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Jil Sander Autunno 2024 – sartoria volumi e tagli nell incavo del gomito
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Moda: la creatività deve darsi un limite

Se la creatività non può espandersi in superficie, scende in profondità. Le sfilate, i limiti e le possibilità di un design responsabile: analisi, esempi, cronache e riferimenti

Limitare la creatività con il rigore significa aumentarne l’abilità

Qualcuno alza un ciglio: imporre limite alla propria creatività è l’opposto di quello ti piace sentirti dire. L’opposto di quello che ti aspetti ti voglia dire un mentore o un maestro o semplicemente un datore di lavoro: solo il migliore tra questi saprà spiegarti che si tratta di prospettive per ogni tua abilità. Il recinto è dato – e oggi deve essere rispettato. Non si può usare quello che sta fuori da questo recinto – ovvero, quasi tutto: i colori sgargianti e brillanti, e così le stampe; i fili di nylon che tutto riescono a tenere; le imbottiture in poliuretano; le resine, le plastiche; i fili elastici che tutto permettono di indossare e tenere. Cosa rimane dentro il recinto, a disposizione delle tue mani, per dar espressione alla tua creatività? Niente? 

Qualcosa rimane: il vero maestro tra i tanti che parlano ti saprà spiegare che la creatività non si espande in superficie ma scende in profondità, elabora, scava, va a fondo su ogni dettaglio. La tua abilità sta nel creare qualche cosa di nuovo usando quel poco che hai a disposizione. La creatività non è mai una questione di disponibilità, di libertà di risorse e pensiero. Più la creatività è costretta dal rigore, più la creatività reagisce in splendore. Quando la creatività è costretta dal rigore, si trasforma in abilità. Si dice che Flaubert si contorcesse tutta la notte per scrivere appena tre righe.

Moda e design responsabile: il concetto di eco design, definizioni e significati

Design Responsabile significa disegnare un prodotto – un vestito, se di moda parliamo – imponendo limiti alla propria fantasia e creatività. Non puoi fare quello che vuoi, secondo l’eco design. Eco Design vuol dire Design Responsabile, e questa seconda locuzione anche se più generica e meno usata, è più opportuna. 

L’esempio più ovvio di design non responsabile: l’utilizzo del nero compatto e assoluto. La sfilata di Valentino

All’opposto, che cosa è oggi un design non responsabile? L’esempio più ovvio: il nero. Tutti noi vestiamo di nero, un nero completo e assoluto – un colore che per essere fissato a un filo o un tessuto ha bisogno sia di chimica sia di una notevole quantità di acqua. L’ultima sfilata di Valentino a Parigi: ogni donna si sentirà a suo agio, e si piacerà allo specchio, con ognuno di quei 63 capi completamente neri assoluto – ma qui stiamo parlando d’altro. Sia Eco Design sia Design Responsabile sono entrambi sinonimi di design contemporaneo: un design rivolto al futuro – e nel futuro c’è l’unico successo. 

Sean McGirr per Alexander McQueen: l’atteggiamento, l’irriverenza e cenni di analisi sartoriale

Per anni, abbiamo osservato veli e organze e dettagli sartoriali eccentrici che volevano dare un rimando all’abilità di tagliatore sartoriale – cutter – che possedeva Alexander McQueen. Senza mai esagerare: McQueen di Sarah Burton è rimasto in una dimensione commerciale e vendibile. Sean McGirr ha presentato la sua prima collezione: è riapparso l’atteggiamento di Lee McQueen, e la sua irriverenza. Sean McGirr ha tirato fuori i tratti dell’identità anni Duemila di Lee McQueen, li ha rielaborati ai tempi attuali, rispettando la direzione generale che Hedi Slimane impone a tutta l’industria della moda (senza neanche sfilare). 

Alexander McQueen moriva nel 2010 – la sua ultima sfilata, Plato, aveva come colonna sonora una demo di Bad Romance di Lady Gaga, che per la prima volta veniva rilasciata quel 3 ottobre del 2009. Sono passati 15 anni. Tornano i volumi a campana di vetro, le spalle di alieno. La domanda è qui: come sono stati realizzati questi pezzi, oggi? Un’analisi a distanza che per questo può porre solo domande. Quali materiali sono stati usati per creare la rigidità in sartoria? Appare una maglieria esplosa nelle misure che potrebbe essere quelle di una testa di calamaro gigante: i fili usati per questa maglieria, cosa sono? Se fosse lana, forse la ragazza farebbe fatica a camminare sotto quel peso. Se fossero sintetici, sarebbe facile comprendere come sia stato possibile realizzarli.

Il designer, il budget disponibile: JW Anderson e Jonathan Anderson da Loewe

Sembra che un designer si sforzi a elaborare le sue idee lavorando su un disegno – che sia forma, colori, volumi. Quante colle sintetiche, quante imbottiture stabili, quanto elastico sarà necessario per realizzare quello che ha appena disegnato? I materiali e le lavorazioni sono scelte in funzione del budget (si tratta di due budget, a cui prestare attenzione: sia quello di prototipia, sia quello di produzione industriale). 

Si possono mettere a confronto le due collezioni disegnate da Jonathan Anderson – quella per il suo brand omonimo e quella per Loewe. Il primo, JW Anderson, vuole rimanere a un prezzo più accessibile e produce con un budget inferiore – il secondo, Loewe, esce con costi elevati da prima linea, ed è progettato con una maggiore disponibilità economica. Data questa differenza di presupposto, non si ritiene che JW Anderson – per qualità creativa, di design e manifattura – abbia un livello inferiore a Loewe.

Le microplastiche nelle placche aterosclerotiche

La notizia è stata amplificata dai rotocalchi nazionali: le microplastiche sono state ritrovate nelle placche aterosclerotiche. Uno studio italiano dell’Università della Campania, in collaborazione con l’Istituto dei Tumori di Milano e la scuola di medicina di Harvard a Boston, ha indicato come raddoppiato il rischio di infarto alla presenza di placche inquinata da microplastica. Le microplastiche sono state rilevate nella placenta e nel latte materno, nel fegato, nei tessuti cardiaci, nello sperma. Le prime tre fonti di inquinamento da microplastiche sono i pneumatici, l’industria cosmetica e il settore tessile. Polietilene e PVC sono usati ovunque. Di fronte a tutto questo, c’è ancora gente che pensa ai vestiti con le paillette. 

Il punto di partenza è da aggiornare: un designer che vuole essere contemporaneo, non parte più dal suo disegno. Il designer che oggi sa cosa sta facendo, comincia ragionando sull’impatto che quel vestito avrà in manifattura – e da questo ragionamento, discutendo con la filiera, comincerà scegliendo fibre naturali, prima di altre opzioni. Volendo davvero continuare a usare il sintetico, non lo mescolerà alle lane né alle pelli. Non mescolerà materiali diversi per consistenza, alzando il rischio di tenuta delle cuciture (sia che queste siano condotte in cotone sia in nylon). 

Jil Sander e Ferragamo: cenni di analisi, disegni che potenzialmente possono essere sviluppati in tessuto naturale

Altri due cenni di analisi, sempre osservando immagini e video: Jil Sander presenta volumi sulle braccia e tagli nell’incavo del gomito: come sono realizzati questi volumi? È possibile che siano stati ottenuti lavorando solo sulla grammatura del tessuto? Il tentativo potrebbe sussistere, con un poco di lana in mescola a fibre liberiane, e un lavoro di taglio capace di sferzare ordito e trama. Con più semplicità, basta usare fibre sintetiche e sufficientemente elastiche, uno strato di imbottitura in poliuretano o smile, taglio al laser, o altra tecnologia su materiale responsivo. I tagli nell’incavo del gomito sono un segno tipico di un tessuto naturale, perché in quei punti un tessuto rigido andrebbe a marcarsi dopo poco uso. Enfatizzare un difetto, e trasformarlo in un dettaglio estetico, è una mossa che coincide con la ricerca e la conversazione contemporanea – sia in sartoria, sia in comunicazione. La sfilata di Ferragamo insiste su una bordatura alta una spanna che gira sulla vita nei capi spalla, giubbotti o giacche. Le ribattiture sono un segno visibile – per gli occhi sembrano trasformare l’orlatura in una cintura – e producono robustezza. Un tale utilizzo delle cuciture, evolvendole in disegno, permette la lavorazione di tessuti naturali, stabilizzandoli.

La pelle, l’allevamento intensivo, la conceria Toscana – e la selleria di Hermès 

La pelle può anche essere intesa come materiale di scarto ma rimane lo scarto di una delle industrie più inquinanti attive, ovvero l’allevamento intensivo (abbiamo vissuto giorni di panico a Milano, per i dati sull’aria, riconfermando che l’agricoltura intensiva è responsabile di circa un terzo delle emissioni). Usando la pelle, capirà da dove questa proviene, indagando sulla qualità dell’allevamento da cui questa pelle proviene, sui trattamenti successivi e necessario all’utilizzo tessile (ricordiamo che il 25% di tutta la pelle del mondo passa dalle concerie italiane in Toscana). Ancora di più, se questa pelle produce borse o giacche che il pubblico può acquistare a cifre superiori ai cinque mila euro. Hermès, quando lavora una sella equestre, sa tracciare precisamente da dove tale pelle proviene, la qualità dell’allevamento e le condizioni di salute dell’animale che viveva libero al pascolo. 

La responsabilità etica del lusso, Lampoon e la parola trasparenza

Il lusso ha la responsabilità dell’eco design, di un design responsabile. Bisogna usare la parola etico e collegarla alla parola civile. Lusso etico, design etico – vivere civile. Una grande egida: imprenditoria etica. Oggi il lusso può sussistere solo e soltanto se si presenta come un valore etico – e soltanto il lusso può permettersi di commissionare un design etico. Non c’è niente di più costoso oggi, di una manifattura che possa produrre impatto positivo nel distretto e nella comunità in cui opera. Non c’è ragione – non c’è decoro, non c’è simpatia, non c’è bellezza – che possa valere il prezzo richiesto per un vestito, se questo vestito non è stato realizzato da una manifattura positiva.

In tutte le righe, non ho usato la parola sostenibilità di proposito. Sostenibilità è una parola che è stata abusata, che ha perso ogni possibilità di appiglio per il pubblico – una parola che troppi Boomer possono liquidare come una noia che non interessa a nessuno. Al posto di sostenibilità oggi usiamo trasparenza, sincerità – rispetto umano. Questo è quanto continuiamo e continueremo a scrivere su Lampoon.

Inutile lo sbadiglio per noia che ti sto muovendo, così come sono inutili le stampe a colori sgargianti che ti piace raccogliere nei mood-board creativi. Dal 17 ottobre 2023 è in vigore il Regolamento della Commissione Europea noto come Lotta alle Microplastiche che ne limita l’uso: in cosmesi, negli scrub così come mei trucchi; nel tessile, limitando il glitter. Nel 2024, un designer contemporaneo spero sappia smettere di utilizzare glitter.

Il fine ciclo dei capi tessile, il pre-loved, la difficoltà della rigenerazione tessile e del recupero

A oggi non esiste una vera filiera di riciclo dei capi – proprio perché ogni capo a oggi è una mescola di plastiche, fibre, pellami e metallo. Vero è che per la moda delle grandi case – quelle che in gergo editoriale chiamiamo primo tunnel – un capo è difficile che vada in cestino. I dati dimostrano come sia cresciuto il mercato della rivendita – o più elegantemente, del pre-loved. Rimane altrettanto vero come siano sempre le grandi case a condurre il desiderio del mercato: quando le aziende di abbigliamento o di fast fashion devono decidere cosa vendere, guardano le sfilate e riproducono in semplificazione. Se ne deduce e si può confermare come siano ancora le prime case ad avere il dovere di un design etico, la responsabilità di una creatività sviluppata nel rigore e con logica di una manifattura a basso impatto. Energia, chimica, plastica – fine ciclo e rigenerazione tessile. Riassumo, banalizzo: basta lurex, basta paillettes. 

Tornando a Parigi, rivediamo le sfilate che si sviluppavano su un mono materiale, un tessuto: in gran parte, la collezione di Saint Laurent per l’uomo. Non so dire se quel dispiego tessile prevedesse lana senza mescole con elastan e stabilizzati da poliestere – ma potenzialmente, quegli effetti possono essere raggiunti con tessuti naturali. La direzione è percorribile. Stessa cosa sovviene guardando The Row a New York (per inciso, le due gemelle hanno abolito l’uso del telefonino e la condivisione social durante la sfilata, sono le prime a farlo – e hanno rilasciato una presentazione fotografica).

Eco Design – secondo il principio dell’EPR: la sigla che indica Responsabilità Estesa del Produttore

Eco Design e il principio EPR non sono sinonimi. Il primo riguarda il disegno responsabile, il secondo riguarda la manifattura, il produttore. Succede oggi ancora l’incredibile: è il produttore che decide, trovando l’idea giusta, come risolvere e rendere reale il disegno fantasioso dello stilista. Succede – o si spera: succedeva – che lo stilista non entrasse neanche nei meriti della realizzazione della sua linea. Si limitava a vedere il risultato e a complimentarsi per la buona riuscita quando gli veniva presentata – oppure rimandava indietro il prototipo perché insoddisfatto rispetto a quando aveva richiesto, secondo il suo disegno creativo.

Oggi, il disegno si deve basare sul processo produttivo. Il disegno deve essere responsabile. La creatività tutta, e anche la comunicazione – si basano sui passaggi di manifatture, sull’esaltazione dei virtuosismi evitando non solo di sprecare, ma di sporcare. Oggi, rilasciare un prodotto in plastica, o peggio ancora un prodotto che possa rilasciare micro fibre sintetiche, significa precisamente sporcare. C’è anche il male odore della nostra pelle quando siamo vestiti di poliestere. 

Il lusso oggi è avere poche cose, ma buone – se possibile, stupende.

Carlo Mazzoni 

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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