Milano

Semi di canapa in altitudine per la produzione alimentare

Essiccazione per ore e spremitura a freddo per non disperdere le proprietà. Come si tratta questa pianta a circa 400 metri di altezza – Dolomiti Canapa e Canapalpino

Coltivazione di canapa in collina e in montagna

Elisa Colle è titolare dell’azienda agricola Dolomiti Canapa in un paese non lontano da Belluno. Circa sessanta anime fra i 400 e i 500 metri. Coltiva la canapa dal 2016 su un terreno limitato ma fertile, circa un ettaro. «Abbiamo scelto la riva destra del Piave perché c’è più sole e il suolo è più caldo. La parte restante è dedicata alle produzioni tipiche del territorio, come fagioli e patate». Il contesto collinare, spiega Elisa, può aiutare: «Per difendersi dalle escursioni termiche la canapa emette resina, che a sua volta conferisce più gusto ai prodotti. Al tempo stesso questa tipologia di coltura può portare benefici ai terreni abbandonati o lasciati a prato, liberandoli dagli infestanti per le successive coltivazioni». Teme però la pioggia e i conseguenti ristagni di acqua in fase di semina. «O marcisce o arriva al massimo a trenta centimetri, e poi non cresce più. È inoltre molto sensibile al sole: raggiunge il culmine della maturazione intorno al solstizio d’estate. Se non lo fa in quel periodo non lo farà dopo, perché è in quel tempo che arriva al suo massimo».

Canapa: pianta da fibra e pianta drogante

Fibra altissima – raggiunge fino ai due metri e mezzo, tre – la Cannabis sativa L. (nome scientifico della canapa) è seminata a metà maggio e raccolta in settembre. Elisa Colle la utilizza per creare prodotti alimentari, per i quali sono necessari i semi. Ecco perché predilige una varietà monoica, che ne è più ricca – è provvista sia di semi maschili sia femminili, a differenza di quella dioica, che è prevalente in termini numerici. L’infiorescenza femminile, si legge nelle Linee guida per la canapa da estrazione redatte da Federcanapa e Agrinsieme, si presenta come un aggregato compresso di brattee e fiori, ma anche pistilli e piccoli rami. Sono le infiorescenze a produrre una particolare resina oleosa costituita da due sostanze prevalenti: cannabinoidi e terpeni. I primi hanno caratteristiche farmacologiche e nutraceutiche. Ne sono stati individuati circa 100, suddivisi in 11 sottoclassi. Fra questi, due sono considerati stupefacenti: Δ9 -THC e Δ8 –THC. Nel campo di quelli ritenuti innocui il più conosciuto è il CBD, di cui sono state sottolineate le proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e antiepilettiche. È proprio il rapporto fra CBD e THC all’interno dell’infiorescenza che permette di distinguere fra una pianta da fibra e una a pianta drogante. Nello specifico la prima deve avere un tasso molto basso di THC: in Europa deve essere pari allo 0,2%. Se ha una percentuale maggiore è considerata pianta drogante. I terpeni sono invece sostanze volatili situate nella parte superiore del vegetale, all’apice. Sono responsabili del suo profumo. Federcanapa e Agrinsieme ne citano le proprietà farmacologiche in particolare se usati insieme ai cannabinoidi.

Dolomiti Canapa Belluno

Elisa Colle raccoglie solo la parte apicale (dove ci sono i semi, appunto) lasciando il canapulo a terra. «Non lo tocchiamo perché può essere utile a una cartiera artigianale non lontano da qui». Il raccolto è in seguito ripulito e poi lasciato essiccare per almeno tre giorni. «Se c’è bel tempo stendiamo un telo e lasciamo che sia il sole a compiere il processo. Per il prossimo futuro vorremmo invece prendere un essiccatore, così da raddoppiare il quantitativo di semi che raccogliamo e arrivare a due ettari di terreno. Ogni anno ne recuperiamo circa 300 – 350 chili». Una volta colti li si pone in grandi sacchi per farli decantare. Tutti processi necessari, spiega Elisa, per togliere l’umidità ed evitare le muffe che renderebbero rancido l’olio o danneggerebbero i prodotti. «Al momento della raccolta si registra circa il 18 o 20% di umidità, che deve scendere fino al 10%. Questo è considerato il livello di sicurezza». Della spremitura si occupa la società agricola Moldoi, distante circa 30 chilometri, che si fa carico anche del filtraggio e del successivo confezionamento. «Sono molto attenti alle temperature: il processo deve essere compiuto a freddo. I semi sono inseriti in un particolare macchinario che estrae l’olio e al tempo stesso riduce i semi in farina», spiega Elisa. Da 100 chili di semi se ne ottengono circa 70 di farina e 20 di olio. Quest’ultimo è il punto forte della produzione di Dolomiti Canapa. Nel febbraio 2021 ha ottenuto il secondo posto in occasione del concorso nazionale promosso da Fracta Sativa UniCanapa. «Ha un sapore più forte dell’olio di oliva ma è molto gradevole. Il nostro è ottenuto da una varietà francese molto profumata, la Futura 75. È ricco di Omega 3 e Omega 6». La farina è impiegata per realizzare prodotti da forno, come crackers, focacce, grissini e biscotti. «Ha un contributo di fibra pari al 20% ed è molto proteica». Si produce anche la pasta: le fettuccine, per esempio. Realizzate in collaborazione con due pastifici della zona unendo canapa a semola di grano duro. Più recente invece la creazione di una linea di saponi, lavorati a freddo per consentire all’olio di mantenere le sue proprietà organolettiche.  Sono prodotti insieme a un laboratorio artigianale del Parco Delle Dolomiti Bellunesi. «Quest’anno abbiamo inoltre avviato una linea cosmetica: crema viso, crema occhi e crema arnica». Tutte a base di olio di canapa mischiato ad altri ingredienti.

La trebbia modificata di Diego De Bona per essere delicata nella raccolta di ogni tipo di seme

La storia di Canapalpino

Tra i rivenditori di Elisa Colle c’è anche Canapalpino, rete di negozi fra Bribano di Sedico, Feltre e Belluno. Avvia i primi passi fra il 2006 e il 2007, poi procede a pieno ritmo dal 2016, quando il titolare Marco Dalla Rosa decide di iniziare anche la coltivazione della fibra stessa nei terreni della zona. «Abbiamo una filiera cortissima. Coltiviamo, raccogliamo, essicchiamo e lavoriamo i semi massimo a quattro chilometri di distanza. Tutto nei comuni circostanti», spiega. La loro sede principale è Sedico, 600 metri di altezza nell’area di Belluno. Usano la canapa per scopi alimentari, dalla farina ai prodotti da forno. L’olio è un’eccezione: «I cornetti, i creakers, la pasta ecc contengono una quantità di canapa pari al 5 o all’8%. Invece l’olio è interamente ottenuto dalla spremitura a freddo dei semi. Perciò ha più proprietà che non si disperdono e che lo rendono benefico per alcuni problemi di salute», prosegue. Mettono a coltura circa due ettari all’anno. È difficile ottenerne di più: «ll problema del territorio è proprio la ricerca di appezzamenti di terreno ampi. Si fa molta fatica a ottenerli, perché c’è la tendenza a privilegiare la monocoltura del mais, che ha un valore fisso a ettaro, mentre il risultato finale della canapa è più imprevedibile. Il mercato nazionale apprezzerebbe molti prodotti a base di questa fibra e provenienti dalla montagna. Non potrei neanche proporli perché, a causa di una ridotta disponibilità di terreno, non avrei una sufficiente quantità di semi», continua Marco. «La filiera non è mai stato un ostacolo: bastava crearla. Cosa che abbiamo fatto».

Terreno, raccolta ed essiccazione della canapa

Federcanapa e Agrinisieme forniscono alcune indicazioni su come preparare i terreni che ospiteranno le colture di canapa. Prima di tutto è necessario svolgere un adeguato amminutamento, l’operazione che si esegue dopo l’aratura. Consiste nella frantumazione delle zolle, che per questa coltivazione deve essere molto fitta, rendendo il suolo quasi polveroso. Il seme della canapa ha infatti dimensioni ridotte e si semina a una profondità di circa 1,5 – 2 centimetri. È inoltre molto importante garantire l’assenza di ristagni idrici grazie a un buon drenaggio perché, come detto in apertura, possono causare perdita di germinabilità (cioè: i semi rischierebbero di non germinare e di non crescere). La canapa, si legge nelle linee guida, è molto resistente alle infestanti. Per questo non sono considerati obbligatori geodisinfestanti o antiparassitari. La raccolta avviene fra settembre e ottobre a seguito della fioritura, di norma estiva. Bisogna svolgere un controllo sulla presenza dei cannabinoidi durante la crescita della pianta: sarà il monitoraggio di questi ultimi a indicare quale sia il momento più adatto. La percentuale di cannabinoidi cambia durante le diverse fasi di sviluppo: nella prima raggiungono la massima quantità, nella seconda si stabilizzano (non aumentano e non diminuiscono), nella terza scendono progressivamente. Il controllo avviene con prelievi settimanali all’inizio della fioritura e più frequenti – 2 o 3 giorni – verso la fase finale.

Essiccazione della canapa

Da non trascurare poi l’essiccazione, che va svolta – spiegano Federcanapa e Agroinsieme – con macchinari ad aria forzata e dedicati esclusivamente alla canapa. La temperatura non deve superare i 46 gradi C e il ciclo di lavorazione si assesta attorno alle 48 ore. L’umidità dei semi dovrebbe essere pari al 10%. I parametri possono tuttavia cambiare in base alle modalità operative degli essiccatori stessi. Si sta inoltre pensando a una nuova possibilità: la liofilizzazione criogenica, cioè la surgelazione del prodotto seguita da essiccazione sottovuoto. Al momento è in fase di studio.

Elisa Cornegliani

Elisa Cornegliani

Nasce a Pavia, si sposta a Milano. Dopo un anno a Helsinki si laurea in lettere e frequenta la scuola di giornalismo Walter Tobagi. Scrive per Il FattoQuotidiano.it e per D Repubblica. Ha lavorato anche per Radio in Blu e Newsmediaset. Per Lampoon si occupa di floricoltura, materiali e laboratori extratessili.

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