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Una scena dal film The Time of Forests, 2018
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Investire nel capitale naturale: il programma di forestazione Think Forestry

Torino, Roma e Napoli sono le prime città laboratorio di Think Forestry – il progetto di piantumazione di 100 milioni di alberi raccontato da Luigi Burgoni di Intesa San Paolo e Paolo Viganò di Rete Clima

Investire nel capitale naturale: Think forestry, il progetto di Intesa San Paolo, lanciato il 13 novembre 2023 in collaborazione con Rete Clima

Il Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia evidenzia che la spesa nazionale per la protezione dell’ambiente monitorata dall’Istat nei conti ambientali – che include famiglie, imprese e Amministrazioni Pubbliche – già nel 2018 aveva superato i 32 miliardi di euro. Il capitale naturale sta diventando ‘capitale strutturale’ per le imprese e la società. Questa è l’ambizione di Think forestry, il progetto di Intesa Sanpaolo, lanciato il 13 novembre 2023 in collaborazione con Rete Clima – per contribuire alla riforestazione e alla tutela del patrimonio forestale.

L’obiettivo, a livello globale, è la piantumazione e la preservazione di 100 milioni di alberi attraverso l’azione congiunta della banca, delle imprese e delle famiglie clienti. «Intendiamo creare nuovo capitale naturale» spiega Luigi Burgoni, Senior Director Esg Scoring e Rating Agencies Relations di Intesa Sanpaolo. «Abbiamo costruito un programma per racchiudere l’attività che Intesa San Paolo realizza a supporto della transizione ambientale, con il filo conduttore delle foreste. Non è solo un programma di corporate social responsibility, ma più ampio di transizione ambientale. L’ambizione è di salvaguardare il capitale naturale attraverso le foreste e supportare la transizione climatica».

Torino, Roma e Napoli sono le prime città laboratorio di Think Forestry, ma saranno previsti interventi anche in aree danneggiate – come la foresta del Trentino distrutta dalla tempesta Vaia nel 2018. Il 15 novembre scorso, la prima piantumazione di mille alberi presso il parco Colletta a Torino, dove sono state individuate specie tipiche della pianura pre-collinare torinese come la farnia, il carpino bianco, l’acero campestre, il tiglio, il frassino maggiore, il pioppo, mentre tra gli arbusti la rosa canina, il ligustro, il corniolo e il biancospino.  Il 16 novembre il progetto è proseguito a Roma, in zona Mezzocammino, mentre dal 2024 l’iniziativa sarà estesa a tutto il territorio nazionale.

Rete Clima è il partner scelto da Intesa San Paolo per progettare e dare vita a Think Forestry

Paolo Viganò è fondatore di Rete Clima, ente tecnico che lavora per la sostenibilità e la decarbonizzazione delle Aziende. In Rete Clima svolge ruolo di Carbon Manager e CSR Manager realizzando progetti di forestazione compensativa e supportando la contabilità dello stoccaggio forestale di CO2 e dei servizi ecosistemici offerti dalle foreste. 

Viganò Spiega come sono progettate le foreste: «La normativa forestale e regionale prevede che siano utilizzate specie autoctone. La ratio che guida la progettazione forestale è la selezione di specie vicina alla naturalità. Occorre ragionare su questa composizione: se si enfatizzano solo alcune funzioni del bosco, come la capacità di assorbimento della CO2, ecco che nascono delle distorsioni: a esempio gli impianti monospecifici di bambù o pawlonia che hanno come unica motivazione il rapido accrescimento dell’assorbimento di anidride carbonica, non garantiscono la multifunzionalità del bosco»

Nel caso delle foreste del Triveneto abbattute dalla tempesta Vaia, riforestare «può essere una occasione per ripensare la foresta alla luce dei cambiamenti climatici. Per le foreste montane sono state utilizzate specie adatte per la produzione legnose. Si può ripensare alle specie da utilizzare e più adatte rispetto al clima che cambia, non dimentichiamo che gli alberi sono esseri viventi».

Perché scegliere le foreste come capitale naturale? 

La foresta come capitale naturale – gli obiettivi del progetto Think Forestry coincidono con gli obiettivi ambientali della tassonomia europea: «Lavorare sulle foreste vuol dire lavorare sulla mitigazione dei cambiamenti climatici e la riduzione della CO2. Consente di lavorare agli adattamenti climatici laddove supportano un micro clima urbano che protegge dalle ondate di calore. Le foreste aiutano il ripristino della biodiversità: per questo abbiamo scelto di lavorare con partner che ci potessero assicurare foreste non monocoltura – ovvero meno idonee per garantire un ripristino della biodiversità. Le foreste regolano il ciclo dell’acqua, sia come protezione del suolo sia in caso di piogge intense; aiutano sull’inquinamento migliorando la qualità dell’aria. Laddove utilizzate come generazione di legname sostenibile, le foreste aiutano nella circolarità dei processi produttivi», spiega Burgoni. 

Un altro aspetto che il progetto si impegna a promuovere è l’impatto sociale: Intesa San Paolo ha scelto di intervenire su terreni pubblici, «per essere a disposizione di tutti, perché laddove la foresta entra a far parte del patrimonio delle comunità locali c’è anche una spinta a proteggerla».

Le foreste del mondo avranno un ruolo di primo piano nella riduzione del riscaldamento globale su umani, animali e interi ecosistemi

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato in un recente intervento: L’era del riscaldamento globale è finita; è arrivata l’era dell’ebollizione globale. Il 6 luglio 2023 è stato il giorno più caldo di sempre, con 17,23 gradi centigradi registrati a livello globale. In media, il pianeta Terra ha registrato la temperatura media mensile più alta della storia: +1,56°C rispetto alla media dell’epoca preindustriale. L’umanità – o il periodo storico dell’Antropocene – è nel pieno delle proiezioni pessimistiche previste dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC): senza riduzioni immediate e consistenti di emissioni di gas serra in tutti i settori, l’obiettivo di 1,5°C è fuori portata

Il nuovo obiettivo è evitare la possibilità di un riscaldamento di +2°C a livello globale. Per ridurre le emissioni, si dovrà consumare meno carbone, petrolio e gas e favorire l’assorbimento dei gas serra. E favorire l’azione terapeutica e invisibile delle foreste contro la CO2. A livello globale, una delle più recenti novità è la Dichiarazione sulle Foreste e l’Uso del Suolo sottoscritta durante la COP26 di Glasgow del 2021 da 114 Paesi, che ospitano complessivamente l’85% del suolo forestale, che punta a limitare e invertire la deforestazione entro il 2030.

Forestazione e riforestazione in Italia: Legambiente evidenzia che la superficie forestale italiana negli ultimi 80 anni è triplicata – diversa la situazione nel sud del mondo

Dall’Italia arrivano buone notizie: il report Foreste 2023 di Legambiente rileva che la superficie forestale italiana complessiva negli ultimi 80 anni è triplicata con un aumento del 20% in poco meno di 30 anni, dal 1990 al 2015. 

Lo stesso non si può dire per il Sud del mondo: secondo il rapporto del 2020 della FAO solo dal 1990 ad oggi sono stati deforestati 4.200.000 km2 soprattutto in Paesi come Brasile, Indonesia, Argentina, Bolivia, Colombia, Perù, Camerun, Guinea Equatoriale, Gabon e Liberia, dove il disboscamento illegale rappresenta fra il 50% e l’80% delle attività forestali. Secondo l’UNEP e l’Interpol invece, il saccheggio illegale di natura rappresenta un mercato del valore di 213 miliardi di dollari all’anno, e il disboscamento illegale la fa da padrone, con un mercato stimato in 100 miliardi di dollari all’anno. 

Investire nella forestazione urbana e rurale comporta vantaggi nel lungo periodo 

«Negli ultimi anni ogni anno perdiamo una superficie forestale pari a un terzo dell’Italia. Bloccare questo fenomeno ha un beneficio di breve termine: se guardiamo dal punto di vista della CO2 vuol dire mantenerne lo stock. La forestazione si innesta sul medio e lungo periodo, nei prossimi 20-30 anni. Per l’Italia abbiamo lavorato sulla nuova forestazione e i progetti futuri saranno sugli interventi di salvaguardia. Le piantumazioni si svolgeranno in modo tale che i clienti possano intervenire vicino alle loro sedi produttive. L’obiettivo è dare un contributo locale e sociale», spiega Burgoni. 

Le piante e gli arbusti impiegati per il progetto derivano in gran parte dalla filiera italiana di coltivazione, aggiunge Paolo Viganò di Rete Clima: «abbiamo contratti di coltivazione con la filiera vivaistica nazionale di Coldiretti, curiamo poi la fase manutentiva e curiamo i servizi ecosistemici generati dalle foreste. I contratti di coltivazione sono strumenti agricoli – favoriscono anche il lavoro dei contadini a livello di filiera poiché offrono stabilità al comparto agricolo. Avere una pianta nazionale è funzionale per questioni genetiche ma anche per l’economia di filiera».

Quali sono le caratteristiche di una foresta per poter essere definita tale

Sono le norme dei singoli Paesi – per l’Italia le leggi regionali – a definire cos’è una foresta. La FAO (Food and agriculture organisation of the United Nations) afferma che una foresta è un terreno con copertura arborea (o densità equivalente) superiore al 10% e una superficie di oltre 0,5 ettari, circa un campo da calcio. Gli alberi dovrebbero raggiungere un’altezza minima in situ di 5 metri nella fase di maturità. Il vero significato di foresta risiede nel cosa fa, negli effetti benefici per il pianeta e per la comunità umana. 

Lo spiega Paolo Viganò: «In termini tecnici si parla di multifunzionalità della foresta. Offre servizi ecosistemici a favore sostanzialmente dell’uomo. Che cosa fa nello specifico, dipende dal tipo di foresta, dalle specie che la compongono, dal tipo di manutenzione che richiede. Nelle foreste che hanno una maggiore vocazione alla tutela della biodiversità avremo una maggiore quota di arbusti invece di alberi. Al contrario, una foresta protettiva, a tutela del suolo, sarà composta soprattutto da alberi. Una foresta di latifoglie in ambito urbano permette un contrasto efficace alle polveri sottili, che sono il problema delle città. La foresta assorbe anche CO2, ha una funzione ricreativa ma in ambito urbano avere una foresta pensata con alcune specie particolare è utile per una funziona sanitaria». 

Per il periodo 2022-2025 Intesa San Paolo ha previsto investimenti e prestiti a supporto della green economy, circular economy e transizione ecologica

Il report Foreste 2023 di Legambiente spiega anche che il carbonio organico immagazzinato negli ecosistemi forestali italiani è pari a 1,24 Gt (miliardi di tonnellate), e la maggior parte è accumulato nei suoli che contengono il 57,6% del totale pari a 715,7 Mt (milioni di tonnellate).

Per il periodo 2022-2025 Intesa San Paolo ha previsto nuovi prestiti a supporto della green economy, circular economy e transizione ecologica – corrispondenti alla missione 2 del Pnrr – per 76 miliardi di euro, come spiega Burgoni: «Noi abbiamo degli obiettivi di decarbonizzazione come Gruppo bancario Net0. In ambito bancario abbiamo fissato obiettivi di riduzione in quattro settori: oil and gas; power generation; automotive e coal mining. Per le imprese occorre investire: a questo impegno si accompagnano i finanziamenti specifici per la decarbonizzazione. Nell’ambito del programma Think Forestry stiamo studiando una serie di interventi che saranno rilasciati l’anno prossimo, anche per le imprese più piccole. Stiamo lavorando per fare in modo che le imprese possano avere un piano di riduzione e avere gli strumenti necessari per arrivare a Net0».

Emanuela Colaci

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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