Cerca
Close this search box.
  • EDITORIAL TEAM
    STOCKLIST
    NEWSLETTER

    FAQ
    Q&A
    LAVORA CON NOI

    CONTATTI
    INFORMAZIONI LEGALI – PRIVACY POLICY 

    lampoon magazine dot com

TESTO
CRONACHE
TAG
SFOGLIA
Facebook
WhatsApp
Pinterest
LinkedIn
Email
twitter X

Un confronto tra Elsa Morante e Paola Cortellesi: possibile o banale?

Da C’è ancora domani di Paola Cortellesi alla fiction Rai La Storia di Elsa Morante: perché le storie delle donne del secondo dopoguerra rimangono ancora attuali?

La Storia di Elsa Morante: il ruolo marginale delle donne nella grande Storia

Elsa Morante impiegò tre anni a scrivere il romanzo La Storia e al momento della pubblicazione rischiò di rompere il sodalizio lavorativo tra la scrittrice e la casa editrice Einaudi. Il libro fu pubblicato nel 1974 – quest’anno celebra il cinquantenario – e per volere di Morante (il motivo di scontro con la casa editrice) fu stampato nella collana Gli Struzzi in edizione tascabile in brossura e a basso costo. Questo perché Morante voleva che tutti avessero la possibilità di leggerlo. La Storia è ambientata a Roma durante e dopo il secondo conflitto mondiale tra il 1941 e il 1947. 

La protagonista Ida Ramundo è una vedova, maestra elementare e di origine ebraica. Ida vive nel quartiere di San Lorenzo con i figli Nino, avuto dal marito, e Giuseppe, nato dallo stupro che subì da un soldato tedesco, Gunther. Morante nel romanzo dipinge un affresco dei quartieri romani martoriati dai bombardamenti e delle borgate di periferia come il Ghetto di Roma e i Castelli. La vita di Ida è la vita di una donna comune, non c’è eroismo, combatte e arranca per la propria sopravvivenza e per quella della sua famiglia. Quando uscì il romanzo La Storia per la prima volta fece scandalo, perché raccontata una verità che nessuno aveva ancora detto: la violenza sulle donne, l’orrore della guerra, il culto del fascismo come fede ma soprattutto il ruolo sempre marginale che le donne erano costrette ad occupare ne La Storia

Adattamenti cinematografici de La Storia di Elsa Morante da Claudia Cardinale a Jasmine Trinca nella nuova fiction Rai

Il primo adattamento cinematografico del romanzo di Elsa Morante risale a trent’anni fa. Nel 1986 fu mandata in onda una miniserie televisiva diretta da Luca Comencini che vedeva come protagonista nei panni di Ida, Claudia Cardinale. L’8 gennaio  è andata in onda su Rai1 la prima puntata del nuovo adattamento televisivo de La Storia, che vede alla regia Francesca Archibugi e alla sceneggiatura Francesco Piccolo, Macchia e Giulia Calenda. La serie in otto episodi prodotta da Picomedia ha scelto Jasmine Trinca come protagonista nel ruolo della Ida Ramundo. Tra gli altri attori troviamo Francesco Zenga nel ruolo del figlio Nino ma anche Valerio Mastandrea nel ruolo dell’amico Remo e poi Elio Germano, Asia Argento, Lorenzo Zurzolo. 

Le ambientazioni ci immergono nei quartieri romani mantenendo tutte le differenze di linguaggio alto e basso riportate da Elsa Morante nel romanzo. La prima puntata mandata in onda in prima serata ha registrato uno share del 23.47%, con una media di 4.459.000 telespettatori, decretando un successo per la Rai. La storia di Ida, racconta la nostra storia italiana, la storia di tutte le famiglie, tutte diverse e tutte uguali.

C’è ancora domani di Paola Cortellesi è il film con il maggiore incasso del 2023 in Italia

Con oltre trentadue milioni di incassi ha superato il cinema americano con Barbie e Oppenheimer al secondo e terzo posto. C’è ancora domani di Paola Cortellesi è il film con il maggiore incasso del 2023 in Italia. Paola Cortellesi, alla prima prova da regista e attrice protagonista, racconta la storia di una donna comune Delia, una casalinga proletaria che vive nella Roma del 1946 con i suoi figli, il suocero ed il marito violento. Gli unici compiti che ci si aspetta da Delia sono quelli di cucinare, badare a i figli, prendersi cura del suocero allettato e ogni tanto svolgere qualche lavoretto saltuario. Quella che racconta Cortellesi è una storia comune, potrebbe essere una donna qualunque, una storia che a quanto dicono gli incassi è tornata familiare a molti. C’è ancora domani ha sollecitato la memoria storica sul ruolo femminile, a scoperchiato il vaso della violenza domestica, ha parlato della condizione della donna con un linguaggio attuale. 

Le scene di violenza tra il marito Ivano (Interpretato da Valerio Mastandrea) e Delia sono state rappresentate tramite il ballo, come fossimo a teatro e attraverso le urla della madre ascoltare dai figli rinchiusi nell’altra stanza per non vedere gli orrori. La violenza domestica, un marito che prende a schiaffi la moglie nell’Italia di allora era la norma. Paola Cortellesi, con il personaggio di Delia è riuscita a dare voce a qualcosa di inespresso ma di cui tutti erano a conoscenza: alla condizione delle donne del tempo che dovevano arrangiarsi con mille lavoretti per tirare a campare, che non potevano accedere all’istruzione, che non avevano controllo sul proprio denaro ed erano considerate alla mercé del marito. C’è ancora domani ci ha messo davanti allo specchio una società patriarcale è sì diversa da quella odierna ma non completamente. 

La resilienza di Ida e Delia e di tutte le donne italiane: la fragilità umana e il coraggio di cambiare

Le donne fino al secondo dopoguerra, indipendentemente dalla classe sociale o dalla provenienza, avevano qualcosa in comune. Erano considerate solo figlie, madri o mogli di uomini. Il loro nome era pronunciato solo insieme al nome dell’uomo che ne esercitava la proprietà. Ida e Delia – rispettivamente le protagoniste del romanzo La Storia di Elena Morante e del film C’è ancora domani di Paola Cortellesi – sono due donne appartenenti a due mondi diversi: una è maestra, di origine ebraica e l’altra è una casalinga proletaria. Accomunate dalla fragilità umana e dal coraggio di cambiare il proprio stato di minorità. 

Entrambe vivono a Roma, una durante la guerra e l’altra nel primo dopoguerra, entrambe cercano a loro malgrado di tirare avanti cercando di salvarsi la vita e preservare la propria famiglia. Se c’è una parola abusata negli ultimi anni è ‘resilienza’, ma è proprio la resilienza, la capacità di adattarsi alle difficoltà e ai tempi che ha permesso a Ida, Delia e alle donne italiane di salvarsi e di mandare avanti un paese distrutto dalla guerra e dalla crisi. Morante e Cortellesi hanno raccontato le storie di queste donne, il loro eroismo delle piccole cose che era stato celato e negato alla narrazione della storia con la S maiuscola. 

I diritti delle donne prima del ventennio fascista: i primi movimenti femministi e l’accesso alle università

I primi movimenti femministi nacquero in Italia ancora prima degli anni Venti del Novecento. Nel 1867 il deputato Salvatore Morelli per primo presentò un disegno di legge per consentire il Suffragio Universale, per questo è considerato il pioniere dell’emancipazione femminile. La proposta di legge non venne approvata e per il suffragio Universale le donne italiane dovranno aspettare il secondo dopo guerra. A fine Ottocento iniziano i primi fermenti e le prime iniziative riguardo la condizione femminile in Italia, vengono fondate riviste e associazioni come la rivista La donna fondata da Gualberta Alaide Beccari e la Lega promotrice degli interessi femminili, fondata a Milano nel 1879 dalla giornalista Anna Maria Mozzoni. Nel 1874 le donne italiane avevano ottenuto l’accesso ai licei e alle università, ma il numero di iscritte è esiguo e molte scuole si rifiutano di ammettere studentesse donne. 

Nel 1877 Ernestina Paper è la prima donna laureata in medicina in Italia e nel 1881 Lidia Poët diventa la prima donna iscritta all’Ordine degli avvocati. La condizione della donna e i cambiamenti legislativi proseguono a rilento ma vanno avanti. Migliorano anche le condizioni lavorative delle donne nei campi e nelle fabbriche, le ore lavorative vengono limitate a dodici. Dopo il Decreto Regio del 1905 alle donne è permesso insegnare nelle scuole medie. 

Nel 1910 viene approvata la Cassa di Maternità che garantisce alle donne un sussidio fisso per il congedo di maternità. Nel 1912 c’è un secondo tentativo di aprire il voto anche alle donne, ma l’allora primo ministro Giovanni Giolitti vi si oppone. Durante la prima guerra mondiale le donne ricoprono i posti di lavoro lasciati vuoti dagli uomini chiamati al fronte. Con la legge Sacchi del 1919 viene abolita l’autorizzazione maritale e alle donne è concesso di entrare in tutti gli uffici pubblici tranne magistratura, politica ed esercito (dal 1865 il Codice di famiglia stabiliva che le madri non avessero il diritto di tutela sui figli legittimi, né potessero essere ammesse ai pubblici uffici).

Famiglie diverse rispetto a quelle di oggi: l’ascesa del Fascismo e la condizione femminile 

L’ideologia Fascista riportò in auge la figura della donna come madre e custode della famiglia. Nonostante durante la Seconda Guerra Mondiale, come nella Prima, molte donne presero il posto degli uomini nel lavoro in fabbrica e nei campi, l’impiego femminile venne fortemente disincentivato. Famiglie diverse:  la procreazione era il dovere primario delle donne, nel 1939 venne istituita la ‘medaglia d’onore per le madri di famiglie numerose’, destinata a chi aveva avuto molti figli e così servito la loro Patria. Durante il Fascismo il Codice della famiglia venne redatto ponendo la figura della donna in totale sudditanza rispetto al marito. La donna era oggetto di possesso maschile e ne dava conferma anche il Codice Penale. Nel 1930 con il Codice Rocco venne aggiunto l’art. 587 noto come ‘Delitto d’onore’ che prevedeva uno sconto di pena di un terzo per “chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la sorella per difendere l’onore suo o della famiglia”. 

Inoltre fu istituito il ‘Matrimonio riparatore’ che consentiva l’estinzione del reato di violenza carnale per lo stupratore di una minorenne se egli avesse accondisceso a sposarla per salvare l’onore della sua famiglia. Per l’abolizione del Delitto d’Onore e del Matrimonio riparatore le donne italiane dovranno aspettare fino al 1981. Le posizioni del Fascismo e della Chiesa Cattolica riguardo la condizione femminile vanno di pari passo e sono rafforzate con il Patti Lateranensi del 1929 e con l’enciclica Casti Connubii di Papa Pio XI del 1930 in cui viene ribadito il ruolo primario della donna come madre, la sacralità del matrimonio cristiano, l’immoralità dell’aborto e la parità dei sessi è considerata ‘contro natura’. Le uniche organizzazione femminili concesse dal fascino furono quelle di origine cattolica e l’Organizzazione Femminile del Partito Nazionale Fascista (ONB), fondata nel 1938, era l’organizzazione femminile ufficiale del Partito Nazionale Fascista. Si concentrava sull’educazione delle donne secondo i principi fascisti e promuoveva l’idealizzazione del ruolo tradizionale della donna. 

Il ruolo delle donne nella resistenza e nel dopoguerra 

La Resistenza italiana fu un movimento diffuso, che coinvolse persone di diverse fasce della società, tra cui molte donne che giocarono un ruolo fondamentale nelle attività partigiane. Le donne parteciparono alla Resistenza svolgendo compiti come staffette, infermiere di guerra, corriere di informazioni e combattenti. Si stima che il 20% dei partecipanti al movimento di resistenza fossero donne, ma questo dato non conta tutte quelle donne che ricoprirono ruoli di aiutanti e fiancheggiatrici. Il 1º febbraio 1945 con il Decreto legislativo n.23 su proposta di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti il suffragio femminile viene finalmente riconosciuto. Le donne si recarono per la prima volta alle urne per il referendum del 2 giugno 1946, una data storica come ci racconta Paola Cortellesi. Nel dopoguerra vennero via via eliminate tutte le restrizioni apportate dal fascismo.

Le storie di Elsa Morante e Paola Cortellesi: casi di violenza in Italia nel 2023

Nelle storie di Ida e di Delia si sono riviste tante donne e tanti uomini ci hanno rivisto le loro nonne, madri o sorelle. Le loro storie per quanto distanti nel tempo hanno ancora tanti punti in comune con le vite delle donne di oggi. Mai come nell’Italia del 2023 si è tanto parlato di Patriarcato. Dopo il caso della studentessa Giulia Cecchettin uccisa dall’ex fidanzato e le parole della sorella Elena e del padre Gino, si è risvegliata una coscienza collettiva. 

Le storie di donne comuni possono fare la differenza, come quelle di Ida, di Delia e di Giulia. I femminicidi in Italia nel 2023 sono stati più di cento. Il numero di chiamate al numero antiviolenza 1522 nel 2023 ha superato le quarantamila. Secondo i dati Istat la violenza fisica è la motivazione principale delle richieste di aiuto, pari al 47,6%. La violenza psicologica è la seconda causa delle chiamate (36,9%). Nel 62,3% chi ha chiamato ha dichiarato di aver subito più tipi di violenze, e la violenza economica, oltre a quella fisica, è quella essere più frequentemente associata alle altre. Il 24,8% delle donne che si sono rivolte al 1522 hanno affermato di aver paura di morire e di provare timore per la propria incolumità e dei propri cari. Dai casi di violenza riportati al 1522 la violenza è preminentemente di tipo domestico. Il 79,4% delle vittime ha dichiarato che il luogo della violenza è la propria casa.

Domiziana Montello

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

SFOGLIA
CONDIVIDI
Facebook
LinkedIn
Pinterest
Email
WhatsApp
twitter X