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Maschi contro la mascolinità tossica: Mica Macho e Maschile Plurale

Una community online e un ente del terzo settore si occupano di contrastare la violenza maschile sulle donne attraverso l’educazione e il confronto tra uomini

Femminicidi in aumento: l’impegno di Maschile Plurale e Mica Macho contro la cultura maschilista

Sono 109 le donne uccise nel 2023, fino al 3 dicembre, di cui 90 in ambito familiare o affettivo, 58 per mano di  partner o ex partner. Nel 2022 erano state 106. È quanto emerge dal report Il Punto-Il pregiudizio e la violenza contro le donne’, elaborato dal Servizio Analisi Criminale, che esamina la tematica attraverso l’elaborazione dei dati della banca dati delle forze di polizia. 

Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, molti maschi hanno iniziato a interrogarsi sulla necessità di responsabilizzarsi ed educarsi rispetto a queste tematiche. Esistono in realtà associazioni e collettivi che, già da tempo, portano avanti un lavoro di sensibilizzazione rispetto alle questioni di genere e di superamento di una cultura patriarcale e sessista. È il caso di Maschile Plurale, ente nato a Roma nel maggio del 2007, e oggi operante in diverse regioni italiane, che si occupa di promuovere una cultura che superi il patriarcato e una società libera dal sessismo. 

C’è poi ‘Mica Macho’: associazione e community per le persone «stanche della virilità machista». Oltre a portare avanti un’opera di sensibilizzazione sui temi del maschilismo tossico e del machismo, questa realtà, una volta al mese, organizza incontri di autocoscienza online.

Mica Macho: Gabriele Guadagna, rappresentante e content creator del progetto, interviene sul lavoro di decostruzione del modello maschilista

Mica Macho si definisce «un laboratorio inclusivo che ragiona sul maschile mettendo in discussione il modello di uomo che viene imposto dalla società. Il progetto è nato circa tre anni fa, a partire da un gruppo WhatsApp tra amici, in cui si parlava del tema del revenge porn su Telegram. Tutti noi siamo vicini al movimento transfemminista intersezionale e lavoriamo nell’ambito del marketing. Col tempo, ci siamo strutturati come una sorta di agenzia di comunicazione, in cui ognuno di noi svolge un ruolo specifico», racconta Gabriele Guadagna, rappresentante e content creator del progetto.

«La decostruzione del modello maschilista dura tutta la vita – continua –  È durata tanti anni per le donne: ci hanno messo settant’anni, a partire dagli anni Sessanta, e non hanno ancora finito. Lo stesso succede adesso a me e tanti maschi. Io stesso non sono scevro di elementi di mascolinità tossica. Per questo ritengono sia un percorso molto lungo, che probabilmente non finirà mai». 

Maschile Plurale ETS: Stefano Ciccone, vice presidente nazionale, sulla responsabilità sociale del maschio

Stefano Ciccone, vice presidente nazionale di Maschile Plurale ETS, ricorda inoltre che «Fino al 1975 in Italia il marito poteva esercitare i mezzi di correzione sulla moglie. In pratica noi riconoscevamo per legge che l’autorità maschile giustificava lo schiaffone o la violenza sulla moglie. L’idea dell’uomo che usa il potere o la violenza su una donna, che è sottoposta alla sua autorità, è uno dei meccanismi pericolosi che legittima e riproduce una visione patriarcale che è alla base della società».

«Se si chiede all’uomo un po’ di più – aggiunge Guadagna – è perché le altre soggettività e minoranze sono già state costrette a farlo da tempo. Gli uomini hanno più potere e più privilegi nella società di oggi e per questo dovrebbe utilizzarli per migliorare la situazione. Hanno un po’ più di responsabilità sociale degli altri. Sia chiaro però – ci tiene a specificare Guadagna – che anche se le minoranze sono meno privilegiate della maggioranza, questo non vuol dire che non esistano differenze al suo interno. Anche tra queste, infatti, possono esserci soggettività vittime di una mentalità patriarcale».

Immaginario fallico: un senso di frustrazione e ossessione per la virilità pervade la società 

Anche Ciccone è d’accordo con Guadagna: «La nostra associazione è composta soprattutto da uomini eterosessuali, ma col tempo hanno iniziato ad aderire anche maschi gay. Confrontandoci, abbiamo scoperto che in realtà avevamo in comune più cose di quante pensassimo: per esempio il fatto che tutti siamo dentro a un immaginario fallico, caratterizzato da un senso di frustrazione e dall’ossessione per la virilità, basato sulla performance, sulla potenza, sulla polarizzazione tra attivo e passivo». 

«Tutti devono fare i conti con la complicità con la propria cultura maschilista e patriarcale. Non basta essere gay o far parte di una minoranza per essere fuori dal patriarcato. La filosofa statunitense Donna Haraway sostiene infatti che la posizione dei soggiogati non è mai innocente: questo significa che i soggetti oppressi spesso condividono e riproducono la cultura della loro oppressione. Per questo motivo è necessario lottare con l’oppressione che è fuori di noi e anche dentro di noi»

Per Ciccone, quindi, «Tutti gli uomini sono chiamati in causa rispetto alla violenza. Tutti devono prendersi la propria responsabilità e riconoscere che c’è un nesso tra la loro cultura, il loro modo di essere e quell’uomo che ha scelto di agire violenza. Non si tratta di colpevolizzare un intero genere, ma di riconoscere la dimensione sociale diffusa di un fenomeno che ci riguarda, direttamente o indirettamente».

Il prezzo da pagare per essere uomini in una società patriarcale: sempre forti, mai deboli, niente emozioni

Affrontato e sviscerato il discorso del privilegio, per Guadagna è necessario poi soffermarsi sul prezzo da pagare per essere uomini in una società patriarcale: «Essere uomo vuol dire affermare ogni giorno pratiche sociali che provino la propria mascolinità, dal catcalling agli atteggiamenti machisti fino al bullismo tra pari». Si tratta di un prezzo molto alto: «Devi essere forte, devi reprimere i sentimenti, non mostrarti debole, non avere mai emozioni eccessive».

Sotto questo punto di vista, il femminismo ha offerto una lente di lettura utile a comprendere e analizzare a fondo queste dinamiche sociali: «Il femminismo ha spiegato che le differenze tra uomini e donne sono un dato socialmente costruito e basato sul potere – spiega Ciccone – Da un parte, noi sappiamo di avere un certo privilegio, ma dall’altra questo produce anche miseria e spinte anche distruttive o autodistruttive, trasformandosi in una gabbia per gli uomini. Il nostro è un percorso che si riconosce nella visione del femminismo ma che si prende la responsabilità di fare qualcosa in quanto uomini, ovvero costruire una soggettività politica autonoma che combatta la cultura maschilista e patriarcale»

Anche le testimonianze arrivate in questi anni a Mica Macho confermano la difficoltà per gli uomini nell’esprimere liberamente le emozioni e nel mostrarsi fragili o affettuosi. «C’è una testimonianza in particolare che ci ha colpito. Quella di un uomo adulto che ci ha raccontato di quando era bambino e di come fosse bello, all’epoca, il rapporto con suo fratello maggiore. Quando però sono diventati più grandi, il fratello ha cominciato ad allontanarsi, è diventato meno presente, senza dare alcuna spiegazione, e lui si è sentito abbandonato. Anni dopo hanno affrontato l’argomento – racconta – e il fratello gli ha confessato che era stato il loro padre a imporgli di stare distanti fisicamente, perché altrimenti sarebbero diventati gay»

Fare l’uomo: come la mascolinità tossica plasma il pensiero e le azioni degli uomini

Il 14 aprile scorso è uscito il libro dal titolo Cosa vuol dire fare l’uomo?, curato da Mica Macho ed edito da Edizioni Sonda. Il volume, con il contributo di divulgatori, attivisti ed esperti, vuole scardinare e spezzare le catene del maschilismo tossico che opprime i maschi, immaginando un modello di mascolinità diverso. 

Tra gli argomenti che ossessionano gli uomini nella società patriarcale c’è quello delle dimensioni del pene: «Si tratta, assieme ad altri stereotipi come la durata al letto, la performatività a livello di forza e violenza, di un’ansia sociale legata al corpo maschile – dice Guadagna. Delle ansie che riguardano il corpo femminile se ne parla di più e da più tempo. Queste ansie, sotto aspetti diversi, esistono anche per l’uomo, ma non se ne parla. Non abbiamo creato spazi e tempi adatti a parlare di questi temi. Li stiamo finalmente creando ora, come i nostri spazi di auto-coscienza, ma storicamente siamo in ritardo. La verità è che in alcuni casi il patriarcato, in modo inconscio o esplicito, ci piace. Dobbiamo educarci a un nuovo tipo di narrativa».

Violenza sulle donne e concetto di possesso 

Ciccone racconta che spesso, quando va a parlare nelle scuole con la sua associazione, i ragazzi gli dicono “Io non ho mai fatto violenza”. «Il punto, però, non è quello – spiega – ma se ha mai pensato al controllo della tua ragazza, alla possessione gelosa, ad associare istintivamente alla donna un ruolo passivo nella coppia. Occorre sottolineare questo aspetto perché oggi c’è un senso comune molto diffuso secondo il quale la violenza è frutto di un disordine morale, della mancata educazione dei figli, dei padri che non assolvono più alla loro funzione. Rischiamo così di produrre una sorta di nostalgia per un tempo in cui i padri imponevano le regole in famiglia e riportavano ordine nel caos, ma questo è proprio uno dei meccanismi che giustificano spesso la violenza»

Per il vice presidente di Maschile Plurale esiste anche una retorica dei media che in qualche modo contribuisce a giustificare la violenza sulle donne: «Pensiamo al discorso sugli uomini in crisi o sulle discriminazioni subite dai padri separati. C’è una narrazione che dice che il cambiamento e la libertà delle donne rappresenta una minaccia per gli uomini e che è in corso un complotto del politicamente corretto ostile agli uomini, che a sua volta alimenta una certa visione ideologica e culturale, offrendo a quel singolo uomo una legittimazione sociale per agire violenza».

Giovani uomini vittime del patriarcato: sempre più soli, depressi o affetti da disturbi mentali

Sempre più giovani dichiarano di soffrire di depressione o disturbi psicologici. Inoltre, il tasso di suicidi nella fascia d’età 15-19 è alto. In Italia, il 78,8% dei morti per suicidio sono maschi. La maggior parte dei quali giovani. Sono sempre gli uomini, inoltre, a soffrire maggiormente di dipendenze rispetto alle donne. Nel 2020 erano l’86% del totale, con un rapporto di una femmina ogni sei maschi.

Alcuni studi recenti hanno dimostrato che queste problematiche possono essere legate al maschilismo tossico e al sistema patriarcale: «Non c’è nessun dubbio che l’esistenza di questo sistema di regole ha un certo peso e provoca sofferenza negli uomini – dice Guadagna – Tutt’oggi l’uomo ha difficoltà a mettersi in discussione. Sia a livello fisico che mentale. Ci arrivano tante testimonianze di ragazzi, per esempio, che non vanno a farsi controllare o che fanno prevenzione in ritardo. Si sentono spesso soli e incompresi».

Sensibilizzazione e confronto online e sul campo – un’esperienza catartica da cui emerge il senso di appartenenza alla comunità

Mica Macho organizza una volta al mese incontri di autocoscienza online gratuiti per persone socializzate come maschi. «Ce ne sono moltissimi in tutta Italia, che nascono spontaneamente – spiega Guadagna – Attualmente è in corso la nuova stagione. Ogni mese condividiamo un link sui nostri social a cui iscriversi. Il numero di partecipanti è limitato, circa venti. Funziona così: si tira fuori un tema e ognuno può intervenire, esprimendo il proprio punto di vista. Partecipa agli incontri anche un antropologo e consulente sessuale di fiducia. Il fatto che sia online, inoltre, permette ai partecipanti di esporsi anche in maniera safe, ovvero in modalità anonima. Il nostro intento è creare un ambiente dove è possibile dire quello che si pensa senza sentirsi giudicati. È un’esperienza catartica da cui emerge il senso di appartenenza alla comunità»

Maschile Plurale opera invece principalmente sul territorio, attraverso i suoi numerosi gruppi locali.

«C’è un’esperienza basata sulla condivisione tra uomini nei gruppi locali che si basa sulla condivisione e sull’autocoscienza – racconta Ciccone – A questa si affianca un lavoro nazionale che punta più sulla formazione e su iniziative di tipo politico o sociale. In quel caso lavoriamo di più anche con associazioni delle donne, con i Centri Antiviolenza e anche con uomini autori di violenza. Con loro facciamo un lavoro di supervisione e condivisione dati, cercando di mantenere sempre la nostra autonomia di pensiero e di azione. Collaboriamo, inoltre, con le scuole, dove formiamo gli insegnanti, ma lavoriamo anche con gli operatori del pronto soccorso e della polizia. Portiamo quello che mancava nel dibattito: un punto di vista e una presa di responsabilità maschile».

Uomini come agenti di cambiamento contro la violenza di genere: da dove partire

Il percorso della responsabilizzazione dei maschi e dell’eliminazione della piaga dei femminicidi è però ancora lungo e tortuoso. «Porto come esempio la mia esperienza personale – dice Guadagna – quando avevo 20 anni, lo slogan ‘Not All Men’ (Non tutti gli uomini, ndr) esisteva già. Io stesso ne ero fautore. Mi trovavo d’accordo con tutte le posizioni del femminismo intersezionale, ma non riuscivo a comprendere il senso di questa generalizzazione. Penso però che ci sia sempre un momento fisiologico dell’uomo di non-accettazione di questa narrazione aggressiva, giustamente aggressiva. A questo subentra un momento di riflessione e di introspezione che permette di capire il senso di quelle parole. Il fatto è che tutti qualcosa l’abbiamo fatta. Anche non volendo. Più o meno grave che fosse. Ragionare su questi temi serve a mettere in dubbio le proprie consapevolezze e a migliorarsi».

Una possibile strada l’ha tracciata anche Gino Cecchettin, padre di Giulia, uccisa dall’ex fidanzato a soli 22 anni, diventata il caso-simbolo dei femminicidi nel nostro Paese. «Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere – ha dichiarato durante al funerale della figlia- Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto».

Maschile Plurale

Associazione Nazionale Maschile Plurale ETS è nata a Roma nel maggio del 2007. Oggi opera in diverse regioni italiane e si occupa di promuovere una cultura che superi il patriarcato e una società libera dal sessismo. Maschile Plurale è anche una Rete di uomini con età, storie, percorsi politici e culturali e orientamenti sessuali diversi, radicati in una rete di gruppi locali. L’Associazione, inoltre, collabora con alcuni CAV (Centri Antiviolenza) e CUAV (Centri per Uomini Autori di Violenza) per il contrasto della violenza maschile contro le donne e fa parte della Facciamo parte della Rete Nazionale Antiviolenza presso il Dipartimento per le Pari Opportunità.

Mica Macho

Pagina social e community online per le persone «stanche della virilità machista». Nasce come movimento nel 2020 e si struttura poi in associazione a marzo del 2022. Oltre a portare avanti un’opera di sensibilizzazione sui temi del maschilismo tossico e del machismo, Mica Macho organizza una volta al mese incontri di autocoscienza online per uomini e incontri sul territorio, come il Mica Macho Fest. Il 14 aprile 2022 ha pubblicato il libro Cosa vuol dire fare l’uomo?, edito da Edizioni Sonda. 

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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