A metà tra il mondo chimico-farmaceutico e l’artistico-creativo, gli artigiani, i nasi e chi sa legare le migliaia di materie prime ad acqua e alcol. Intervista ad Ambra Martone, il Premio Accademia del Profumo al Teatro Strehler
Profumi, materie prime, chimica e sostenibilità dell’industria profumiera
Un profumo occorre saperlo fare: sta a metà tra il mondo chimico-farmaceutico e l’artistico-creativo. In mezzo ci sono gli artigiani, dal naso profumiere a chi sa legare insieme le migliaia di materie prime e mischiandole poi ad acqua e alcol. Ambra Martone, Presidente dell’Accademia del profumo e Vicepresidente ICR – Industrie Cosmetiche Riunite: «Prima della qualità del prodotto, data per scontata soprattutto nel mercato della profumeria artistica, c’è il valore della sostenibilità. Va ricordato che la profumeria è sostenibile sia nella sua versione naturale che chimica. I buoni profumi sono fatti sia di natura che di chimica. In laboratorio è possibile creare molecole chimiche che permettono di ottenere odori che non sarebbero estraibili dalla natura. Di sezionare uno specifico odore, magari composto da varie molecole, e di crearne di nuovi. A livello olfattivo in una fragranza ci sono quindi mille materie prime. Quelle naturali sono estratte per distillazioni – e otteniamo gli oli essenziali – oppure per estrazione da solventi, con cui otteniamo l’assoluta, con cui si ottiene la massima concentrazione di profumo. Un fiore d’arancio risulterà diverso se estratto per distillazione o tramite solventi».
ICR – Industrie Cosmetiche Riunite, da Roberto Martone a Ambra Martone, vicepresidente ICR e presidente dell’Accademia del Profumo
Nel 1975 in Italia nasce ICR – Industrie Cosmetiche Riunite S.p.a. Alla guida c’è Roberto Martone, che raccoglie le redini dell’azienda fondata dal padre Vincenzo, Marvin. Inizialmente specializzata in farmaceutica, negli anni si era allargata al campo della cosmetica e delle fragranze. Martone ha una visione: creare profumi di gamma per i marchi di moda. Andando a ripristinare, di fatto, il primato italiano in questo settore. Già negli anni Ottanta lavora con Versace, Balestra, Trussardi. Oggi continua a farlo, nel capannone dell’ICR affacciato sulla provinciale che da Lodi porta a Boffalora d’Adda. L’artigianato Made in Italy nell’industria profumiera: ancora oggi non esiste altro Paese in grado di competere con la Francia.
Ambra Martone: il Premio Accademia del Profumo 2023 al Teatro Strehler
Vicepresidente di ICR è Ambra Martone, figlia di Roberto: il profumo – come racconta – lo porta nel nome. «I primi regali che ricordo erano gli scatoloni pieni di profumi che papà portava a casa». Nel 2019 è stata eletta presidente dell’Accademia del Profumo, fino al 2022. Poi è stata riconfermata per un nuovo triennio. Tra i suoi obiettivi c’è quello di «uscire dalla torre d’avorio» tipico del settore: «Abbiamo scoperto che i consumatori sono sempre più interessati al profumo, anche di nicchia, alla sua storia e alle tecniche di realizzazione».
L’intento dell’Accademia, più che commerciale, è di «promuovere il valore culturale del profumo». Per farlo, Martone ha deciso di portare il profumo fuori da laboratori e boutique e mischiarlo con le altre arti. Nelle ultime edizioni dell’annuale Premio Accademia del Profumo, l’assegnazione dei riconoscimenti alle fragranze migliori è stata accompagnata ad esempio alla musica e al cinema. È stato così nel 2021, con una cerimonia con la prima ballerina del Teatro alla Scala, Virna Toppi, e nel 2022, con la creazione di un cortometraggio ispirato alla commedia italiana e la partecipazione di Alessandro Roia.
Martedì 26 settembre al Teatro Strehler di Milano la 34esima edizione del Premio. Questa volta si è scelto il teatro: «Ognuna delle diverse arti teatrali ci aiuterà a introdurre le varie categorie del Premio. Musica, danza, acrobazia, magia, recitazione. Partecipano Neri Marcorè, Maria Pia Timo, i Sonics, gli Acrobalance, il Mago Casanova, Dora Diamanti», spiega Martone. Lo spettacolo – fino a oggi solo su invito – questa volta è aperto a tutti, con donazioni da 10 a 50 euro per poltrona. il ricavato è devoluto alla Onlus La forza e il sorriso, per finanziare le ricerche contro il cancro promosse dalla Fondazione Umberto Veronesi.
Milano Beauty Week e l’Accademia del Profumo
Alcuni premi sono suddivisi tra maschile e femminile: profumi dell’anno, miglio creazioni olfattive, miglior packaging, miglior comunicazione e miglior profumi Made in Italy. Altri sono senza genere: miglior profumo collezione esclusiva grande marca, miglior profumo artistico marca affiliata, miglior profumo artistico marca indipendente, miglior profumazione ambiente. Quest’anno, il Premio inaugura la Milano Beauty Week, iniziativa di Cosmetica Italia – a cui fa capo anche l’Accademia del Profumo – arrivata alla sua seconda edizione e dedicata «alla valorizzazione del settore cosmetico per il Paese e alla sua rilevanza economica e sociale».
Profumi migliori – contano odori ed educazione olfattiva, ma è una questione soggettiva
Nel mondo dei profumi non c’è giusto o sbagliato. Non potrebbe essere altrimenti. Una fragranza non è nemmeno mai uguale a se stessa, perché cambia a seconda del ph della pelle di chi lo indossa: i nostri odori nascono anche da cosa mangiamo, cosa sudiamo. Come si fa allora a dire che un profumo è migliore di altri? «È difficile, siamo nel regno del soggettivo. Non esiste un linguaggio comune. I profumi che diventano classici, a livello numerico, hanno toccato corde che sono in ognuno di noi, archetipi infantili. Varia a seconda delle percezioni culturali, i bestseller sono diversi da Paese a Paese del mondo. C’è un’educazione olfattiva a cui siamo stati abituati, come con la bellezza», riflette Martone.
Le materie prime della profumeria, dal bergamotto di Calabria all’iris
Nel 2020, in occasione dei suoi 30 anni, l’Accademia del Profumo si era interrogata su quali fossero le materie prime, naturali e non, e le tendenze che hanno segnato la storia recente della profumeria. Degli anni Novanta si ricordano la molecola di sintesi Calone, quella che ha ricreato «l’idea del salino, del marino e dell’acquoso» ritrovata ne L’Eau d’Issey di Miyake, il cardamomo, il legno di cedro, il tè verde, le note muschiate. Nei 2000 spopolava l’oud, sbarcato in Occidente con M7 di Yves Saint Laurent: «Deriva dalla resina prodotta dalla pianta di Aquilaria quando viene infettata da un fungo. Per ottenere una fragranza più forte la corteccia va poi tagliata in pezzettini piccolissimi». L’iris, portato alla ribalta nel mondo dei profumi maschili con Dior Homme: «Lo chiamano fiore della pazienza, impiega dai tre ai quattro anni a sbocciare. Poi vanno fatti essiccare i suoi rizomi, le radici. Sono queste le parti profumate. Ci vogliono altri cinque-sei anni».
Le note olfattive degli anni 2020 – i legni, dice Martone, con «sfaccettature speziate ma fredde»
Sul decennio scorso spiccano i legni ambrati, molecole di sintesi che richiamano note legnose come quelle del Vetiver. Insieme a loro il Tripal® (IFF) e l’Esenolo -3-Cis, note verdi di ultima generazione. Il bergamotto: «È l’oro verde di Calabria, l’86% di tutte le fragranze lo utilizza nelle note di testa. Cresce solo da noi – le coltivazioni sono giardini e non campi – e non si butta via niente: i fiori per gli oli essenziali alle gemme, i rametti e i frutti non maturati per il Petitgrain». Quali allora le note olfattive di oggi? I legni, dice Martone, con «sfaccettature speziate ma fredde». Nota diffusa è «il pepe di Sichuan, capace di bilanciare il calore del legno con qualcosa di frizzante che resta molto a livello pelle».
Il profumo, da accessorio per sedurre alla sfera intima, cosa pensano i consumatori
Martone riflette anche sul valore che i consumatori danno oggi al profumo. «Rispetto a qualche decennio fa è tutto diverso. Dagli anni ’80 a oggi si è trasformato da un accessorio di moda per sedurre gli altri a un elemento per se stessi, un acquisto intimo: siamo passati dall’essere al sentirsi». E sul perché ancora oggi i profumi vengono associati all’idea di lusso: «Penso sia perché rimanda alla magia e all’arte. È un’opera d’arte, come lo è un vestito, ed è magico perché è fugace, ha la forza dell’intangibilità. Poi è potente: la memoria olfattiva quando scatta non chiede il permesso, un profumo ti resta dentro per sempre senza avertelo chiesto».
Tra le diverse tendenze nell’industria di oggi c’è quella del profumo personalizzato. Un punto su cui «bisogna fare educazione», spiega Martone. «Non c’è da fidarsi di chi promette una fragranza su misura per qualche centinaio di euro in qualche settimana o qualche mese. Quella del profumo è l’arte di saper mescolare centinaia di materie prime, ognuna con la sua volatilità, la sua evaporazione. Per fare un profumo ci vuole almeno un anno, senza contare il periodo di testing: è comunque un prodotto che sta sulla nostra pelle».
Ambra Martone
Nata del 1981, Ambra Martone è presidente dell’Accademia del Profumo e vicepresidente ICR. Dopo la laurea con lode in Economia alla Bocconi di Milano, tra il 2005 e il 2008 lavora in Firmenich a New York. Poi si sposta nella sede centrale di Procter & Gamble a Ginevra e dal 2014 nell’azienda di famiglia. È cofondatrice del marchio LabSolue Parfum, per le cui fragranze si utilizza solamente alcol di cereali di provenienza, ed è creative director del Magna Pars l’Hotel à Parfum di Milano.
Accademia del Profumo
L’Accademia del Profumo, iniziativa di Cosmetica Italia nata nel 1990 in collaborazione con Cosmoprof Worlwide Bologna. Negli ultimi tempi sta spingendo su attività educative e formative. Un primo progetto consiste in una borsa di studio, in memoria di Giorgia Martone, scomparsa prematuramente nel gennaio 2021, con cui ogni anno si premia uno studente universitario dandogli la possibilità, tra le altre cose, di prendere parte a un tirocinio in azienda. Il secondo progetto, in collaborazione con l’Istituto Marangoni di Milano, precede la creazione di due master per manager nel settore cosmetico e delle fragranze (uno in branding-licensing e l’altro in marketing). Partiranno a ottobre.
La storia del profumo è italiana – inizia con Caterina de’ Medici e con lei arriva in Francia
A lungo tempo li abbiamo associati alla Francia. Ancora oggi ne resta traccia nelle loro nomenclature, anche quelle prodotte in Italia: parfum, eau de toilette, eau de parfum. Così ci eravamo quasi dimenticati che era dall’Italia che i vicini d’Oltralpe avevano preso l’abitudine di indossare i profumi. Erano gli anni Trenta del Cinquecento. Caterina de’ Medici, andata via da Firenze dopo il matrimonio con Enrico d’Orléans, portava alla Corte di Francia l’usanza di profumarsi. Si trasferì con al seguito anche il suo Renato Bianco, maestro profumiere tra i più conosciuti di Firenze, dove le fragranze erano già diffuse tra tutte le dame dei più alti ranghi. Anche tra la nobiltà francese la nuova abitudine prende subito piede e da lì in poi iniziano a sbucare ovunque botteghe specializzate nella creazione di fragranze.