L’inquinamento globale è causato per il 10% dal settore della moda: una delle percentuali più alte, dopo il settore petrolifero: interviene Alessandro Lovisetto per Artknit Studios
Rischi e opportunità della tracciabilità e della trasparenza della filiera
«Il rischio è che a volte il dato che mettiamo a disposizione – seppur matematico scientifico – non catturi tutti i benefici che il prodotto dà – spiega Alessandro Lovisetto, fondatore di Artknit. Una lana tracciata, certificata e lavorata nella valle del biellese nel raggio di dieci km: questa forma di tracciabilità e di calcolo che noi mettiamo a disposizione non riesce a raccontarne la reale qualità e lo sforzo che è stato fatto per crearla. Ci sono limiti a livello accademico. Alcuni standard non sono tracciati, come l’impatto post-utilizzo. Ci sono rischi che non si riescono a trasmettere iscritto».
«La filiera non è ancora pronta, tanti i laboratori e i partner con cui ci siamo approcciati ci hanno chiuso la porta, perché non sono disposti a condividere informazioni sulla loro filiera. Hanno paura che un competitor o il mercato possano avere una sorta di manipolazione di queste informazioni o rubare qualche segreto. Questo è un rischio che esiste, ma per noi non è pareggiabile al beneficio che garantisce. Questo è un messaggio che stiamo cercando di trasmettere a tutti i nostri partner».
Gli strumenti per combattere l’inquinamento ambientale causato dall’abbigliamento
L’abbigliamento rappresenta il 10% dell’inquinamento globale: è la percentuale più alta dopo il settore petrolifero. Un’economia basata sul consumo, sia nel lusso sia nella moda veloce. Negli ultimi due anni le abitudini dei consumatori sono cambiate, tanto che alcune multinazionali stanno cercando di allinearsi e di implementare strategie concrete.
«Bisogna avere un controllo totale e valorizzare le materie con cui si lavora. Abbiamo detto di no a ogni tipologia di composizione che non fosse naturale. Il 35% dell’inquinamento oceanico è dovuto dal rilascio delle microplastiche. Portiamo avanti un tema di slow production, quindi anche il Made To Order, nonché la possibilità di testare dei prodotti tramite i servizi di produzione fatti su richiesta; evitando di eccedere nella produzione e creare sprechi di magazzino», prosegue Alessandro Lovisetto.
Il cambiamento deve avvenire a partire degli stakeholder, i quali devono riappropriarsi del proprio ruolo di guida, abbandonando la posizione di porgitori di prodotto al pubblico. Le Maison, ma allo stesso modo anche le multinazionali, nell’ultimo decennio hanno risposto alle richieste di mercato, trasformandosi in seguaci della propria clientela.
Dal crollo del Rana Plaza a Savar al Movimento Moda Responsabile
Il 24 aprile del 2013 una parte dell’edificio commerciale Rana Plaza a Saivar, in Bangladesh, crollò. È il più grave degli incidenti accaduti in una fabbrica tessile, causò 1.134 vittime e più di 2.000 feriti. Da quel momento in poi hanno preso forma iniziative e movimenti per diffondere messaggi di sensibilizzazione per far conoscere a quante più persone possibile le modalità in cui erano, e in alcuni casi sono, costretti a lavorare migliaia di operatori del settore tessile. A dieci anni dalla tragedia, Artknit Studios e altri brand che hanno come punto fondante della propria filosofia d’azione il concetto di sostenibilità hanno fondato il Movimento Moda Responsabile.
Un nuovo paradigma per la moda: Artknit Studios
Artknit Studios è stata fondata nel 2019 a Biella da Alessandro Lovisetto. «È un’unione di tre pilastri: l’artigianato, il tessile, la sostenibilità. Volevo intercettare il mondo di mezzo, dove il lusso non è accessibile e dall’altra parte un’alternativa sostenibile al fast fashion non è evidente». Lovisetto ha messo in relazione micro-manifatture italiane sparse sul territorio e una materia prima naturale, tracciata e a chilometro zero, con la volontà di creare abiti duraturi.
Micro-produttori, materie prime e certificazioni: il territorio italiano
«Gli artigiani sono sparsi su tutta la penisola. Ne abbiamo due in Lombardia, uno in Veneto, due in Emilia-Romagna, tre in Puglia, uno in Umbria, poi nelle Marche. Abbiamo cercato di lavorare con gli specialisti di ogni lavorazione». Per garantire la tracciabilità di ogni capo e la trasparenza su tutta la filiera, il focus dell’azienda è sempre stato quello di utilizzare materie prime di filature che potessero garantire il basso impatto ambientale dei materiali:
«Bisogna definire se un filato è idoneo alla produzione. Attraverso un’analisi che si chiama Life Cycle Assessment (ndr Analisi del ciclo di vita), tramite una strumentazione, andiamo a misurare l’impatto ambientale che questo prodotto avrebbe in termini di CO2 e in termini di acqua utilizzata. Questo è una valutazione in cui capiamo in una prima battuta se questo prodotto idoneo o non idoneo a seconda dei nostri standard e obiettivi».
Le certificazioni, come la GOTS – Global Organic Textile Standard e l’OEKO TEX, devono garantire un basso impatto ambientale definendo le norme di lavorazione tessile, includendo anche l’impatto che questi hanno sulla salute del consumatore a partire da criteri ambientali e sociali. «L’obiettivo finale, è che sia un capo che abbia una tracciabilità e che abbia una certificazione che garantisca quello che noi ci siamo imposti di comunicare e che certifichi anche che quello che stiamo misurando ha un documento che lo possa garantire».
Impact Report 2022 e Renoon
«Questo del 2022 è il nostro secondo Impact Report. Siamo una società benefit dal 2021. Quest’anno abbiamo iniziato a parlare di come ridurre i consumi di acqua e minimizzare gli sprechi durante la filiera; dell’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 dei nostri fornitori; di come li monitoriamo e quali sono gli obiettivi per il 2026 – 2027. L’analisi è un momento intenso, perché vengono fatti studi e ragionamenti; per noi è un respiro di sollievo perché poi quando tiriamo le somme sulle varie tabelle che facciamo rispetto agli obiettivi ci rendiamo conto che siamo nella direzione giusta, qualche volta inconsapevolmente perché sono obiettivi difficili da tracciare» spiega Lovisetto.
Artknit Studios è presente su Renoon, piattaforma e-commerce che offre informazioni all’utente sull’etica aziendale del brand e guida in acquisti consapevoli. Lovisetto racconta: «Con Renoon abbiamo una collaborazione attraverso cui, grazie alle loro tecnologie e tramite il nostro gestionale, riusciamo a garantire la trasparenza di tutti i passaggi della filiera a nostra conoscenza. Il cliente finale può andare a vedersi tutte le varie certificazioni, tutti i passaggi che ha fatto la materia prima per arrivare all’artigiano, i vari lifestyle con assesment che sono stati fatti sulla materia prima. Diamo tutte queste informazioni, coadiuvate da varie spiegazioni che arrivano al cliente finale che vuole essere sollecitato, sensibilizzato e indirizzato su queste tematiche».
Il futuro di Artknit
«Le fibre naturali sono un punto di partenza, però la sfida è creare un business model che sia circolare nella sua totalità. Il digitale resta l’approccio primario». L’Italia il punto di partenza: «il territorio è pronto, ha gli strumenti che servono».