberi professionisti, non è praticabile. Il problema delle finte partite iva è un problema diffuso, direi quasi al 99% nel settore dell’architettura in Italia, ma anche nell’avvocatura, e nell’ingegneria. Quello di cui necessitiamo sono riforme strutturali su cosa voglia dire essere libero professionista in Italia. Dal punto di vista prettamente economico, cerchiamo di non ripetere gli errori fatti da chi è stato nostro datore di lavoro in precedenza, e cerchiamo di dare ai nostri collaboratori quello di cui hanno bisogno per farli crescere con noi. Se formi delle persone all’interno dello studio e gli insegni un metodo e questo metodo e  poi non gli dai la giusta paga, il valore viene portato da altre parti. È un danno per la tua impresa se i rapporti non continuano. Noi siamo dall’altra parte adesso, però siamo stati per tanto tempo dalla parte di chi subiva le vessazioni, ed è una battaglia che ci è molto vicina e che supportiamo».

(ab)Normal Studio

(ab)Normal Studio nasce nel 2017 come un progetto collaterale alle attività professionali che i fondatori svolgevano Un diario condiviso di progetti, un lavoro collettivo di produzione di immagini attraverso l’utilizzo inefficiente e completamente sconclusionato dei motori di render e di quei software che sono utilizzati per produrre immagini relativi all’architettura. Utilizzare la tecnologia nella maniera meno efficiente possibile per sbloccare le potenzialità creative e di storytelling.

Domiziana Montello

In collaborazione con Lampoon, Spring Studios terrà martedì 21 novembre un talk intitolato ‘AI Fusion exhibition’ dalle 16.30 alle 18.00 presso lo spazio in via Tortona 37, Milano. Interverranno Simone Lorusso (senior art director, Spring Studios), Gianluca de Cristofaro (Head of the IP practice, LCA studio legale), Matteo Mammoli (Head of content, Lampoon Magazine). Il contributo di (ab)Normal Studio sarà esposto all’interno dello spazio e visitabile su prenotazione fino a gennaio 2024.

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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