Per l’Amarone della Valpolicella, la dicitura Riserva si può usare dal 2010 – Luciano Begnoni introduce la Riserva 2015 di Cantina Santa Sofia, l’edizione limitata conta 3816 bottiglie
Luciano Begnoni introduce l’Amarone della Valpolicella, Riserva 2015
«A me piace la parola Riserva», dichiara Luciano Begnoni, proprietario dell’azienda Santa Sofia. Per l’Amarone della Valpolicella, la dicitura Riserva si può usare dal 2010. «Sin da piccolo andavo in Toscana e c’erano le riserve di Chianti. Pensavo che un giorno avrei fatto una riserva nella mia terra». Begnoni ha presentato l’Amarone della Valpolicella Riserva 2015 della cantina Santa Sofia, dopo otto anni di attesa.
L’Amarone della Valpolicella Classico Riserva 2015 di Santa Sofia è ottenuto dalle uve selezionate dei filari più vecchi del vigneto in Valpolicella Classica. Risale all’annata 2012 la prima Riserva. Begnoni decide di provare a vinificare separatamente l’uva dei filari più saggi dei vigneti storici per osservarne l’evoluzione e il potenziale di affinamento. Una linea inedita per Santa Sofia e un progetto che si ripete un anno dopo con la Riserva 2013. Oggi il vino icona della cantina torna in una nuova edizione limitata: 3816 bottiglie, con la Riserva 2015.
Cosa vuol dire Riserva quando si tratta di vini
Un vino sottoposto a un periodo di invecchiamento ulteriore rispetto a quello previsto dal disciplinare di produzione del vino stesso – almeno due anni per un rosso e un anno per un bianco – può dirsi Riserva. Solo ai vini che hanno il riconoscimento DOC e DOCG può essere riferita tale menzione. Il vino Riserva risulta più corposo, e con un più alto grado alcolico. Quando alla dicitura Riserva si aggiunge ‘Classico’ vuol dire che il vino proviene da territori originali e tradizionali di produzione del vino. ‘Superiore’ indica invece una maggiore gradazione alcolica rispetto a quella prevista nel disciplinare di produzione e un maggior periodo di invecchiamento.
L’Amarone Riserva 2015
L’annata 2015 si è distinta da un anticipo vegetativo. Un’annata da record, secondo il Consorzio Tutela Vini Valpolicella, sia per quantità sia per qualità, con vini corposi e longevi. L’abbondante piovosità all’inizio dell’estate, le temperature sopra le medie stagionali, l’estrema siccità ad agosto e le elevate escursioni termiche tra il giorno e la notte nel periodo della vendemmia, hanno favorito lo sviluppo ottimale dei grappoli. Dopo circa 100 giorni di appassimento, 5 anni in botti di Slavonia e 2 anni in bottiglia, tutte le note organolettiche risplendono e restituiscono un vino che svela profumi di rosa rossa, note speziate di torrefazione, pepe e cacao, con richiami balsamici. Dal colore rosso ciliegia intenso con dei riflessi granati, la nuova Riserva esprime al palato coerenza e maturità, con un finale lungo e persistente sorretto da una buona acidità e una trama tannica vivace.
L’Amarone Riserva 2015 è composto da grappoli selezionati di Corvina e Corvinone al 70% e di Rondinella per il restante 30% provenienti dai filari più vecchi della proprietà, nel cuore della Valpolicella Classica, nei comuni di Marano di Valpolicella, Fumane e San Pietro in Cariano, dove la famiglia Begnoni da più di 50 anni custodisce il vigneto storico di Santa Sofia, il Montegradella.
Il Recioto è nato per errore
Accanto all’Amarone, il Recioto. Non c’è vino migliore del Recioto per raccontare il territorio, spiega lo staff di Santa Sofia: «È un vino che produciamo dai tempi dei romani, ed è a causa di un errore di vinificazione del Recioto che è nato l’Amarone». Il Recioto è un vino che si fa con l’uva passita, in cassetta per tre mesi circa, e per poi trovare la capacità zuccherina nel vino. «In realtà non è nato per essere vino da dessert, ma da pasto. Questo dice che è un vino versatile ma molto particolare, la dolcezza non è invasiva, è un vino che vive sull’equilibrio. I nostri nonni lo associavano al piatto sapido, è il vino che si apriva alle feste».
Dalla fondazione di Cantina Santa Sofia, avvenuta nel 1811, l’azienda ha affinato la sua produzione, concentrandosi sull’estero con un’esportazione dell’80% della sua produzione, su 120 importatori: i vini di Santa Sofia sono presenti in 65 Paesi del mondo. L’azienda non ha mai tradito la ricerca del legame con il territorio: lo stesso Begnoni ammette che «su 10 bottiglie vendute, 9,5 sono di Amarone e 0,5 di Recioto. Continueremo a produrlo anche se la soddisfazione commerciale al momento non c’è». Vogliamo dimostrare che questo vino è gastronomico, si può abbinare bene se c’è equilibrio.
Radici radicate nelle colline venete: la gradela in Valpolicella
In dialetto veneto la gradela è la graticola usata per cucinare sul fuoco vivo del caminetto. A questo si pensava quando nacquero le vigne di Monte Gradella, vitigni autoctoni di Corvina, Corvinone e Rondinella. La continua esposizione a sud e la favorevole escursione termica contribuiscono alla qualità delle uve di questo lembo di Valpolicella: «L’ideale per una buccia dall’acino più spesso e quindi all’appassimento», spiega Luciano Begnoni.
Una produzione biologica e sperimentale in armonia con il territorio
Oltre a gestire i terreni di Monte Gradella, di proprietà di Christian Marchesini, un ex socio della famiglia Begnoni, l’azienda Santa Sofia ha allargato la sua proprietà acquistando 45 ettari di terreno in Valpantena, a Briago, una collina a est di Monte Gradella e di altezza compresa tra i 320 e i 480 metri. «Siamo diventati proprietari nel 2015, quando l’ho comprato Briago era un pascolo», racconta Begnoni.
In questi vigneti si concentrerà la produzione biologica dell’azienda, una certificazione che non è possibile ottenere per i vini di Monte Gradella, tra i motivi, fa notare lo staff di Santa Sofia, c’è la vicinanza con altri vigneti che non rispetterebbero le regole della viticoltura sostenibile: «Briago è il nostro vigneto in fase sperimentale, l’obiettivo è di arrivare alla conduzione biologica e biodinamica. In questo caso possiamo farlo perché è un vigneto completamente isolato da un bosco, non abbiamo influenze esterne. Qui a Monte Gradella non interveniamo in maniera aggressivi sui vigneti, pratichiamo l’agricoltura sostenibile ma siamo di fianco ad altri viticoltori che fanno diversamente».
«Santa Sofia ha una coerenza stilistica, tentiamo di produrre vini che rispettano e rispecchiano il territorio», spiega Begnoni. Dal vigneto di Montegradella vengono prodotti tutti i rossi Santa Sofia, fino ad arrivare al Gioè, la massima espressione dell’Amarone. «Esce quando piace a me», scherza – chiosando – l’imprenditore. Il percorso del Gioè dura quattro anni e mezzo: «In questo percorso decidiamo se vale la pena chiamarlo Gioè oppure no, decidiamo anche tutte le etichette». Lo stesso vale per l’Amarone classico: «Se non c’è l’Amarone c’è un buon Montegradella, un buon Ripasso o Valpolicella. Le etichette Santa Sofia devono avere un certo standard qualitativo».
Gioè, il giovane Amarone della Valpolicella nato nel 1964
Poco dopo il 1967, durante uno degli assaggi dalle botti di Amarone, il padre di Begnoni rimase stupito della qualità del vino proveniente dalla parcella di Monte Gradella. Decise quindi di distinguere l’imbottigliamento e l’invecchiamento di questo vino. Nacque così la prima annata di Amarone della Valpolicella Gioè 1964. Le vigne del Gioè occupano la parte superiore del Monte Gradella, sede del vigneto storico da cui provengono le uve di Santa Sofia. In omaggio a questa zona viene chiamato Montegradella il Valpolicella Classico Superiore. «Il vino è prodotto appassendo le uve per quaranta giorni, quindi con la stessa tecnica di appassimento di Amarone, ma più breve», spiega Begnoni.
Uno dei vini più premiati di Santa Sofia è il Il Gioè
Il Gioè è un Amarone superiore prodotto solo in particolari annate, quando si verificano e ripetono le condizioni stagionali e microclimatiche indispensabili alla maturazione delle uve. Il Gioè è oggi uno dei vini più premiati di Santa Sofia. «Tanti produttori stanno venendo dalla nostra parte», spiega l’imprenditore tra i vitigni di Monte Gradella, «perché rispetto a 20 o 30 anni fa, quando bisognava fortificare e strutturare tutti i vini, adesso negli ultimi dieci anni c’è questa voglia di leggerezza, di eleganza. Una giusta dose tra l’alcol e la struttura del vino. Il Valpolicella, rischia l’estinzione ed è stato sempre il figlio minore della nostra zona. Noi di Santa Sofia abbiamo fatto di tutto per valorizzarlo, è il nostro Pinot Nero».
Il nome Gioè si deve a chi gestiva il vigneto «in epoche non sospette», conferma Begnoni. «Qui ci sono le vigne che hanno attecchito nella maniera migliore, il Gioè ci è arrivato per il valore che avevano le vigne in questa parte del vigneto». Siamo passati rapidamente dai 195 ai 325 metri, dalla ‘parte bassa’ del vigneto – dove si gode comunque di una vista ampia e tersa della Valpolicella – alla parte più alta, verso est, che ha un’ esposizione maggiore.
Le colline, i vigneti e la villa palladiana: la Cantina Santa Sofia
A pochi chilometri dalle colline di Monte Gradella, ha sede la cantina storica di Santa Sofia, sotto la villa Palladiana del Sedicesimo secolo. La Villa progettata da Andrea Palladio nel 1565 è legata alla produzione di vino fin dal 1811 e diventata simbolo dell’azienda. «Prima queste stanze venivano utilizzate come refettorio, poi sono state utilizzate come cantine per i vini». L’azienda è in procinto di sostituire le barrique, botti tonde dalla capacità di 225 litri, con i più grandi tonneaux da 500 litri: «La barrique è una botte che non rappresenta la tradizione della Valpolicella come la botte di rovere. Noi abbiamo scelto il passaggio in tonneaux, per prolungare l’affinamento in botte piccola e senza stravolgere le proprietà organolettiche, per evitare una tostatura troppo invasiva, preferendone una più morbida». È Begnoni ad aggiungere che «la barrique appiattisce, andava di modo dall’Alto Adige alla Sicilia. Di conseguenza abbiamo sempre dosato bene l’uso della barrique. L’intervento che ci deve essere in cantina è minimo, quello che vogliamo portare si realizza nei vigneti».
In Valpolicella aprirà tra qualche anno una nuova cantina non distante dall’attuale sede storica di Santa Sofia, per un investimento di 8 milioni di euro. La scelta di una nuova sede di produzione coincide con gli importanti risultati conseguiti dall’azienda, la produzione di circa mezzo milione di bottiglie e un territorio che copre 69 ettari in tutta la Valpolicella.
Santa Sofia
L’azienda vinicola Santa Sofia nasce due secoli fa in una delle zone più suggestive della Valpolicella classica, a Pedemonte. La Villa è legata alla produzione di vino fin dal 1811 e diventata il simbolo dell’Azienda. La villa fu progettata da Andrea Palladio nel 1565, quando Marcantonio Serego decide di rinnovare la tenuta, già in possesso della sua famiglia dal 1552. Architettonicamente, la Villa è un vero e proprio simbolo dell’architettura Italiana, iscritta nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO dal 1996, assieme alle altre ville palladiane del Veneto.