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Sul ritorno dei Club Dogo: la rivincita degli zanza

La reunion della Sacra Trinità del rap italiano, composta da Guè, Jake La Furia e Don Joe, si è fatta aspettare per 10 anni ma poi è arrivata – con risultati inaspettati persino dal trio

Tra marzo e aprile, dieci concerti live dei Club Dogo

I Club Dogo sono tornati. Domenica 10 marzo, per la prima volta in quasi dieci anni, Guè, Jake La Furia e Don Joe sono saliti sullo stesso palco per esibirsi nel vecchio e nuovo repertorio del cane a tre teste. Di live identici a quello di domenica al Forum di Assago, ne sono previsti in totale dieci. Tutti tra marzo e aprile, tutti sold out da ben prima che uscisse il nuovo album, Club Dogo.

Pensare che, un bentornato del genere, non se lo aspettavano manco i tre dell’Ave Maria. Inizialmente, per festeggiare l’uscita del nuovo album Club Dogo, l’idea era di annunciare due o tre live al Forum e sperare di riempirli. Quando sono sfumati tutti i biglietti in pochissimo tempo, l’operazione che è stata messa in atto dalla Dogo Gang è stata quella di continuare ad aggiungere date. Finché, al decimo sold out, non hanno fatto che annunciare un live a San Siro, il 28 giugno. Tra l’altro, per chi stesse rosicando per essersi perso i dieci Forum, c’è ancora qualche possibilità di vedere il trio allo stadio. Non bisogna dormirci troppo sopra. Vista la velocità con cui sono andati via gli altri biglietti.

L’ottavo disco dei Dogo: in tre settimane dall’uscita è stato certificato disco di platino, con oltre 50mila copie vendute

Sold out preventivi a parte, il 12 gennaio è arrivato l’ottavo disco dei Dogo: in tre settimane dall’uscita è stato certificato disco di platino, con oltre 50mila copie vendute. Dati e numeri sono sotto l’occhio e sulla bocca di tutti, ma di come e perché questo grande ritorno sia finalmente successo, quello forse spetta a noi scoprirlo facendo qualche passo indietro.

L’ultimo live ufficiale dei Club Dogo, prima del ritorno di quest’anno, è quello all’Alcatraz di Milano, datato 29 gennaio 2015. È stata l’ultima volta che Jake La Furia, Guè e Don Joe sono saliti sullo stesso palco dietro al moniker del gruppo. Poi più nulla e ognuno per la propria strada solista. Per come i tre avevano poi commentato negli anni successivi l’ipotesi di una reunion, a molti quello dell’Alcatraz era sembrato un inchino d’addio, più che un arrivederci.

Jake la Furia sulla sorte dei Club Dogo

Così Jake la Furia mi aveva risposto nel 2018 quando era passato a trovarci in redazione a Rolling Stone per promuovere un suo singolo: «Ti dò un aggiornamento che non so se è il caso di approfondire in questo momento. Questa cosa dei Dogo attualmente è portata avanti da persone che non sono i Dogo. I Dogo adesso sono gestiti da tre manager diversi, con due etichette diverse, vivono in città diverse e non fanno niente insieme da credo tre anni. Becco della gente in giro che mi dice: “So che adesso esce il disco nuovo dei Club Dogo” e io dico: “Ah, beato te che lo sai” e mi rispondono “Ah, vedi che nessuno l’ha smentito?” e io rispondo: “Te lo sto smentendo io proprio adesso”. Quindi, non c’è niente di Dogo».

Ancora: «Ci sentiamo ogni tanto, ma di Dogo non c’è nulla. Capita spesso volentieri che ci incontriamo, sia con Joe che con Guè. Se questi incontri informali però devono diventare fenomeni mediatici e scandalistici, alimenterebbero cose che non esistono. Se mi voglio mangiare una pizza con Guè o bere una birra con Joe lo faccio, ma non lo utilizzo per propagandare una cosa che non c’è. Farei 150mila like a una foto di noi tre insieme? Non me ne faccio un cazzo. Darebbe solo false speranze alla gente. Sei deluso?»

I Dogo avevano vincoli contrattuali che prevedevano ancora un disco con la loro major, Universal

In sostanza, le questioni sollevate da Jake qui erano due (sì, ero deluso). Il primo riguardava il preservare l’immagine sacra che tutti, sia i colleghi della scena che il pubblico, hanno sempre avuto dei Dogo. «Perché fare una reunion? I Club Dogo non hanno mai sbagliato un album. Perché sbagliare adesso? I dischi che abbiamo fatto in 15 giorni, strafatti, sono diventati dei classici. Perché dobbiamo sbagliare un album adesso per far contenti gli altri?» Il secondo punto, che Jake poi mi aveva confidato a microfoni spenti dopo l’intervista, era un “tuttavia” rispetto al primo punto. I Dogo infatti avevano dei vincoli contrattuali che prevedevano ancora un disco con la loro major, Universal. Per cui, stando a questa clausola, prima o poi una reunion si sarebbe dovuta comunque fare.

Figurati quindi, sapendo questo piccolo cavillo a forma di gossip, se mi sarei fatto sfuggire l’occasione di chiedere ulteriori delucidazioni (gossip) a Don Joe, tre anni più tardi, stavolta su Red Bull Music. «Sì, abbiamo un contratto per cui, nel caso di una reunion, dev’essere fatta per Universal. Ma in realtà non è solo quello: è che una reunion poi va fatta su un disco dei Dogo, non di qualcun altro. Abbiamo detto no a tanti amici che ci hanno proposto di farla sul loro album. Anche Jake l’ha ribadito tante volte. È il nostro volere. Non vorrei mai che Guè e Jake si sentissero obbligati a venire nel mio disco perché sono io che glielo chiedo. È sbagliato, dobbiamo volerlo tutti».

A marzo 2023, in gran segreto, i Club Dogo si sono ritrovati in studio e hanno dato vita a un nuovo capitolo del rap italiano

Mettendo insieme tutti i tasselli del puzzle, viene fuori che era soltanto questione di trovare la voglia di rimettersi in gioco, visto che di coraggio ne hanno sempre avuto. Così, a marzo 2023, in gran segreto, i tre si sono ritrovati in studio e hanno dato vita a un nuovo capitolo del rap italiano. In questo ha aiutato il tempo che è trascorso (quasi dieci anni), i dischi solisti che hanno confermato con successo le tre rispettive carriere e soprattutto l’urgenza di uscire un po’ dalla logica del passato. A forza di chiedere ai Dogo dei Dogo, gli è venuta voglia di tornare a parlare di sé al presente. La restante parte, la più importante, è stata fatta penso dai fan, la sterminata folla intergenerazionale che sta riempiendo dal parterre alla piccionaia il Forum in questi giorni.

Tutti hanno sottovalutato la categoria di persone a cui appartengono i Dogo e i loro fan (compreso il sottoscritto): gli zarri

A tutti quelli che non conoscono o che conoscono poco i Dogo, potrebbe sembrare assurdo che in vent’anni di album ci sia una coerenza nell’evoluzione dei Club Dogo. Come fa un album affilato e inzuppato di temi politici come Mi Fist (2003) essere firmato dallo stesso gruppo che canta insieme a Giuliano Palma “Sto lontano dallo stress / Fumo un po’ e dopo gioco a PES”? Siamo sicuri che da Cronache di Resistenza a “Chiamami bomber, passami il Dompe” non sia successo qualcosa? La verità è che tutti hanno sempre sottovalutato la categoria di persone a cui appartengono i Dogo e i loro fan (compreso il sottoscritto): gli zarri.

“Il sogno di ogni zanza si è avverato” recitava la caption dell’annuncio della reunion a dicembre 2023. Prima ancora di essere un Dogofiero, i Dogo e la loro sterminata progenie sono fieri e consapevoli di essere quelli che impennano col Booster, che parlano al riocontra, che si mettono le tute in acetato e che al parchetto passano le ore a piazzare-scena che peraltro hanno ricostruito anche sul palco con tanto di comparse, scooter e pure l’immancabile fontanella di ghisa verde dei parchetti di Milano e dintorni.

Un profilo instagram amato dagli zarri dogofieri, @trapitaly, augurare “ramadam kareem” a tutti i follower musulmani

Proprio nei parchetti è nato un movimento, di cui i Dogo si sono fatti la voce sin dagli inizi, che oggi ha raggiunto una portata oceanica, uno strapotere in grado di defenestrare dalle classifiche i vari Ligabue e Pausini, di riempire dieci Forum e un San Siro. Ed è lì, mentre erano tutti impegnati a giudicare le apparenze, che gli zanza hanno serrato le file e continuato per la loro strada, accomunati anche da un eterno sentimento anti-polizia contrapposto invece a un ossequioso rispetto per le diversità all’interno dell’esercito zanza. Proprio oggi, per esempio, mi è capitato di vedere un profilo instagram molto amato dagli zarri dogofieri, @trapitaly, augurare “ramadam kareem” a tutti i follower musulmani.

In più, da buoni zarri, i Dogo si sono permessi anche di prendere per il culo chiunque facesse loro le pulci. Intitolare l’ultimo disco dieci anni fa “Non siamo più quelli di Mi Fist” era stata una bella pernacchia a tutti quelli che per anni, album dopo anno, avevano ripetuto questo mantra di critica senza mai aver capito nulla di Guè, Jake e Joe come gruppo e come persone.

Il 2024 sarà ricordata come un’annata generosa per il rap

“C’era una volta in Italia / Dove la strada ti abbaglia, la musica ti salva / Questo è l’inno alla marmaglia, il Dogo non abbaia / La gente mi ha dato questa medaglia” il ritornello della traccia d’apertura del nuovo disco parla chiaro. I Dogo non sono più quelli di Mi Fist, né quelli di Penna Capitale o quelli di “passami il Dompe”: sono sempre stati tutte queste cose messe assieme e alla fine si sono riuniti perché volevano farlo, non perché ne avevano bisogno. Loro in primis, che sono letteralmente i padri di ogni persona che faccia o ascolti rap in questo Paese, sono rimasti piacevolmente sorpresi quando hanno raccolto ciò che hanno seminato. Il 2024 sarà ricordata come un’annata generosa per il rap.

Claudio Biazzetti

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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