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Eva Herzigova, Raimondo Vianello, Veronica Pivetti a Sanremo nel 1998
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Italiani e la televisione – da Sinner a Sanremo

Italiani, la televisione e le canzoni: la finale dello Slam in Australia non era visibile in chiaro: la RAI non ha acquisito i diritti – settimana prossima comincia Sanremo

La RAI non ha acquisito i diritti per trasmettere la finale tra Sinner e Medvedev 

La finale in Australia tra Sinner e Medvedev non era trasmessa in chiaro. Non dalla televisione di Stato. Sembra che l’ipotesi non sia stata valutata, in RAI: il costo dei diritti alto per una programmazione mattutina. A Sanremo intanto, una parte del budget, grande o piccola che sia, è stata destinata per ospitare Russel Crowe sul palco dell’Ariston: la conversazione con Amadeus, in sincronia italiano inglese, seguirà una scaletta che, alcuni vogliono scommettere, troveremo nel Bignami definitivo di tutti i luoghi comuni.

Calcio, tennis, canzoni – Alessandro Barbero e il senso di comunità in Italia

Gli italiani si sentono italiani davanti al calcio e alle canzoni. Non davanti al tennis? Si registrano incrementi di iscrizione tra i ragazzini alle elementari, liste d’attesa per entrare nei club. Domenica 28 gennaio, molti italiani hanno pagato istantaneamente Discovery per poter vedere la partita di tennis – mentre la RAI non svolgeva il ruolo a cui è chiamata: quello di una televisione di Stato, per la quale paghiamo un canone, chiamata ad avere una funzione anche educativa e culturale, non soltanto aziendale. La RAI è titolata alla cura e all’orgoglio di un lavoro che svolge da circa un secolo: amalgamare gli italiani, farli diventare un popolo unico, la stessa lingua al netto dei dialetti, sentimento di coesione civile e popolare che si chiama nazione.

Alessandro Barbero dice che l’Italia si sentì per la prima volta comunità quando, all’accendersi della Prima Guerra Mondiale, si trattò di decidere se entrare in guerra o rimanere imparziali. Gli intellettuali futuristi guidatati da Marinetti spingevano per l’intervento, con loro la classe intellettuale e il direttore del Corriere della Sera, Albertini. Ci ritrovammo nazione per reazione, per un impulso anti austriaco – entrammo in guerra. La Grande Storia fece il suo corso a cui portiamo rispetto – ma dagli anni Cinquanta in avanti, quando non avemmo più un nemico contro cui vivere la tragedia, fu madre TV a farci sentire a casa.

Italiani davanti allo sport, alle canzoni e alle canzonette

Per vedere la vittoria di un ragazzo italiano in Australia, siamo stati in molti a pagare istantaneamente un mese di abbonamento a Discovery. Preoccupati di disdire subito a seguire – anche se qualcuno se ne dimenticherà, e Discovery avrà un altro saldo. Discovery è un’azienda americana – ci siamo sentiti uniti, italiani, innamorati e commossi, pagando un’azienda americana (ci sentiremo così anche con Russel Crowe in imbarazzo con Amadeus). Di pochi giorni fa, gli ultimi dati hanno rilevato il reddito medio degli americani al doppio del reddito medio di noi italiani. C’è della logica: viviamo con un Apple in mano, facciamo ogni domanda a Google, compriamo libri e qualsiasi cosa di cui abbiamo bisogno entro domani su Amazon, promuoviamo il nostro lavoro su Meta. Per sentirci italiani, ci abboniamo a Discovery.

Pier Silvio Berlusconi e il ruolo della televisione di Stato

Dopo avere licenziato Barbara d’Urso, Pier Silvio Berlusconi ha dato nuova prova di lucidità. Presentando agli analisti i numeri positivi delle sue televisioni commerciali, li poneva a confronto con quelli di RAI. Un confronto che portava i due piatti della bilancia quasi all’equilibrio – l’analisi relativa permetteva dignità reciproca e nessuna sconfitta. Pier Silvio Berlusconi notava come un errore le strategie aziendali RAI simili a quelle di una televisione commerciale. Tra le molte altre cose, il canone pubblico permette ai dipendenti di Saxa Rubra di pagare 70 centesimi per la mensa aziendale. Una televisione al Servizio Pubblico, è un’istituzione dedicata all’informazione, all’educazione e all’intrattenimento – tre funzioni che insieme producono l’identità civile e che, come tutta la storia dell’editoria insegna, sanno portare guadagno aziendale.

Sono solo canzonette? Max Pezzali e il racconto della provincia di Pavia

Sono solo canzonette. Facendo una passeggiata per Pavia, si riesce a comprendere come Max Pezzali abbia saputo codificare – sia con le sue parole sia con i suoi ritmi e con i suoi accordi a giro – il modo e il passeggio, fraseggi, atteggiamenti dei ragazzi di Pavia. Sia ieri come ancora oggi. Magari non lo sanno, forse i più giovani non conoscono le sue canzoni, ma lo stereotipo generazionale che Pezzali aveva portato dalla dimensione di provincia alla cultura popolare nazionale, è leggibile ogni domenica pomeriggio, verso sera, camminando per il corso che si svuota e riempie i pub. Gli atteggiamenti dei ragazzi di provincia, più schietti, semplici e sinceri, sono quelli che oggi vediamo nei talent televisivi. 

Sanremo: Fiorello, Giorgia e Lorella Cuccarini – un abito di Valentino

Fiorello andò a Sanremo nel 1995, portò una canzone scritta da Pezzali – Finalmente tu, che voleva essere la ripresa di Come mai. Vinceva Giorgia con Come Saprei scritta da Ramazzotti. Lo stesso anno, cantava Lorella Cuccarini passando il microfono da una mano all’altra con un sorriso nevrotico. Lorella Cuccarini aveva presentato il Festival con Pippo Baudo nel 1993, tre anni prima, indossando un abito di Valentino che sarebbe stato riusato, identico, da Julia Roberts per ritirare il suo premio Oscar otto anni più tardi nel 2001. A quei tempi, gli Americani prendevano la moda italiana di seconda mano.

Dagospia, Sanremo – Mengoni turbofregna, i campioni d’Europa

Oggi, Dagospia si domanda dove siano finite le veline che accompagnavano Pippo Baudo a Sanremo, per poi risolversi sulla mercificazione del maschio invece che della donna da esposizione. La turbofregna è Marco Mengoni per il martedì sera, forte di un pubblico più ampio: non gli eterosessuali in attesa della gonna a spacco, ma donne e quanti fluidi per un volume di pelle tra dorsale e pettorale.

Campioni d’Europa, vincitori all’Eurovision – eravamo noi gli italiani nel 2021. La rivista Monocle descriveva l’Italia come un paese in esaltazione. Sinner ha vinto in Australia, ma rimane quarto nella classifica generale, Djokovic è sempre primo. Il divario di punteggio è diminuito – ma non diminuisce il divario anagrafico. 

L’egemonia culturale e il senso di comunità: un articolo di Aldo Grasso e le frasi di Amadeus

Aldo Grasso scrive che l’egemonia culturale italiana appare farsa o tragedia – farsa quella di destra, tragedia quella di sinistra. In una sintesi che vale per entrambe le parti, si può dire che un’egemonia culturale italiana sia oggi afflitta dai bestseller di consumo, dall’idolatria dell’individualismo. Si applaude chi ha guadagnato molto, non importa facendo cosa o svendendo cos’altro: se fattura, è più bravo degli altri. Questa è l’evidenza più precisa del crollo di ogni egemonia culturale in Italia. 

Bisognerebbe sostituire egemonia culturale con una locuzione equivalente, che voglia dire la stessa cosa: senso di comunità. Perché forse parlare di egemonia culturale, crea distanza, esclusione e freddezza – mentre l’egemonia culturale è da intendersi esattamente come senso di comunità. Quello che si coltiva, da decenni grazie anche alla RAI, oggi sia con la vittoria di Sinner sia con il Festival di Sanremo che sta per cominciare (al lordo di tutti i luoghi comuni e delle frasi banali con i quali Amadeus ci assopirà). 

Carlo Mazzoni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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