Il contesto in cui prende vita il progetto musicale del duo siciliano – Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina – è quello della protesta, dell’occupazione, dell’impegno civile
Il duo siciliano de La Rappresentante di Lista – Veronica Lucchesi e. Dario Mangiaracina – racconta l’impegno politico
Il pop de La Rappresentante di Lista non è spensierato. Come suggerisce Dario, è «pensierato, anche troppo». Il contesto in cui prende forma e vita il progetto musicale del duo siciliano – la cantante, attrice e autrice Veronica Lucchesi e il polistrumentista, autore e produttore Dario Mangiaracina – è quello della protesta, dell’occupazione.
Dario racconta: «Eravamo, da mesi prima delle occupazioni, nel giro del Teatro Valle, dei centri sociali e dei laboratori che ruotano attorno ai lavoratori dello spettacolo. Quando c’è stato da riaprire il Teatro Garibaldi di Palermo siamo intervenuti – sottolineo che era un teatro chiuso e che noi lo abbiamo riaperto, non occupato – ed è ancora chiuso: dopo 10 anni non si sono ancora messi d’accordo sulle nomine. Lo usano solo per alcuni eventi, tra cui feste di compleanno. Ci sono state diverse occupazioni in città, dai precari dello spettacolo ai cantieri culturali. Questo gruppo si era mosso fino a unirsi ai collettivi che avevano riaperto il Valle. C’era Macao, c’erano vari collettivi da Napoli. Noi eravamo lì».
Galeotta fu l’occupazione, che per prima ha aperto a Dario e Veronica una finestra su un mondo fino ad allora sconosciuto: la musica fatta da musicisti veri. «Abbiamo avuto un imprinting. Ci dicevamo: “Ma loro fanno davvero i musicisti!” Perché noi facevamo soprattutto teatro e la musica per noi era robetta». Ironico, soprattutto perché, per fare un esempio, sono finiti nella serie sorrentiniana The New Pope grazie alla loro musica nella colonna sonora e non in veste di attori. «Come attori sarebbe stato difficile arrivarci» ride la cantante del duo. «Facevamo teatro indipendente. Per le produzioni così grandi non si fanno i casting nei teatri da cinquanta persone. Il bello di Sorrentino è che ha sempre scovato delle chicche nelle sue colonne sonore. Attraverso la sua selezione ho scoperto gruppi e progetti».
La Rappresentante di Lista: il teatro e la musica – mentre esce il singolo Paradiso, che anticipa nuovo materiale discografico in uscita quest’anno
La Rappresentante di Lista ha da poco rilasciato il singolo Paradiso, che anticipa nuovo materiale discografico in uscita quest’anno. La carriera nel teatro indipendente potrà mai riprendere, seppur in via parallela rispetto a quella musicale, oppure è un capitolo chiuso e la componente teatrale è stata semplicemente traslata e tradotta nel progetto LRDL? «L’abbiamo portata nel nostro progetto musicale, soprattutto per via di un certo tipo di cura nel dettaglio, nella prossemica delle persone sul palco, nelle scenografie e nei costumi. Nel pensare allo spettacolo con una sua drammaturgia interna», spiega Veronica. «Dario ha ripreso un pochino col teatro, con quei progetti che vivono soprattutto dello stesso tipo di teatro fisico che facevamo all’epoca. Si metteva in scena tanto corpo, testi originali e tipi di scritture nuove. Non grandi classici riscritti in chiave contemporanea. Io invece non lo so. Per il momento mi ha divertito partecipare a un progetto come quello del film di Margherita Vicario, Gloria!, per la storia raccontata. Per ora non mi precludo nulla».
Secondo Dario, il teatro di ricerca è una trappola, ti porta a discutere di dettagli minuscoli. «È teatro per il teatro e per nient’altro. Non c’è una dietrologia su scelte come luci e movimenti, c’è semplicemente l’estetica teatrale del gruppo o del regista. Dopo 8 ore in uno spazio chiuso a capire con altre 10 persone come tenere in mano un bicchiere, viene naturale chiedersi “Ma io che sto facendo?” È quella la trappola».
Lo stato del teatro italiano secondo La Rappresentante di Lista
Da lì a chiedere a Dario, che tra l’altro ha una laurea in Medicina, qual è lo stato di salute attuale del teatro in Italia, è un attimo. «Non serve essere dottori per parlarne. Ho ripreso a fare teatro da sei mesi appena. Da quello che percepisco, il teatro rispetto alla musica ha un giro di affari molto più piccolo, in termini di biglietti venduti. Non puoi fare nemmeno il Fabrique a Milano con uno spettacolo teatrale. Hai molto più bisogno di finanziamenti pubblici, stanziamenti. Ero molto informato dieci anni fa quando ero nel sistema teatrale, oggi lambisco il teatro da musicista. Ci sono piccoli spazi che faticano a stare in piedi. A Palermo ci sono dei teatri off (quindi una capienza di un centinaio di persone) che ospitano festival come Mercurio, Santarcangelo, Kilowatt. Resistono e in qualche modo si stanno rinnovando».
A galleggiare meglio sono gli immanicati. Si resiste, e forse un nuovo RInascimento musicale è possibile. «Mi piacerebbe prima o poi assistere all’emergere di una nuova scena musicale, con nuove etichette e nuovi spazi. Io ormai a 39 anni potrei soltanto assistere, però mi piacerebbe vederlo succedere. Mi sembra che ormai si sia tutto troppo fossilizzato su un unico canale. È come se festival, radio, tv, etichette raccontassero tutti la stessa storia. Sarebbe bello avere voci fuori dal coro. Così come lo eravamo noi nel 2014/2015 quando abbiamo firmato con Garrincha Dischi. Era l’emblema delle etichette indipendenti insieme a Tempesta Dischi, 42 Records, Bomba Dischi. Io manco ci pensavo alla possibilità di firmare con Sony o Warner. Il bello ora sarebbe testare l’underground, andare alla ricerca dei germogli e non delle fronde e dei frutti».
In Italia mancano spazi urbani di aggregazione?
A impedire in primis una rinascita dell’underground è la mancanza degli spazi urbani di aggregazione, forse. I cosiddetti spazi pubblici autogestiti e/o occupati dove i giovani possono davvero essere giovani senza che un adulto/gestore/buttafuori eserciti una forma di controllo e sorveglianza. Si citava Macao, uno spazio occupato che è stato per una decina d’anni la fucina dell’attività culturale di Milano sud ed est, ma che poi è inesorabilmente finito in mano ai palazzinari.
«Hanno chiuso un sacco di locali dove tutte queste cose di cui stiamo parlando si concretizzavano», aggiunge Veronica. «Pensare che esistano le piazze e i social network è tutta un’altra cosa. L’esperienza fisica che si fa in un luogo di aggregazione è qualcosa che ti risveglia, ti libera dal torpore della vita e ti scuote. Ti stimola, ti fa cambiare idea».
La Rappresentante di Lista sul teatro dell’ariston – l’esperienza a Sanremo è rischiosa
A proposito di teatri, quello dell’Ariston a Sanremo ha contribuito alla crescita del nome La Rappresentante di Lista. Ora che Carlo Conti ha rimpiazzato Amadeus, finisce un’epoca a cui i nostri due artisti guardano con commozione. «La mamma del nostro amico Mattia è la capo sarta dell’Ariston. Ci siamo subito sentiti a casa. C’era la mamma di un nostro amico ad accoglierci e farci sentire a nostro agio. Ci sentivamo protetti, ci dicevamo che questo mondo mainstream non ci avrà mai. Anche a certi personaggi non volevamo avvicinarci. Poi abbiamo preso confidenza. Un po’ l’abbiamo amato, un po’ l’abbiamo odiato».
«Sono felicemente sazio di Sanremo» dice Dario. «Ci ha dato molto» continua la cantante. «Allo stesso tempo, com’è proprio della televisione, mostra soltanto un piccolo aspetto di te – ed è ciò che mi ha sempre spaventato un po’. Rischia di trasformarti per sempre in un’unica cosa, magari una che non ti rispecchia in pieno. Siamo riusciti a mostrare altro. Chi veniva ai nostri concerti si rendeva conto dell’identità multiforme che abbiamo».