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Arte al Centro 2023 di una trasformazione sociale responsabile. Rassegna annuale di mostre, performance, laboratori creativi e didattici. Cittadellarte, Fondazione Pistoletto
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Michelangelo Pistoletto ha ancora qualcosa da dire?  La moda è un’opera d’arte

«Occorre partire dalla terra, dalla vegetazione e dagli animali per far sì che si imponga un nuovo costume del vivere generale» – Michelangelo Pistoletto racconta la venticinquesima edizione di Arte al Centro

Fondazione Pistoletto in dialogo con la moda per ripensare il sistema

Situata in un ex manifattura tessile di Biella acquistata nel 1991 da Pistoletto, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto fu inaugurata come spazio espositivo nel 1998. Da allora il manifesto della fondazione è rimasto invariato: produrre un cambiamento responsabile nella società attraverso idee e progetti creativi. Tra le iniziative che la struttura propone a cadenza annuale troviamo Arte al Centro, una rassegna di mostre, dibattiti e seminari volta al racconto di pratiche artistiche di trasformazione sociale. Giunta al suo venticinquesimo appuntamento, il 25 giugno Cittadellarte  – Fondazione Pistoletto ha inaugurato la nuova edizione, dove i temi della moda, della manifattura e della sostenibilità dei processi produttivi sono declinati all’interno degli spazi di Biella. 

Nel racconto che Michelangelo Pistoletto offre del suo progetto, la moda è intesa come unità di misura del progresso sociale. «A Cittadellarte cerchiamo di creare una nuova coscienza del pensiero: l’arte come elemento che si libera di ogni peso per poter creare un investimento nuovo. In questo la moda è centrale in quanto vestirsi è un fatto simbolico. Porto ad esempio mia figlia Pietra, che ha iniziato a creare abiti come forma di recupero: prendeva vestiti usati e li rimaneggiava. Gli stessi vecchi abiti diventavano la nuova moda. Prendeva delle giacche, le tagliava a metà, vi apponeva delle zip e le trasformava in pezzi componibili. Siamo partiti proprio da questo piano, dall’idea di recuperare piuttosto che buttare. Un’opera d’arte interessa quando acquisisce un tratto emozionale, quando ha un appeal. L’emozione è un elemento di trasmissione. Il fatto stesso di avere un abito vecchio ridisegnato crea stupore in chi l’aveva sempre indossato sotto altra forma. È lo stupore il discrimine tra un indumento e un abito da museo».

Michelangelo Pistoletto: L’abito come luogo da abitare

«Per la Biennale della Moda di Firenze del 1996 – racconta Michelangelo Pistoletto – ho curato una mostra dal titolo Habitus, Abito, Abitare. Per l’occasione ho riunito architetti, sociologi e designer, ciascuno portavoce di una diversa concezione dell’abitare: abitare un luogo, habitus come carattere e dunque come abito mentale e, al centro, l’abito materiale. Procedendo con ordine, la pelle costituisce la prima architettura del corpo, l’abito lo riveste e infine l’abitare si identifica con la casa, l’ambiente in cui esso si muove. A questo breve elenco va  aggiunto l’habitat, ovvero il mondo. Per me l’abito è in primo luogo il costume, l’insieme delle usanze. Ogni tempo ha un costume e un’interpretazione di quella che io chiamo seconda pelle. Prima dei tessuti vi erano i tatuaggi, intesi come un modo di parlare con il proprio corpo e con la propria pelle».

Ripartire dalla terra per una nuova rappresentazione della moda con Michelangelo Pistoletto 

«Il concetto di abito responsabile della sostenibilità nasce in corrispondenza del costume di oggi: diventare responsabili di un mondo che stiamo degradando. Il costume del degrado che abbiamo svolto nel Ventesimo secolo adesso necessita di trasformarsi in costume della rigenerazione. La Venere degli Stracci  rappresenta proprio il degrado dei vestiti dismessi. Oggi questi vecchi abiti sono diventati delle montagne di stracci ad occupare intere spiagge. Fin dove è arrivato il consumismo. Ora su questi stracci sta crescendo una nuova vegetazione che non ha mai visto la terra vera». 

«Se si parla di economia, il racconto si amplia a comprendere ogni settore. Il sistema consumistico riguarda i trasporti, le automobili, i fossili e i materiali che utilizziamo per far funzionare le fabbriche produttrici dei tessuti. È un mondo che si collega. Il punto nodale in questa compagine intrecciata è l’investimento: nel Ventesimo secolo si è investito in idrocarburi, fossili e gas, degradando lo stato della terra, dell’acqua e del cielo. Per quanto dannoso, chiudere in modo definitivo questo sistema non è possibile. Mentre stiamo raccogliendo i frutti dell’investimento del Ventesimo secolo, dobbiamo iniziare a modificare il nostro modo di capitalizzare il progetto economico. Non è questione di fare passi indietro, ma di muoversi in avanti senza degradare il pianeta. È necessario partire dalla terra, dalla vegetazione e dagli animali per far sì che un nuovo costume del vivere generale si impone. La moda è rappresentativa di questo costume».

Fashion to Reconnect: la centralità della moda nell’arte con Tiziano Guardini

Tra le mostre presentate nel contesto di Arte al Centro, Fashion to Reconnect, curata dal fashion designer Tiziano Guardini in collaborazione con il collettivo Fashion B.E.S.T e il patrocinio di Camera Nazionale della Moda, restituisce la centralità dell’arte alla moda. «Noi siamo abituati ad una moda che perde valore nel tempo – racconta Tiziano Guardini – Così perdono valore anche la creatività, le materie prime, le persone e le risorse. Questo non avviene nell’arte. Perché non considerare la moda un’arte? D’altronde, gli sforzi per la realizzazione di un abito sono i medesimi: non è mai la cosa, ma il come l’oggetto viene creato». 

«Con Fashion to Reconnect – prosegue Tiziano Guardini – abbiamo voluto riportare la centralità dell’arte alla moda. Abbiamo quindi operato una selezione di brand e designer tra Maison affermate come Missoni, Armani o Diesel, e brand emergenti come Marcello Pipitone, Fade out Label e Oh Carla. I lavori sono esposti su strutture metalliche intrecciate che restituiscono l’impressione di figure danzanti, di movimenti in libertà, di una moda concepita in un contesto libero. L’installazione posta al centro fa riferimento alla geometria del nastro di Möbius: una pannellatura di tessuto jersey che disegna idealmente un nastro infinito. Ne risulta un’architettura interna di forma concentrica che, supportata da un uso specifico di luci e ombre, si presenta come un’opera aperta».

Rispetto al significato del termine sostenibilità, Tiziano Guardini rimarca «Mi viene in aiuto una riflessione del saggista e botanico Stefano Mancuso. Egli sostiene che per produrre bisogna osservare e disegnare come la natura. La giacca di Blandi è stata realizzata in nylon rigenerato, e pertanto ha in sé il valore della rigenerazione. Il pezzo di Missoni è d’archivio e ha in sé l’idea di mantenere sulla catena del valore una creazione, un’opera che ha valore nel tempo in maniera illimitata. L’abito da me realizzato è in seta Ahimsa, che in sanscrito significa ‘senza nuocere’. La seta tradizionale prevede che il bozzolo venga fatto bollire con il baco all’interno, ponendo così fine ad una vita. In questo caso si attende che il baco diventi farfalla per raccogliere i bozzoli ormai abbandonati».

Arte al Centro 2023 con Tiziano Guardini

Arte al Centro, la rassegna culturale promossa da Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, è giunta quest’anno alla sua venticinquesima edizione. Il pannello di esposizioni, dibattiti e seminari presentato dalla fondazione intende rispondere ad un fondamentale quesito: «In quali modi può l’arte porsi al centro di processi di cambiamento sociale fondati sulla responsabilità?»

Tra le mostre inaugurate a Biella lo scorso 25 giugno, Fashion to Reconnect, a cura di Tiziano Guardini, si ispira al concetto di equilibrio dinamico del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto – definito dall’artista come «la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la natura» – presentando una selezione di abiti e oggetti moda nella forma di opere d’arte. I cumuli di stracci della Venere di Pistoletto vengono riproposti da Junk-Armadi pieni, la serie ideata da Matteo Ward e co-prodotta da Will Media e Sky proiettata presso la fondazione. Tra le video installazioni presenti si conta inoltre Fashion for Forest, realizzata dall’attrice premio Oscar Michelle Yeoh. Moda, arte e produzione etica informano anche la terza edizione di CirculART, l’iniziativa che vede coinvolte aziende, artisti e designer a ispirare e dare forma visiva a modalità alternative di produzione. 

 La nascita della Venere di Stracci di Michelangelo Pistoletto 

È il 1967 quando Michelangelo Pistoletto acquista presso un rivenditore di statue da giardino una copia in cemento della Venere del Pomo, opera dello scultore neoclassico danese Bertel Thorvaldsen. Thorvaldsen si era ispirato a sua volta all’Afrodite Cnidia di Prassitele, prima rappresentazione di un corpo femminile nudo nel contesto dell’arte greca, databile al 360 a.C. Pistoletto porta il nuovo acquisto nel suo studio e lo pone a sorreggere un mucchio di stracci che egli utilizzava per pulire i vetri. All’unità della statua, rappresentativa di un’ideale di bellezza che la Grecia classica ha eternato nelle sue opere, si oppone il molteplice nella forma di una montagna di stracci. Lo sguardo di Pistoletto coglie la contraddizione e, dal caso, nasce la Venere degli Stracci

Consumismo, corruzione, emarginazione – gli stracci – di contro a purezza, armonia e incorruttibilità – la Venere – sono traghettatori di una critica alla società, alle mode e ai tempi che avanzano rapidi. La velocità con cui i beni di consumo sono comprati, utilizzati e sostituiti produceva una montagna di stracci nel 1967 e continua a farlo oggi: «[…] la ragione per la quale questa opera è diventata iconica […] di una nostra contemporaneità, del nostro tempo – sostiene Michelangelo Pistoletto – è dovuto al fatto che ci sono ‘gli stracci’, ma non solo. Vi è il senso di un’epoca che sta consumando, consumando la realtà, consumando tutto quanto, in base ad una fenomenologia consumistica. Allo stesso tempo, però, vi è pure quella bellezza che tutti si attendono dall’opera d’arte, rappresentata dalla donna, incarnata sin dalla classicità nella Venere». 

Da Germano Celant, l’Arte Povera: il rifiuto dell’oggetto come mezzo di consumo

L’Arte Povera, la corrente artistica fondata nello stesso 1967 da Germano Celant, vede nella Venere degli Stracci uno dei suoi emblemi. Contrariamente a quanto si può pensare, l’Arte Povera si definisce tale non tanto e non solo per l’utilizzo di materiali umili e ‘anti-artistici’, quanto per il rifiuto dell’oggetto come mezzo di consumo. Dunque, l’Arte Povera non è vincolata alla creazione di oggetti artistici, ma piuttosto a quello che l’artista pensa, per tradurlo in modo diretto in un’opera che non ha mercato. A distanza di oltre cinquant’ anni i temi di cui la Venere degli Stracci e l’Arte Povera sono portatori sono il punto di partenza dell’ultimo progetto di Michelangelo Pistoletto: Arte al Centro 2023.

Stella Manferdini

Venticinquesiama edizione, Arte al Centro 2023, Città dell_arte, Fondazione Pistoletto
Venticinquesiama edizione, Arte al Centro 2023, Città dell_arte, Fondazione Pistoletto

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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