I designer nordici subordinano tutto alla funzione. Progettano per soddisfare le esigenze di una popolazione che cerca ambienti domestici semplici e tranquilli, ordinati, in armonia con la natura. Prevale il bianco, assieme a colori morbidi, tenui. Laddove nel design italiano gli oggetti vogliono comunicare uno status culturale ed economico. Ad accomunare i due mondi, il legame con il patrimonio artigianale, che si riflette nella qualità del prodotto. La semplicità di entrambi ha un significato diverso: nell’ottica scandinava, semplicità significa forme lineari, semplici, senza fronzoli; in quella italiana si tratta di chiarezza di intenti. Nell’idea scandinava, l’oggetto deve essere semplice, in quella italiana a esserlo è il significato.
Il design scandinavo vuole che niente sia progettato per distinguersi e superare gli altri pezzi. Tutto deve essere in armonia e fondersi con il resto. L’italiano riflette un paese opulento, ricco, godereccio, vivace. I prodotti devono essere comodi e facili da usare, ma anche saper distinguersi e comunicare sofisticatezza, modernità e visioni culturali tipiche del Novecento italiano. Influenzato dai movimenti culturali e artistici, è sempre stato al passo con i tempi: anche oggi, gli oggetti e i capolavori di design più conosciuti possono essere chiaramente identificati come oggetti di un’epoca specifica con specifici canoni estetici.
Gli oggetti scandinavi sembrano essere sospesi nel tempo e meno influenzati dal clima storico e politico in cui sono stati progettati: come scrissero Niels Peter Skou e Anders Munch, Il design scandinavo è autentico in contrapposizione a quello superficiale. Trascende le fluttuazioni della moda e rappresenta una sottile modernizzazione che ha preservato le tradizioni e i valori dell’artigianato. In contrapposizione a una celebrazione modernista del design industriale che può essere vista in altri stili, come nel design italiano.
Il design scandinavo continua a mantenere come proprie quelle caratteristiche che premiano durata, accessibilità e chiarezza funzionale attraverso soluzioni e prodotti che possiamo definire democratici e responsabili, progettati per poter migliorare la qualità della vita di chi li utilizza attraverso un tipo di bellezza estetica e pratica. Il DNA del design italiano sopravvive in una sorta di laboratorio di ricerca altamente evoluto e sempre più raffinato. Entrambi lavorano in sintonia con la globalizzazione e con i nuovi costumi e stili di vita, interpretandoli.
Ambasciatore a Milano del design scandinavo è Fredrik Fogh. Tra gli alloggi realizzati in Parco Sempione in occasione della XI Triennale di Milano del 1957, quello danese allestito da Fogh appariva come il più familiare e accogliente, funzionale. Nato in Danimarca nel 1923, Fredrik Fogh, trascorre la sua prima infanzia a Taormina per poi trasferirsi a Copenhagen. Diventa architetto nel 1967, dopo aver studiato presso il Politecnico di Milano. In Danimarca Fogh si è occupato soprattutto del design di lampade e mobili, ma ha avuto un ruolo chiave nello scambio culturale tra i paesi nordici e l’Italia. Non solo per via delle pubblicazioni presso l’Università, ma anche per la partecipazione a mostre ed esposizioni. Per quella alla Triennale del 1957 collabora con l’architetto Inger Klingerberg sotto le direttive di Povl Boetius: in questa occasione riesce a dare risalto alla produzione mobiliera nazionale, scegliendo solo mobili realizzati dal 1954 al 1957.
Fredrik Fogh partecipa al restauro del padiglione di Aalto per la Biennale di Venezia, eletto responsabile dell’ampliamento e dell’allestimento del padiglione danese. Nel 1955 apre il suo studio di design a Milano, che gestisce insieme al figlio Christian: anche se la casa di famiglia ad Andrup Bjerge, vicino a Grønnestrand, resta una base permanente per tutte le vacanze, è Milano a essere il punto di partenza di Fogh come architetto. Negli anni successivi collabora con Bonacina 1889: progetta la Up&Down, una poltrona lounge. Disegnata da Fogh nel 1960, si tratta di una chaise longue a due posizioni di inclinazione con struttura in rattan curvato a mano naturale e legature in cuoio. Dal 1928 trascorre solo tre estati nella terra d’origine, e nonostante un’intera carriera italiana, si considera ancora un vero nordenfjords.
Donato Dozzy ed Eva Geist accolgono Pietro Micioni e pubblicano un nuovo album, La Commedia.…
Papa Francesco per la prima volta alla Biennale – la storia del Convento delle Convertite…
Da Melissa P. a Clara T: Melissa Paranello in Storia dei miei soldi tratta il…
In un mondo iper-razionale, Mace è la risposta psichedelica: Maya è il nuovo album del…
Perché il Salone del Mobile, la Biennale di Venezia e il Vinitaly a Verona sono…
Mentre la musica techno diventa patrimonio Unesco, la moda e i social rischiano di compromettere…
This website uses cookies.
Read More