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Abiti di moda da collezione e archivio privato: Daiana Giorgi, il progetto di Frida

Continua la collaborazione tra Rinascente e Frida: un archivio di moda anni Settanta, Ottanta, Novanta curato da Daiana Giorgi – legislazioni e bonus riparazioni e il mercato degli abiti di proprietà personale

Dove trovare i pezzi di archivio e vestiti moda vintage? Interviene Daiana Giorgi, founder di Frida

Il mercato della vendita di pezzi di archivio nel settore della moda è destinato a crescere di oltre il 120 per cento entro il 2026 rappresentando entro il 2031 il 18 per cento delle transazioni nel settore dell’abbigliamento. Questa crescita non riguarda solo l’online ma anche tutti i market, negozi e mercatini vintage una volta frequentati solo da una nicchia. «Non è mai un solo un canale, ce ne sono tanti. Il primo fra tutti i mercatini e che frequento ancora nei miei viaggi. Anche se faccio un viaggio di piacere. Quando lavoro con le mie clienti e mi trasferisco nel loro armadio, se troviamo pezzi che per la cliente non funzionano più ma possono funzionare all’interno della collezione Frida allora li acquisto. Ho anche dei fornitori online e off-online. Ogni tanto utilizzo le app, soprattutto quando devo fare delle ricerche specifiche. Ho delle clienti che mi chiedono il cappotto di quella sfilata o di quella collezione.».

Come ricercare i capi anni Settanta, Ottanta e Novanta, o capi di archivio con Daiana Giorgi

«Quello che cerco di fare è di riportare questi capi ai giorni nostri in chiave moderna. Credo sia questo che differenzia Frida da altri negozi o altri brand vintage. La nostra ricerca è specifica. Collezioniamo soprattutto abiti degli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Con lo styling o con gli abbinamenti che facciamo durante i servizi fotografici riportiamo questi capi alla contemporaneità».

Daiana Giorgi, ricercare capi di archivio vintage di brand di lusso e usare l’upcycling per dare nuova vita a capi che abbiamo già nell’armadio

«I capi di Yves Saint Laurent, Dior o Versace, sono come delle opere d’arte proprio perché sono stati fatti venti, trenta o anche cinquanta anni fa. Modificarli, li snaturerebbe. Quando trovo dei capi che non sono brandizzati ma sono sartoriali, e magari hanno qualcosa di demodé come una manica che ormai magari non si porta più, in quel caso lì sì posso modificarlo. Lo faccio con le mie clienti. Lavoro anche come consulente d’immagine e mi trasferisco nei loro armadi». Entrare negli armadi delle persone è anche entrare dentro le loro vite. «Si crea di solito un rapporto di confidenza e spesso la collaborazione continua. Si crea fiducia».

Il Frida non è Frida Kahlo ma il nome della nonna di Daiana Giorgi

«Il nome Frida non viene da Frida Kahlo. Mia nonna si chiamava Frida ed è anche il secondo nome di mia mamma. Mia nonna era già negli anni Trenta, una donna che amava vestirsi con tagli maschili e oversized. Mancò quando io ero ancora piccola e sono cresciuta con le sue foto e i album fotografici in bianco e nero. Sognavo e immaginavo questa donna. Quando è arrivato il momento di decidere, il nome Frida è stata una scelta naturale».

Distinguere tra Vintage e second-hand e cambiare le nostre abitudini d’acquisto: il vintage può influire sul mondo della moda per riuscire a renderlo più rispettoso del pianeta con Daiana Giorgi

«Bisogna distinguere tra Archivio, Vintage e Seconda mano – non sempre coincidono. Affinché un capo si possa chiamare vintage deve avere almeno vent’anni» – racconta Daiana Giorgi, fondatrice di Frida, un archivio di pezzi vintage anni Settanta, Ottanta e Novanta. «La parola vintage è utilizzata in modo errato in continuazione. La mia collezione è all’80% vintage, poi ho dei capi che non sono vintage ma sono nemmeno contemporanei e che magari hanno anche due, cinque o dieci anni». 

«Non per forza i capi vintage devono essere già usati. Ho trovato indumenti con ancora le etichette originali, quindi vestiti mai messi. Il second hand è un abito che è già stato usato. Oggi si usa molto la parola pre-loved. Questa è la differenza, ma non è che uno sia migliore dell’altro. Oggi il second hand non è più un trend, è arrivato per rimanere. Le persone possono già scegliere, consciamente o inconsciamente. Alcuni amano il vintage ma non gliene frega niente di essere sostenibili, invece c’è chi sceglie il vintage proprio per una scelta di supporto al pianeta». 

Frida: l’archivio e il riutilizzo come stile di vita 

«La filosofia del progetto Frida è anche la mia filosofia di vita, mia e anche di mio marito perché ha iniziato a collaborare con me. Noi abitiamo in una casa che è stata costruita negli anni Ottanta. Abbiamo cercato di mantenere l’anima senza stravolgimenti e allo stesso tempo abbiamo cercato di renderla più contemporanea, cambiando delle cose e aggiungendo dei materiali moderni. Abbiamo creato un contrasto tra il vecchio, il nuovo e il moderno. È quello che io cerco di fare con Frida». 

Cosa possono fare gli stati per incentivare un cambiamento sostenibile nell’industria della moda: incentivi per le piccole e medie imprese italiane 

Il Monitor for Circular Fashion di SDA Bocconi, nel report di ricerca 2023, evidenzia sfide e vantaggi della trasformazione delle produzioni in produzioni circolari. Il principale ostacolo per le aziende italiane nell’implementazione della circolarità è la disponibilità delle tecnologie necessarie per il riciclo e l’accesso a infrastrutture adeguate. Le aziende della filiera intervistate prevedono di dover incrementare del 97% i collaboratori specializzati sulle tematiche della sostenibilità lungo la supply chain e del 292% tra i fornitori di servizi.

«Io sono divisa fra la Svizzera e l’Italia» – prosegue Daiana Giorgi. «I brand italiani – anche emergenti, contemporanei – stanno implementando processi meno inquinanti e sviluppando tessuti. Sono processi che comportano costi elevati per aziende di piccole e medie dimensioni (che in Italia restano la larga maggioranza). Bisogna evitare la delocalizzazione delle produzioni». 

La Francia è il Paese leader in Europa nelle legislazioni sulla sostenibilità nel settore tessile: tracciare i capi importati, gestire i rifiuti post-consumo e il bonus per riparare scarpe e vestiti

«Un esempio virtuoso è la Francia, più avanti rispetto a noi, come anche i paesi del Nord Europa», commenta Giorgi. La Francia è il Paese europeo che più si è speso nell’attuare legislazioni per regolamentare il settore moda – dall’approvvigionamento delle materie prime alla produzione, fino ai diritti dei lavoratori e al fine vita dei capi. Già nel 2009 è stato il primo Paese a introdurre una normativa sulla responsabilità estesa del produttore nel settore tessile (EPR): a partire da questa legislazione spetta al produttore la responsabilità economica e organizzativa del fine vita di un prodotto, ovvero quando un capo dopo il consumo diventa rifiuto. I produttori hanno iniziato a tenere più in considerazione già in fase di produzione aspetti come la riciclabilità, il riutilizzo e la durata del prodotto. 

I produttori tessili francesi sono obbligati a contribuire con una tassa sull’economia circolare che funziona come la RAEE italiana per i rifiuti elettronici. A partire dal 2023, la Francia ha introdotto l’obbligo per produttori e importatori di prodotti tessili di mettere a disposizione del consumatore una scheda prodotto delle qualità e caratteristiche ambientali di ogni capo, che dovrà essere comprensibile e facilmente consultabile attraverso il sito web dell’azienda. Le azioni del Governo oltralpe insieme all’organizzazione ecologica Refashion stanno dando risultati, rendendo i consumatori sempre più consapevoli e alzando il percepito dei brand sostenibile grazie a incentivi statali. 

Dal 2023 per incentivare la moda circolare, la Francia ha introdotto un bonus per la riparazione dei tessuti. Il Segretario di Stato per la Transizione Ecologica francese Bérangère Couillard, ha annunciato a luglio scorso che questo bonus sarà applicabile in 500 negozi approvati dal governo. Il bonus è finanziato dalle aziende del settore tessile con un fondo di riparazione, da 154 milioni di euro per il periodo 2023-2028. Si può accedere al bonus portando il proprio capo o scarpa dal sarto o calzolaio e lo sconto (tra i 6 e i 25 euro al massimo) verrà applicato direttamente in fattura. I 500 commercianti selezionati sono registrati presso l’organizzazione ecologica Refashion che precedentemente aveva lanciato un programma online per offrire consigli su come riparare o trasformare gli articoli danneggiati, inutilizzati o a fine vita. Queste iniziative aiutano a sensibilizzare i consumatori.

Come cambiare il sistema moda, la filiera italiana e il retail grazie al vintage e alla moda circolare, con Frida Daiana Giorgi

«I giovani oggi sono più consapevoli dell’impatto delle loro scelte. Cercano prima qualcosa in un negozio vintage e poi eventualmente vanno nei negozi. Se io potessi entrare in ogni singola azienda tirerei fuori i capi dai magazzini – tutti hanno magazzini colmi di capi di venti o quarant’anni fa. Farei sfilare i capi vecchi con la collezione attuale».

Il mercato vintage ha avuto negli ultimi anni una crescita tre volte superiore rispetto a quella del mercato dell’abbigliamento tradizionale. Dal 2020 i retailer di abiti usati hanno registrato una crescita del 275%, e sono passati da 8 a 30. Le stime affermano che il 2024, la metà degli acquisti vintage proviene esclusivamente da siti e app di e-commerce. Il 41% dei consumatori afferma, il second hand è la prima opzione presa in considerazione quando si tratta di abbigliamento. Il 46% dei consumatori appartenenti alle Gez Z e Millenial, tiene in considerazione il possibile valore nel mercato del re-sale prima di effettuare un acquisto. Tra le app più utilizzate troviamo Vinted  e Vestiaire Collective. 

Rapporto Vestiaire Collective & BCG 2022: il mercato vintage dovrebbe crescere del 20-30% all’anno

Vestiaire Collective vanta 23 milioni di abbonati alla community, rendendola una delle più numerose community di appassionati vintage, a cui garantisce anche servizio di certificazione del prodotto acquisto. Il rapporto di sostenibilità di Vestiare Collective in collaborazione con Boston Consulting Group per il 2022 afferma che secondo le stime il mercato della moda e del lusso di seconda mano abbia un valore di 100-120 miliardi di dollari, tre volte superiore a quello di tre anni fa. Il report intitolato ‘Mercato dell’usato in accelerazione: che cosa significa per i marchi e i rivenditori di moda’, si basa su un’indagine condotta su migliaia di consumatori di moda in Europa, Asia e Stati Uniti nel 2022 e ha l’obiettivo di comprendere l’evoluzione delle abitudini di acquisto. La metà degli intervistati nel sondaggio del 2022 ha dichiarato che l’economicità è la ragione principale per scegliere l’usato ma anche la sostenibilità sta diventando un fattore trainante che guida il 40% degli acquisti di articoli di seconda mano. 

Daiana Giorgi dal cinema alla moda: l’interesse per il vintage nato durante gli anni in America

Vent’anni di esperienza nella moda, e ruoli in diverse aziende, dalla stylist alla personal shopper, al visual merchandiser. Per gli ultimi dodici anni, Daiana Giorgi ha ricoperto il ruolo di buyer, inizialmente per negozi multibrand di lusso in Svizzera e poi come retail merchandising manager per Prada, dove era responsabile del prodotto donna per tutti i negozi in Svizzera. 

«Il buyer è un compratore. Nel mio caso facevo la buyer per dei multibrand quindi cercavo i brand e sceglievo i capi che volevo che fossero venduti nel negozio di cui mi occupavo. Il buying è influenzato dal mercato, dalle vendite e dal venduto passato. C’è la creatività, perché il buyer crea la propria collezione con diversi brand per il proprio negozio. A livello di monomarca, come per esempio in Prada dove il ruolo di buyer si chiama retail merchandising manager, dopo ogni sfilata si va in azienda a vedere la collezione e si scelgono i capi che si vogliono vendere nei propri negozi; per chi si trova in Asia per il mercato asiatico, chi si trova in Russia per il mercato russo. Nel mio caso mi occupavo dei negozi svizzeri».

«Ho lavorato e ho vissuto anni all’estero, principalmente negli Stati Uniti, tra New York e Los Angeles, dove ho studiato recitazione per due anni. Per un periodo ho fatto teatro e recitato in qualche film. Sono rientrata in Europa per lavoro. Ho abbandonato la recitazione e mi sono concentrata nell’ambito della moda. Nei miei anni in America mi sono avvicinata al vintage. Ho vissuto lì nei primi anni Duemila e in quegli anni il vintage era già sviluppato negli Stati Uniti. Ho provato malinconia verso il mondo della moda di una volta che era più lento».

L’archivio di Frida e di Daiana Giorgi: la collaborazione con la Rinascente 

«La Rinascente ogni anno organizza il mese del vintage. In quell’occasione abbiamo partecipato con altre realtà vintage. È andata bene e ci hanno chiesto di tornare qualche mese dopo, con uno spazio solo Frida, 80 metri quadri. Il mese del vintage è al sesto piano a Milano, invece da settembre siamo in Rinascente al quarto piano quindi vicino a i brand e questo era il nostro obiettivo: esistere come realtà insieme ad altri brand contemporanei. Quando si arriva al nostro corner la prima impressione è che sia una collezione attuale, poi avvicinandosi e vedendo le etichette e i brand si capisce di cosa trattiamo. Saremo ancora in Rinascente a Milano da dicembre in uno spazio semi definitivo». 

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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