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Ron Mueck alla Triennale di Milano, con Fondation Cartier – sentirsi fuori scala

La prima personale di Ron Mueck in Italia, alla Triennale di Milano con Fondation Cartier. I materiali delle sue opere: non più i durevoli legno, marmo, bronzo, pietra ma transitori, deperibili, precari – come i personaggi

Ron Mueck alla Triennale di Milano, con Fondation Cartier pour l’art contemporain

Dal 5 dicembre Fondation Cartier pour l’art contemporain e Triennale Milano presentano la prima mostra personale italiana dell’artista australiano. Tra materiali naturali, sculture monumentali e miniaturizzazioni dell’essere umano, l’arte di Ron Mueck crea un corto circuito con ciò che ci è più familiare. A partire dal corpo. 

Lo straniamento nell’iperrealismo di Ron Mueck 

Ron Mueck è demiurgo dello straniamento. Plasma, deforma, riforma, rimpiccolisce, ingigantisce l’essere umano. Quest’ultimo si configura l’oggetto della sua pratica artistica. Qui già l’artista appare non solo creatore di senso ma anche suo alteratóre. L’iperrealismo di Mueck fa perno sulle dimensioni, su corpi riprodotti fedelmente attraverso l’innesto tra tecniche tradizionali e materiali moderni o naturali – argilla, gesso, fibra di vetro, silicone, resina, crini di cavallo – mettendo alla berlina la dicotomia cartesiana tra soggetto e oggetto: l’uomo senziente si tramuta in elemento osservato, riprodotto, studiato. 

Dalla parte dell’osservatore: l’esperienza del perturbante di fronte alle opere di Ron Mueck alla Triennale di Milano, con Fondation Cartier

Chi è solito classificare, porre sotto lenticolare giudizio il percettibile, incontra la sua nemesi: Mueck non si limita a riprodurre l’uomo. Offre all’osservatore la sua decostruzione analitica. Chi osserva, diviene osservato. Chi giudica è ora relegato a processo. Tutto aleggia attorno all’incongruenza visiva delle sculture – realistiche ma non a grandezza naturale – capaci di esasperare la unheimlich freudiana. 

Il perturbante dimora nelle opere di Ron Mueck. Già Friedrich Schelling aveva individuato con unheimlich «tutto ciò che potrebbe restare […] segreto, nascosto, e che è invece affiorato» e si ricollega a ciò che ci è più familiare. E cosa è più noto del proprio corpo? La fisicità ci definisce; differenzia e accomuna al contempo. Alessandro Alfieri e Chiara Gargiulo parlano di perturbante postmoderno nel loro testo del 2022. Se il velo della familiarità viene a lacerarsi, Ron Mueck è maestro nel farci osservare, da fuori, la nostra interiorità. 

L’impegno di Ron Mueck: il potere di un’arte scanzonata, tra irriverenza e stupore

Alcuni detrattori identificano dispregiativamente le opere di Mueck come la perpetrazione dei modelli realizzati in precedenza per l’industria dell’intrattenimento. Figlio di artigiani tedeschi costruttori di giocattoli, Mueck creava modelli e pupazzi per la televisione. Per quindici anni ha condotto programmi per bambini. Ma se c’è un istantaneo fascino nella verosimiglianza, che agisce rapida e soddisfa irradiando stupore, la vena “infantile” dell’artista è portatrice di senso: la sua arte agisce scanzonata come solo un un bambino può esserlo. C’è profondità tragicomica nella traiettoria verticale adottata dall’artista. I risulti sono sempre materici, modulati attorno alla dinamica dello spazio che occupano all’intento di una determinata sala espositiva. 

La fragilità umana nelle opere di Ron Mueck

Mueck scolpisce per colpire? Se sì, anche con un certo distacco intriso d’ironia, sembra che non venga meno al proprio senso di responsabilità e dignità d’artista. Mueck materializza le emozioni e le fa defluire nei suoi personaggi che diventano contenitori di vita; l’inanimato qui si fa specchio della vicenda umana. La stasi dell’opera invita l’osservatore a negoziarne il senso. C’è sofferenza in quel volto? Siamo davvero così inermi mentre dormiamo? Mueck ci mette alla prova, interrogando i nostri modi di essere e di conoscerci, oltre a ridefinire il concetto canonico di scultura. Non più i durevoli legno, marmo, bronzo, pietra ma materiali transitori, deperibili, precari – come i personaggi che vanno a costituire. 

Grandi, precari, piccoli e resistenti: quale umanità è rappresentata da Ron Mueck?

È la precarietà il filo rosso della poetica di Mueck? Spesso, i riferimenti più immediati sono le icone e i dipinti religiosi, che collocano l’interrogazione sull’essere all’interno della cultura occidentale giudaico-cristiana. La finitūdō da orrorifica certezza, evolve in un’estetica della decostruzione consapevole. Mueck sfida il rapporto tra mente e corpo, fra pensato, sentito e percepito. Le opere offrono una combinazione di risposte sensoriali, emotive e intellettuali che rendono manifesta l’immanenza dell’essere umano. 

La diversità e l’inclusione si incontrano nella morte: Fondation Cartier pour l’art contemporain presenta l’opera Mass a Triennale Milano 

In occasione del partenariato con Triennale Milano, Fondation Cartier pour l’art contemporain presenta la prima personale italiana di Ron Mueck. Una mostra che fa perono sull’installazione Mass, realizzata in fibra di vetro, resina e poliestere nel 2017 per la National Gallery of Victoria di Melbourne. Cento teschi giganti tra cui riecheggiano riferimenti attorno al concetto di mucchio disordinato o quello di funzione religiosa. La monumentalità di quest’opera attrae per trasversalità. Il teschio è icona popolare, storico-artistica e poi vestimentaria con Alexander McQueen. 

Per Mueck, «lo scheletro umano è un oggetto complesso. Un’icona potente, grafica, che riconosciamo immediatamente. Allo stesso tempo familiare ed esotico, il teschio disgusta e affascina contemporaneamente. È impossibile da ignorare, richiede la nostra attenzione a un livello subconscio». Cento teschi adesso, cento persone prima? Nella sua varietà, l’arte di Ron Mueck si configura in un certo qual modo come rigorosamente inclusiva. Il memento mori accomuna l’umanità intera. 

Ron Mueck e la collaborazione con Fondation Cartier pour l’art contemporain

Dopo le mostre del 2005 e 2013, durante l’estate 2023 Fondation Cartier ha ospitato una nuova personale  dedicata all’artista nella sua sede di Parigi. A partire da quest’ultimo progetto, dal 5 dicembre l’istituzione francese presenta presso Triennale Milano sei opere di Ron Mueck, con la curatela di Hervé Chandès, Direttore Artistico Generale della Fondation Cartier pour l’art contemporain, Charlie Clarke, studio Ron Mueck e Chiara Agradi. Oltre a Mass, i visitatori potranno rapportarsi alle creazioni En Garde, Baby, In Bed, Woman with Sticks e al lavoro in corso d’opera This Little Piggy. Per ciò che concerne i personaggi umani di Mueck, si tratta di opere intrise di un senso di vulnerabilità, labilità e fatica – la più autoritaria e minacciosa è l’omaggio a Cerbero, infernale cane a tre teste. Il percorso espositivo è corredato da Still Life: Ron Mueck at Work (2013) e Three Dogs, a Pig and a Crow (2023) – due film del fotografo e regista francese Gautier Deblonde, le cui immagini hanno catturato l’atmosfera dello studio di Mueck e il suo metodo di lavoro negli ultimi venticinque anni.

Nelle opere di Ron Mueck il corpo è depositario di emozione 

La manipolazione delle grandezze operata da Mueck porta a deragliare il concetto stesso di modello – modulus – che conserva in sé la nozione di misura. Il prototipo, sia esso maschile o femminile, non è archetipo garante d’ordine ma fuori scala come le emozioni. L’essere umano con Mueck non incontra possibilità di cercare ordine tramenate le grandezze. Incontra se stesso in una dimensione di rêverie, sogno – o incubo – a occhi aperti.  Ciò che lo attanaglia nell’inconscio, gli si palesa di fronte. I corpi creati da Mueck celano un racconto psicosomatico; dopo un primo impatto, sono talmente realistici da portare chi li osserva a chiedersi se sentano qualcosa. Di quale emozione sono intrisi? Quale la loro storia? Le misure con Mueck riflettono lo spettro emotivo che ci definisce, ci altera e vivifica; ciò che ci fa, riassumendo fanciullescamente, sentire spesso “grandi” o “piccoli”. Il corpo non è relegato in parametri vitruviani, estetici o erotici ma simbolo di interiorità. Le opere di Ron Mueck ci rieducano a considerare lo spazio che occupiamo nel mondo, a partire da quello introspettivo. Siamo, il più delle volte, piccoli. E se il piccolo è promessa di limite o possibilità crescita, le nostre gigantografie evidenziano la nostra beffarda miseria. 

Ron Mueck – Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain

Nato nel 1958 a Melbourne da genitori tedeschi, Ron Mueck vive e lavora nel Regno Unito dal 1986. Le sue mostre personali hanno girato i musei di tutto il mondo, in Nord America, Europa, Sud America ed Estremo Oriente. Le opere di Mueck fanno parte di collezioni pubbliche e private, tra cui National Gallery of Canada, National Gallery of Victoria, Tate, Museum of Fine Arts di Houston e Fondation Cartier. Dal 5 dicembre 2023 al 10 marzo 2024, Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain presentano la prima mostra personale italiana dell’artista.

Federico Jonathan Cusin

Ron Mueck alla Triennale di Milano. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck alla Triennale di Milano. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, En Garde, 2023. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, En Garde, 2023. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, This Little Piggy, 2023. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, This Little Piggy, 2023. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, Woman With Sticks, 2009-2010. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, Woman With Sticks, 2009-2010. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Meuck, Mass, 2017 – Dettaglio. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Meuck, Mass, 2017 – Dettaglio. Fondation Cartier pour l’art contemporain
Ron Mueck, In Bed, 2005
Ron Mueck, In Bed, 2005

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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