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Silvia Giovanardi, fibre naturali dipinte Lampoon
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PMI italiane: la moda deve essere etica, prima che sostenibile

Piattaforma digitale ed evento. La missione della Sustainable Fashion Innovation Society nelle parole della fondatrice Valeria Mangani

Sustainable Fashion Innovation Society, obiettivi

La missione della Sustainable Fashion Innovation Society è quella di sostenere i brand della moda e del design nella trasformazione della loro filiera «introducendo uno o più elementi per l’innovazione sostenibile di tale segmento». Da un lato un incubatore (la Phygital Platform) in cui brand e aziende che stanno conducendo un percorso di disruption – cioè la rottura, il cambio di paradigma con la filiera non sostenibile, dalla produzione alla comunicazione finale – si incontrano con realtà italiane che hanno già raggiunto questo successo, professionisti del settore, ricercatori e creativi dedicati all’innovazione tecnologica e alle applicazioni per il tessile, seguono percorsi di formazione con partner universitari (per il 2020 la LUISS di Roma) su biotecnologie, economia circolare, blockchain, stampanti 3D, CRISPR, biomateriali, nanotecnologie e tessuti smart. Per avvicinare le aziende più piccole alle aziende internazionali che certificano il trattamento delle materie prime, gli indici di sostenibilità (ISO, OCS, GOTS, OEKO TEX, HIGGS Index) e il calcolo della carbon footprint, si creano collegamenti. A questo si aggiunge un marketplace interno tra aziende partecipanti, professionisti del settore e buyers. 

La Sustainable Fashion Innovation Society

Il progetto, alla sua seconda edizione, si pone come intermediario e aiuto per la transizione ecologica del sistema moda e design in chiave tecnologica. All’Associazione senza scopo di lucro si abbina l’evento Phygital Sustainability Expo, dove le realtà partecipanti riconosciute come sostenibili dalla piattaforma possono condividere i risultati e mostrare i capi ottenuti secondo i criteri stabiliti (lo stato di sostenibilità dalla produzione alla vendita). «Tutto è nato dopo le dichiarazioni di Giorgio Armani nella primavera dello scorso anno», spiega Valeria Mangani, fondatrice e presidente della Sustainable Fashion Innovation Society, «anche se le radici alla base del progetto sono precedenti nel tempo. La moda stressata dalle collezioni ogni due mesi, l’overproduction e il conseguente consumerismo smodato, l’inquinamento del pianeta già erano presenti. Il Covid-19 ha dato la spinta necessaria», continua Mangani, «L’idea dell’anno scorso è stata quella di andare incontro alle piccole aziende, quelle che non si trovano sul Green Carpet di Milano. Noi non vogliamo entrare in competizione con le Istituzioni del settore come la Camera della Moda perché il nostro programma unisce realtà diverse e oltre alla moda parla di turismo, heritage e artigianato del nostro Paese».

Sustainable Apparel Coalition

Come una ‘Indipendent Film Company’ – questa la similitudine usata dalla fondatrice per definire l’organizzazione – che vuole concentrare le proprie energie aprendosi al network delle associazioni internazionali come la Sustainable Apparel Coalition. «Mancava nel settore un aggregatore di genere. Anni fa ho realizzato una mappatura sul territorio per il MISE come consulente per un sottosegretariato e ho evidenziato questa assenza», sottolinea Valeria Mangani.  Roma è il cuore del progetto ed è stata scelta come prima città per ospitare l’evento in presenza, per segnare un distacco rispetto alle città consacrate alla moda italiana (Milano, Firenze) e internazionale (Parigi): «Roma può diventare l’epicentro della nuova moda sostenibile prodotta in Italia da aziende italiane e internazionali, con un posizionamento sia a livello di strategia geografica che nel complessivo contesto artistico della città». Anche per il 2021 la capitale sarà lo scenario dell’Expo, in calendario il 5 luglio alle Terme di Diocleziano. Per il 2022 l’evento itinerante sarà presso il Real Borgo Belvedere di San Leucio a Caserta con il Patrocinio dell’UNESCO, Ministero del Turismo, ANCI, Città di Caserta ICE/ITA.

Eventi della Sustainable Fashion Innovation Society

L’evento in presenza e digitale – perché aperto a videoconferenze internazionali – gratuito, punta a consapevolizzare il pubblico e il futuro consumatore. Oltre alle lecture e gli incontri con personalità quali il Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, il 5 luglio ci sarà l’esposizione dei capi (da uno a tre per ogni brand) su manichini «ecologici ma statuari», ci tiene a sottolineare la presidente, per mostrare da vicino i tessuti sostenibili o le innovazioni tecnologiche della moda indossabile (come le fibre d’argento). Niente carta ma un QR code identificativo per ogni realtà partecipante. «Inoltre, una sfilata commentata, prevista in tre momenti diversi della giornata. L’aggiunta di una voce narrante, invece di una sfilata muta, è necessaria per far capire al pubblico se un tessuto è realizzato con fibra di bambù piuttosto che canapa, rosa, latte o buccia d’arancia. Sono abiti che portano un messaggio e hanno una storia, questo deve essere sottolineato». Tra le realtà partecipanti nell’edizione Phygital 2020, che contava trentacinque aziende: Parco Denim (denim sostenibile con sede a Bergamo), Silvia Giovanardi (fibre naturali dipinte, Milano), Wuuls (lana autoctona, Abruzzo), FiliPari (polvere di marmo & nylon riciclato, sede a Milano), C.ALLA (fibra d’argento, Bologna). 

Il petrolio del made in italy, le PMI

Per valorizzare l’impegno delle realtà più virtuose la SFIS assegna il Premio Maestri Innovatori di Sostenibilità, attraverso un comitato d’onore internazionale composto da relatori ed esperti, tra cui: Angelo Del Favero – presidente Associazione Tessile e Salute, Antonio Franceschini – responsabile nazionale CNA Federmoda, Riccardo Giovannini – Sustainability Partner Ernst&Young, Giovanni Lo Storto – direttore generale LUISS. «Bisogna essere connessi e interconnessi, per questo l’approccio della Sustainable Fashion Innovation Society – che già siede nel Comitato delle United Nations Fashion Industry Charter for Climate Change – UNFCCC, è internazionale» spiega Valeria Mangani, «Io sono nata in SudAfrica e ho viaggiato molto ma adoro l’Italia e il made in Italy, il nostro petrolio. Un valore che cerco di proteggere e fare avanzare con questa iniziativa. Le imprese, soprattutto le manifatture più piccole, si devono convertire in chiave sostenibile e primeggiare per reggere il confronto con i grandi brand del fast fashion, che sono sempre più preparati in questo campo. Altrimenti anche il territorio risentirà della loro assenza». 

La moda deve essere etica, non solo sostenibile. Se il benessere della persona è al primo posto, particolare attenzione deve essere data al ruolo della donna, caro alla presidente Mangani – che da anni è portavoce dei progetti di human empowerment nel continente africano. «La mia formazione nel mondo della moda si è intrecciata con un concetto di benessere integrale, la bellezza, per essere considerata tale, deve trovare questa convergenza».

SFIS 

Sustainable Fashion Innovation Society, Associazione senza scopo di lucro, annualmente da vita al Phygital Sustainability Expo. Alla sua seconda edizione romana, tra i partner del progetto Ferrovie dello Stato, Enel X, Luiss Business School, CNA Federmoda e ITA-ICE, con i Patrocini del Ministero della Transizione Ecologica e del Ministero della Cultura. L’edizione 2021 verrà osservata da Microsoft for Startups. All’edizione Phygital 2020 hanno partecipato 35 brand, quest’anno se ne prevedono 50.

Valeria Mangani

Presidente della SFIS è docente a contratto di Tecnologia dei Tessuti al Master per specializzandi in Medicina del Lavoro alla Sapienza Università di Roma, fondatrice di Made in Italy Luxury (piattaforma per l’internazionalizzazione del lusso artigianale del Made in Italy in Qatar, UEA, Cina), Consigliera proponente di Mozioni Parlamentari e Proposte di Legge per la promozione e la sostenibilità del settore moda presso il Parlamento (2001), Regione Lazio (2019), Comune di Roma (2010), autrice di libri sui temi dell’ecologia del benessere, main representative International Women Alliance presso le istituzione delle Nazioni Unite in Italia (FAO, IFAD,WFP).

Mariavittoria Zaglio

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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